Trump e quelle affermazioni shock sui disabili: “Costano troppo, dovrebbero morire” (lavocedinewyork.com)

di Emanuele La Prova

Le dichiarazioni del tycoon sono state riportate 
nell'ultimo libro del nipote, Fred C. Trump III

La prossima settimana, uscirà nelle librerie degli Stati Uniti “All in the Family: The Trumps and How We Got to Be This Way”, il libro di Fred C. Trump III, nipote del tycoon.

Nel suo racconto, quest’ultimo ha rivelato alcuni particolari piuttosto scioccanti circa il carattere dello zio e su alcune affermazioni da lui rilasciate lontano dai microfoni e dalle telecamere, che ora però rischiano di ritorcerglisi contro.

Il sessantunenne ha dichiarato che Donald Trump, al tempo presidente degli USA, gli avrebbe consigliato di far morire il proprio figlio disabile. “Cosa ha appena detto? – scrive Fred- Che mio figlio non mi riconosce? Che dovrei farlo morire? Ha davvero pronunciato queste parole?”. La notizia è arrivata pochi giorni dopo che i membri della famiglia Trump, alla convention nazionale repubblicana, avevano descritto The Donald come un nonno e un padre di famiglia “molto premuroso e affettuoso”.

(Fred C. Trump III Ph: Linkedin)

Fred C. Trump III è il figlio di Fred Trump Jr, fratello maggiore del leader MAGA, morto a 43 anni nel 1981. Dirigente immobiliare di successo a New York, il sessantunenne e sua moglie Lisa sono sostenitori dei diritti dei disabili.

Nel 2020, la sorella di Fred, Mary Trump, pubblicò il suo libro di memorie, “Too Much and Never Enough: How My Family Created the World’s Most Dangerous Man”. Fred Trump III ha preso le distanze da quel racconto, che però includeva la storia di come Donald Trump e i suoi fratelli avessero effettivamente diseredato il resto della famiglia, tagliando poi i fondi per le cure di William, il figlio disabile di Fred. Nonostante ciò, il 61enne spiegò che l’ex presidente era l’unico dei suoi zii a contribuire al sostentamento del ragazzo.

Un giorno, però, Fred chiamò il leader MAGA per spiegargli che le cure di William erano diventate sempre più costose. Dinanzi a tale affermazione, l’ex presidente avrebbe risposto: “Non saprei. Non ti riconosce. Forse dovresti lasciarlo morire e trasferirti in Florida”. Naturalmente, quelle frasi lasciarono Fred esterrefatto.

Successivamente, quest’ultimo ha affermato che in realtà in passato aveva sentito lo zio fare dei discorsi simili anche quando si trovava presso lo Studio Ovale, durante un incontro con i medici e con i sostenitori dei diritti per i disabili.

(All in the Family, il libro di Fred Trump III Ph:Amazon)

“Sembrava preoccupato”, racconta il nipote del tycoon, “Pensavo che fosse stato toccato da ciò che i medici avevano appena condiviso sul loro percorso con i pazienti. Ma mi sbagliavo. Ha detto ‘Quelle persone, nelle condizioni in cui si trovano…per quanto ci costano in termini di spese, forse dovrebbero morire’”.

“Non sapevo davvero cosa dire”, ha aggiunto Fred, “stavamo parlando di vite umane. Mi sono girato e me ne sono andato”.

Nel suo libro, il 61enne ha inoltre affermato di aver più volte sentito Donald Trump utilizzare la parola “negro”, nel tono più dispregiativo possibile. E’ chiaro che nel bel mezzo di una campagna elettorale così tesa, durante la quale il tycoon sfiderà per la Casa Bianca presumibilmente Kamala Harris, una donna di colore, l’ultimo lavoro di Fred Trump potrebbe rivelarsi una vera e propria mina vagante.

Lettera di Meloni a von der Leyen: “Fake news contro di noi. Giornalisti e conduttori via dalla Rai per dinamiche di mercato” (huffington post.it)

La premier si difende dalle critiche contenute 
nella Relazione annuale sullo stato di diritto 
dell'Unione europea

“Qualche giorno fa, come accade ogni anno dal 2020, la Commissione europea ha pubblicato la Relazione annuale sullo stato di diritto dell’Unione europea. Si tratta di un esercizio periodico, svolto in costante dialogo con i 27 Stati membri, sostenuto e incoraggiato dal Governo italiano in quanto strumento utile a monitorare il rispetto dei principi e dei valori fondanti della UE”.

Inizia così la lettera della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

“Ebbene – prosegue la premier -, anche quest’anno le raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano  particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il Governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo”.

“Le critiche che vengono strumentalmente mosse nei confronti del Governo riguardano  principalmente tre questioni: 1. il fatto che il sistema di governance della RAI non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un’eccessiva ingerenza politica; 2. il fatto che il cambiamento della linea editoriale della radiotelevisione pubblica avrebbe determinato le dimissioni di vari giornalisti e conduttori; 3. l’asserito mancato rispetto della par condicio durante le ultime elezioni del Parlamento europeo. A tal riguardo reputo utile precisare i termini della questione”.

“Sul primo punto, cioè sulle garanzie di indipendenza del servizio pubblico, mi sento di ricordare che la riforma della Rai, che ha disegnato l’attuale sistema di governance dell’azienda, è stata ideata e  realizzata nel 2015 dall’allora partito di maggioranza relativa (il Partito Democratico) durante il governo guidato da Matteo Renzi, con la contrarietà del partito da me guidato (Fratelli d’Italia). Se dunque esiste un problema di ingerenza politica dovuta alla normativa esistente, questo non può certo essere imputato a chi quella norma l’ha subita. Soprattutto si tratterebbe di una criticità che si trascina da quasi dieci anni e che avrebbe, nel caso, sfavorito le forze di opposizione, e nello specifico Fratelli d’Italia, e favorito le forze di Governo che hanno governato in questo periodo. Anche l’attuale governance è stata determinata dal Governo precedente (Governo Draghi), con Fratelli d’Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai creando, questa volta sì, una anomalia senza precedenti in  Italia e in violazione di ogni principio di pluralismo del servizio pubblico. È bene ricordare che, salvo la nomina obbligata di un nuovo Amministratore Delegato nel 2023 a seguito delle dimissioni del  suo predecessore, l’attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali. Gli attuali componenti del CdA della RAI, come ricordato, sono stati nominati nella scorsa legislatura da una maggioranza di cui Fratelli d’Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della RAI”.

“Riguardo il secondo punto – prosegue la missiva a von der Leyen -, sarebbe a dire il fatto che il cambiamento della linea editoriale della RAI avrebbe determinato le dimissioni di diversi giornalisti e conduttori, è di tutta evidenza, anche in ragione di quanto espresso in precedenza, che si tratti di una dinamica che in ogni caso non può essere imputata all’attuale Governo. Nel merito, diversi esperti del campo affermano che i rapporti di lavoro si sono interrotti per normali dinamiche di mercato; alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell’arrivo del nuovo AD ed altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali, pur avendo l’azienda confermato i loro spazi di presenza nei palinsesti”.

“Ancora più strumentale appare la critica del terzo punto in base alla quale la RAI avrebbe violato le regole della par condicio in favore della maggioranza di governo durante le ultime consultazioni per  l’elezione dei membri del Parlamento europeo. Anche su questo argomento, mistificato a uso politico, occorre chiarire alcuni aspetti. A ridosso delle elezioni europee del 2024, la Commissione parlamentare Vigilanza Rai, nell’esercizio delle sue prerogative, ha adottato una  delibera – dichiarata peraltro dall’Agcom conforme alla disciplina vigente in materia – che prevedeva l’esclusione dalle regole della par condicio dei rappresentanti delle istituzioni che affrontavano  questioni inerenti alle loro funzioni istituzionali. Non si tratta di una novità. Infatti, sempre, durante ogni passata competizione elettorale, tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l’informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente. Viene da chiedersi perché questo principio, che si è sempre reputato valido in passato, non debba valere  per l’attuale Governo”.

“Si tratta quindi di attacchi maldestri e pretestuosi – sostiene la premier – che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione. Da parte del Governo italiano confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno  rispetto dei valori fondanti alla base dell’Unione Europea e l’assiduo impegno a far progredire l’Italia nell’ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio  pubblico radio televisivo dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica”.

Mattia Santori, la metamorfosi del dem: da Sardina a milite innocuo

di Francesco Specchia

I consigli comunali di una Bologna invasa 
dall’afa e dell’eterna lotta di classe non sono 
consigli comunali come tutti gli altri. 

I consigli comunali della Bologna di fine luglio sono squarci di un’umanità perduta.

Talmente perduta che perdutissimo appare pure il consigliere più rappresentativo, il mitologico Santori Mattia, classe ’87, ex Sardina appena riaffiorata dalla sua salamoia politica, così senza un perché. Santori si è ripresentato alla stampa.

Solito sorrisone e sguardo da giardino dei semplici, ma nuovi capelli, biondi, senza cerchietto a trattenere i ricci e i pensieri, corti e tinti di giallo «in onore del Tour de France», direi abusati da un barbiere impazzito, peraltro perfettamente in pendant con le fresche dichiarazioni del nostro: «Mi faccio le canne da quando avevo 18 anni». Le canne.

Ecco. Il nostro viaggio stendhaliano nel meraviglioso mondo di Mattia, il «delegato del sindaco alle Politiche Giovanili» inizia da qui. Dall’odore dell’erba. Che non è esattamente quella trebbiata di fresco. Immaginate la scena. Sotto Palazzo d’Accursio, sede del Municipio, brulica un’umanità affannosa di turisti in bermuda, di vigili sudati, di artisti di strada che strimpellano Patti Smith sotto l’esausta statua del Nettuno.

Da Piazza Grande sale l’eco del prossimo concerto, e s’arrampica fino alle finestre da cui sventola una bandiera palestinese. Dentro Palazzo D’Accursio, tra soffitti e mozioni affrescate, ecco lo sparuto drappello di consiglieri comunali che si abbandona al question time. Si discute delle solite cose. La cantierizzazione della città causa tram (la nuova linea rossa in costruzione trafigge viale Indipendenza come un dardo nel cuore).

L’allarme nelle carceri della Dozza. I “taxi che non si trovano e la mancanza di dialogo”. E l’aeroporto che non si sa se «fa l’interesse della città o delle compagnie low cost’», come denuncia Detjon Begai, consigliere comunale per il Gruppo Coalizione civica per Bologna. Begai, peraltro, è un tosto barbuto di origine albanese che pare uscito da una poesia di Pasolini; nel tempo libero fa l’anarchico e si tuffa negli scontri contro i poliziotti durante le occupazioni abusive.

I consiglieri in presenza latitano. 17 su 37.

In compenso sfilano timidamente in remoto per contestare e seguire il dibattito. È soltanto al 21° minuto del dibattito che si palesa il consigliere Santori. Per rispondere «presente!» tra la consigliera Quercioli e il consigliere Sassone all’appello della Presidente Manuela Zuntini. Poi Mattia si lascia ingoiare dall’oblio. Percependo, naturalmente, il gettone di presenza.

Santori è, in effetti, un presenzialista silente: se ne avverte l’essenza, ma il suo peso politico resta saldamente ectoplasmatico. «Santori è sicuramente presente in Consiglio, ma ha l’aria di chi passa di lì per caso. Lo si vede a parlare di cannabis e di palestinesi, commenta dati turisti e eventi sportivi non suoi. Si è perfettamente ambientato nello scenario della giunta Lepore incaprettata alla sinistra più radicale. Ed è certo che se c’era qualcosa (non si sa bene cosa) della Sardina di un tempo, be’, quel qualcosa è scomparso da mo’».

A parlare è Francesco Sassone segretario locale di FdI, oppositore mai domo a una giunta sinistrissima che mette lo Ius soli nello statuto comunale (pur senza alcuna operatività giuridica); fissa l’obbligo dei 30 all’ora in ogni angolo d’asfalto; strattona i Pro-life in pubblica manifestazione; e sostiene i centri sociali come il Collettivo Plat «che prima occupano abusivamente gli stabili comunali e, da dentro, si mettono in graduatoria pubblica, fottendosene delle 6000 famiglie in attesa che ne avrebbero diritto».

Ecco, Santori, di tutta questa costruzione ideologica, fa parte delle mura. Ma non è un caso che, nonostante il ragazzo sia stato eletto sull’onda del suo movimento ittico con 2596 preferenze – il più votato del Pd -, l’astuto sindaco Matteo Lepore abbia affidato l’assessorato ai lavori pubblici e il gruppo consiliare del partito a Simone Borsari e Michele Campaniello, diretti concorrenti di Santori, e un tantino più affidabili.

Lepore ha assegnato a Santori la semplice «delega al turismo con il coordinamento della Destinazione Turistica Metropolitana, politiche giovanili, scambi internazionali e grandi eventi sportivi»; che, di fatto, significa non tanto inaugurare impianti e sagre, ma commentare i tagli dei nastri. Compito che, onestamente, Santori, da laureato in Economia e Diritto con tesi su Il fantasma del Tav spaventa le grandi opere italiane, be’ svolge con diligenza.

Infatti lo vedi materializzarsi ora all’inaugurazione di Rocchetta Mattei, ora alla partenza “Ciclovia degli dei”, ora a commentare Coppa Davis e il Tour de France (scalpo giallo compreso). Certo, nell’impeto del neofita, ogni tanto qualche cazzatella gli scappa. Forse più di ogni tanto. Per esempio, Santori, nel denunciare e riprendere il traffico in tilt durante una partita di calcio, è stato beccato a viaggiare in scooter contromano.

Oppure, in pieno conflitto ucraino s’è incaponito sulla condanna pubblica dell’omicidio di due oche ad opera di un cane, divenendo bersaglio di sfottò trasversali (il più bello quello di Osho, “questa cosa finirà davanti al tribunale dell’AIA!”). Santori è riuscito anche a farsi massacrare per avere proposto come punto del suo programma politico la costruzione del “nuovo stadio”. Non lo stadio di calcio.

Lo stadio di frisbee. Forse perché lui è «insegnante di frisbee come strumento educativo», come messo in curriculum. Oppure, sempre sulla scia della canna libera, Santori prima ha insistito sulla «marijuana me la coltivo io a casa», grazie ai semini importati da Amsterdam dalla sorella; e poi ha paragonato la pericolosità della cannabis a quella del pesto alla genovese, facendo democraticamente incazzare sia i genitori preoccupati dal messaggio devastante del loro addetto alle politiche giovanili, sia i produttori di pesto alla genovese.

«Tutto è concesso. Chiunque altro sarebbe stato fuori dal Consiglio. Invece, Santori continua a pubblicizzare la cannabis che produce, a presenziare eventi sportivi che non presenta, a commentare dati turistici che non gli pertengono. Per me lo fa per provocazione, tutto questo è sconvolgente», aggiunge Giulio Venturi, nipote di Marco Biagi collega consigliere comunale in quota Lega.

Della stessa opinione, con tanto di richiesta – disattesa- al sindaco di «prendere le distanze» è l’uomo forte dei meloniani a Bologna, il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami.

Dallo stesso centrosinistra, però, fanno notare che le mirabilie di San tori non passano più inosservate. «Molti sono irritati. Sono sempre più i contrasti interni al Pd contro Santori» dicono gli insider piddini «Filippo Diaco capo delle Acli o Isabella Conti della lista Anche tu Conti candidata in Regione ex sindaco di San Lazzaro non sono fan di San tori né soprattutto della deriva di sinistra estrema che sta prendendo l’amministrazione.

I Verdi ambientalisti, ad esempio, sono inferociti per l’abbattimento degli alberi del parco Don Bosco, la conseguenza delle migliorie del Pnrr agli edifici scolastici». Santori, in quanto Pd è stato più volte contestato dall’ala dei duri e puri che un tempo frequentava.

Oggi ha un reddito imponibile di 30mila euro l’anno; un’immagine fragile che s’adatta all’ambiente; e una faccia che allontana il pensiero di aver tradito l’ideale rivoluzionario sardinesco per un piatto di lenticchie.

Mattia, il milite innocuo…

Bologna 2021-26. Nuova casa per le scuole Besta: scelta intelligente o subalternità ai centri sociali? (bolognatoday.it)

di B.D.R.

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha definito 
"una scelta intelligente" il trasferimento delle 
scuole Besta nel polo dinamico accanto al 
liceo Copernico. 

Tuttavia, questa decisione ha suscitato polemiche da parte del centrodestra

Da parte del sindaco Matteo Lepore la scelta di trovare una nuova “casa” alle scuole Besta all’interno del polo dinamico, accanto al liceo Copernico, viene definita “una scelta intelligente”.

Dall’altra parte c’è chi, come gli esponenti di Fratelli d’Italia Marco Lisei e Marta evangelisti, non esitano a definire il “passo di lato” del Comune come un atto di “subalternità ai centri sociali violenti”.

Lisei: “La sinistra forte con i deboli e debole con i forti”

Durissimo è l’attacco del senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei. “Con la decisione di fermare il cantiere delle Besta il sindaco mette nero su bianco la sua totale subalternità ai centri sociali violenti – denuncia – . Quando erano i cittadini per bene e la politica a criticare il progetto se n’è fregato, poi è arrivata la violenza dei centri sociali, a loro si è piegato. Il perfetto esempio di quanto diciamo da tempo, la sinistra forte con i deboli e debole con i forti oggi sublima questo concetto e ne fa un punto del proprio programma elettorale”. Lo dice

“Da domani – prosegue – chiunque sa a Bologna che se vuole ottenere qualcosa può farlo solo con la violenza. Tra le altre cose, ci domandiamo e domanderemo se tutto ciò non costituisca un danno erariale. Perché spendere soldi e tempo pubblico, tagliare alberi a caso, versare sangue delle forze dell’ordine, per portare avanti un progetto per poi accantonarlo ci pare un danno erariale immenso. E dire che sarebbe bastato ascoltare il centrodestra, ma l’arroganza di Lepore oggi tutti sanno che ha solo un freno, la violenza dei centri sociali”.

Evangelisti: “La Regione controlli”

“In linea con il nuovo mantra della sinistra “pur di raccogliere consensi, si fa e dice tutto e il contrario di tutto” adottato sia per la corsa alla presidenza della Regione, vedasi il tema sanità, oggi assistiamo invece alla marcia indietro di Lepore sulle scuole Besta, dando così ragione a chi per avere ragione ha utilizzato solo la violenza, in barba ai percorsi partecipati e ai confronti con i cittadini”, rincara la dose Marta Evangelisti, capogruppo di FdI in Regione Emilia-Romagna.

“Tutto ciò con buona pace degli alberi tagliati, dei soldi spesi per l’impiego delle forze dell’ordine e per i disagi e le accuse sopportati da queste ultime, e molto altro – aggiunge – . E, soprattutto, con buona pace per gli alunni e per le famiglie se dovranno trovare nuove collocazioni agli allievi delle Besta di quelli del Sabin che avranno spazi occupati. Da verificare poi se tutto ciò sarà compatibile con i fondi Pnrr richiesti dal Comune e con la contabilità generale dell’ente. Chiederemo alla Regione ‘dai poteri affievoliti’ e senza presidente di controllare – conclude – sapendo già che non sarà possibile ottenere risposte perché per qualcuno (non per noi) prime dei cittadini c’è sempre la campagna elettorale”.

FI: “Sulle Besta ennesimo dietrofront della giunta”

“Sulle Besta ennesimo dietro front di una giunta che non ne becca una”, dicono Nicola Stanzani, capogruppo FI in consiglio comunale e Lanfranco Massari, segretario FI Bologna. “Si avvicina una nuova campagna elettorale e il Pd a Bologna ha paura di perdere voti a sinistra – aggiungono – . L’ennesimo segno di incapacità e di debolezza della giunta Lepore che ancora una volta si scontra con la realtà senza essere in grado di farci i conti. Quanti soldi, quanti alberi e quanti danni alla città ci costerà l’inadeguatezza e l’ottusità di questa giunta di estrema sinistra?”

Di Benedetto: “Bene cambio di sede, ma messaggio sbagliato”

“Bene la scelta del sindaco Lepore di cambiare la destinazione delle nuove scuole Besta, che non saranno più nel parco Don Bosco. Dall’inizio abbiamo espresso forti perplessità e chiesto se non fosse possibile scegliere un’altra sede: evidentemente lo era”, dice il capogruppo della Lega a Palazzo d’Accursio, Matteo Di Benedetto.

“C’è stata, quindi, dall’inizio, una progettualità sbagliata e poco ragionata da parte dell’amministrazione – aggiunge – che ha dimostrato i suoi limiti e la sua scarsa capacità programmatica. La scelta iniziale non era stata sufficientemente ragionata. Tuttavia, ci preoccupa il messaggio che il Sindaco sta mandando alla città: chiusa violenza, con Lepore, l’ha vinta e può influire sulle politiche della città, mentre chi rispetta le regole no. Chi ha manifestato in maniera ordinata o ha sollevato dubbi seguendo le regole, non è stato minimamente ascoltato. Viceversa, chi ha occupato abusivamente ha avuto la meglio. La stessa cosa che succede con l’emergenza abitativa: chi aspetta il suo turno, spesso vede la sua domanda insoddisfatta, mentre chi occupa abusivamente ha il Sindaco che gli dà una mano e gli trova casa.”

Lepore: “Solo gli stupidi non cambiano idea”

“Io ero interessato al bene di Bologna. Per alcune settimane si discuterà se abbiamo vinto o abbiamo perso. Poi, a settembre i ragazzi andranno a scuola, inaugureremo il polo dinamico e questo è l’importante. Hanno voluto portare la Val di Susa in viale Aldo Moro. Noi ci occupiamo dei residenti e della comunità scolastica delle Besta, che non si meritano il conflitto, che hanno questioni sociali, bisogni educativi. Ho fallito? Abbiamo così tante sfide, se dovessi considerare tutti i passi di lato dei fallimenti, finirei qui”, è la spiegazione del sindaco Lepore.

“L’obiettivo politico era fare una nuova scuola e tenere unita la città. Lo abbiamo fatto, non mi pare una sconfitta politica”, aggiunge il sindaco.

Quanto alla decisione di spostare la scuola media Besta nel polo dinamico “la scelta arriva adesso perché si sono create le condizioni – spiega Lepore –  Credevamo nel progetto Quadrifoglio, ma solo gli stupidi non cambiamo mai idea. Il sindaco non deve costringere una città, pur di dimostrare di avere ragione, a vedere scene che si sono viste altrove. Non è razionale pensare di procedere con uno sgombero di quel tipo. Abbiamo il pieno sostegno del questore e del prefetto. Bologna non ha bisogno della polizia e della forza per fare una scuola”.

Il Pd fa quadrato attorno alla scelta del sindaco
“Il compito di una buona amministrazione, è quello di affrontare e risolvere i problemi dei cittadini. Avevamo promesso una nuova scuola di grande qualità ai ragazzi e alle famiglie una nuova scuola media. L’obiettivo è raggiunto”. Il Pd di Bologna fa quadrato attorno al Comune, che oggi chiude un anno di tensioni e scontri sulle nuove scuole Besta al parco Don Bosco, rinunciando al progetto del nuovo edificio e spostando i ragazzi al Polo dinamico.
“La soluzione prospettata questa mattina dal sindaco e dall’amministrazione comunale, di utilizzare il nuovo polo dinamico in costruzione a fianco dell’area Besta e di costruire una nuova sede del Sabin a fianco alla attuale sede, serve anche ad abbassare i toni di scontro in città”, riconosce il segretario cittadino, Enrico Di Stasi, presente alla conferenza stampa del sindaco di questa mattina.
“Diversi soggetti politici e sigle organizzate si sono mosse in questi mesi e anche in questi ultimi giorni per strumentalizzare e fermare questo cantiere di un’opera pubblica, in questo caso di una scuola. È uno scontro politico e credo che gli alberi c’entrino poco”, sottolinea Di Stasi. “La soluzione di uno sgombero con l’uso della forza pubblica, oltre che di difficile realizzazione come dimostrano i precedenti, sarebbe stato di forte impatto per la città. La nostra città si merita altro che la riproposizione di dinamiche di scontro organizzate, da alcuni esperti del genere”, rimarca.
“Poter avere da subito una scuola per i ragazzi del quartiere ed averlo fatto senza arrivare allo scontro, essere usciti da questa situazione di stallo con delle proposte, al Pd di Bologna pare una soluzione intelligente. Saremo a fianco del sindaco, dell’amministrazione e dei cittadini nel supportare le scelte”, conclude Di Stasi.
Coalizione civica: soluzione che garantisce didattica, verde e evita prove di forza
Coalizione Civica parla di “una nuova scuola, sostenibile, efficiente, già pronta e che salva il bosco. Sembrava impossibile ottenere tutto, ma ci abbiamo lavorato e creduto” si legge in una nota  diffusa dal movimento che “ha sempre creduto che l’amministrazione dovesse trovare una soluzione che non trascurasse né le esigenze di una scuola bella e nuova, uno spazio pubblico e un servizio necessario, né le preoccupazioni per la qualità ambientale e del verde nel quartiere: elementi che, invece, sono entrati in conflitto. Un conflitto che non avrebbe mai potuto risolversi a manganellate”.
“L’intelligenza collettiva è sempre superiore a quella individuale o di parte – aggiunge Coalizione Civica – . È per questo che la soluzione individuata per le scuole Besta risponde a più esigenze collettive e non solo a quelle di parte. Crediamo che oggi si sia scritta una pagina di politica fuori dall’ordinario, volta al bene comune, capace di riflettere, capire, interrogarsi, assumere scelte importanti guardando alla collettività e non guardandosi allo specchio. La città, con tutte le sue contraddizioni e sfaccettature, chiedeva una soluzione politica nel senso più alto che evoca. Oggi la soluzione c’è e non prevede l’uso della forza pubblica ed evita che le alunne e gli alunni siano messi in moduli provvisori e inadatti o costretti ad andare a scuola in un clima conflittuale attorno ai cantieri per diversi anni”.
“Ringraziamo il sindaco Matteo Lepore, la vicesindaca, Emily Clancy – conclude la nota –  l’amministrazione e tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato, che deve rappresentare un punto di svolta per la nostra capacità di mettere in campo politiche ambientali, sviluppo della scuola pubblica, cura delle relazioni, partecipazione reale, rispetto del territorio”.
Verdi: “Soluzione va nella direzione da noi indicata”
“La soluzione annunciata oggi dal sindaco Matteo Lepore va nella direzione che noi Verdi invochiamo da tempo. Abbiamo iniziato nel luglio 2023 a segnalare le criticità del progetto della nuova scuola media Besta nel parco Don Bosco”, osservano Danny Labriola, portavoce Europa Verde-Verdi Bologna, e Silvia Zamboni, consigliera regionale Europa Verde-Verdi

“Abbiamo incontrato il sindaco nell’agosto 2023 e siamo intervenuti diverse volte in consiglio comunale, ma la giunta non ha mai voluto rinunciare al progetto Quattrofoglie  – proseguono – che prevedeva la costruzione di un nuovo plesso scolastico nel parco, con il conseguente sacrificio di decine di alberi ad alto fusto. Oggi la retromarcia del sindaco rappresenta la vittoria di un vastissimo movimento civico e ambientalista, che ha oltrepassato i confini cittadini e che abbiamo contribuito a far nascere un anno fa.  Oggi si dà finalmente risposta a migliaia di cittadini e residenti che in questi mesi hanno presidiato il parco in modo pacifico per rivendicare il loro diritto alla salute”.

“Il sindaco Lepore dichiara di aver fatto degli errori in questa vicenda e che dagli errori si impara – concludono – . Ci auguriamo che sia l’occasione per comprendere l’importanza dell’ascolto e della vera partecipazione, soprattutto quando le amministrazioni propongono progetti che impattano sull’ambiente e sulla qualità di vita delle persone”.

«Traditi dalla giunta Lepore». Nasce il «cartello» dei comitati che unisce destra e sinistra (corriere.it)

Nel manifesto proposte su mobilità, sicurezza, 
commercio, verde

Comitati e cittadini uniti a tutela dei beni comuni e contro l’arroganza e la violenza.

S’intitola così il manifesto di protesta verso le politiche di Palazzo d’Accursio e le modalità di partecipazione «blande e insufficienti» ai progetti, attuate dall’amministrazione.

La grande novità di questo «cartello» (che non comprende tutto l’ampissimo ventaglio di comitati cittadini, ma che è pronto ad accogliere nuove adesioni) è la presenza di realtà legate sia alla sinistra, nelle sue diverse componenti, sia alla destra, alle prese con un’opposizione consigliare risicata e poco efficace. Un manifesto, quindi, che va oltre le coloriture politiche.

«Questo è quello che ha prodotto la politica del sindaco», dice Andrea De Pasquale, fra i principali coordinatori del manifesto e forte di un doppio sguardo visto il suo passato nei Quartieri con incarichi pubblici, nell’urbanistica e nella mobilità.

Immediato arriva l’endorsement dell’ex candidato sindaco e presidente di Bologna ci piace (uno dei comitati del Manifesto), Fabio Battistini: «Vedo così realizzato il primo passo di un progetto che mi vede coinvolto anche come ideatore: unire, fuori e oltre gli steccati dei partiti che rappresentano l’opposizione, tutte le aree di disagio dei cittadini che non si riconoscono in questa amministrazione».

Al momento i comitati riuniti (mancano ad esempio quelli assai numerosi della zona universitaria) sono Associazione Percorsi, Associazione ViviAmo Bologna, la stessa Bologna ci piace, Bologna Vuole Vivere, il comitato Bertalia-Lazzaretto, Besta-Parco Don Bosco, Bologna l’aeroporto incompatibile, No Palazzoni Due Madonne, Non rivogliamo il tram a Bologna, Palasport, Parco Acerbi-Nido Cavazzoni, Residenti Santa Viola, Tutela Alberi Bologna e provincia, Viale Oriani, gruppo civico abolizione Bologna 30, Una Bologna Che Cambia.

Una bufera di voci, una valanga di temi, un concentrato di forti insoddisfazioni.

Il sunto del manifesto è ‘concentrato in 18 pagine assai dettagliate suddivise in 6 temi principali che nella loro esplicazione politica e pratica sarebbero stati traditi e non correttamente attuati dalla giunta Lepore.

Eccoli sotto il titolo «cosa vogliamo»: tutelare il verde urbano, patrimonio pubblico maltrattato; difendere la salute, minacciata da inquinamento e rumore; rivedere l’uso degli spazi pubblici, con meno privilegi e più equità; rendere la mobilità davvero sostenibile; tutelare il commercio di vicinato per una città abitabile (non solo visitabile); opporsi all’arroganza che diventa violenza.

Un punto, quest’ultimo, con fortissime critiche verso il sindaco ritenuto responsabile delle «manganellate» ricevute dai cittadini attivisti che si battono nelle diverse aree della città (il caso Besta è ovviamente in primo piano). «In questo modo l’amministrazione fa una scelta grave, di cui dovrà rispondere, in futuro», si legge nel manifesto dove si sottolinea «la scelta di negarsi all’ascolto e alla partecipazione vera, autentica, non pilotata, e di difendere le proprie decisioni politiche con i manganelli piuttosto che con gli argomenti e ancora la scelta di reprimere con la violenza le espressioni di dissenso, e di denigrare i manifestanti dipingendoli come estremisti, talvolta fascisti, talvolta antagonisti e anarchici».

Riguardo alla composizione e alle modalità di «lotta» del «cartello» tutto è in divenire. Intanto alle scuole Besta ci sarà un’assemblea dei comitati della zona aperta a tutti gli altri (bolognesi e non).

Queste foto non mostrano quattro parassiti nei vaccini anti Covid-19 (open.online)

di Fact-checking Team

FACT-CHECKING

Secondo una leggenda No vax, i vaccini Covid conterrebbero quattro parassiti, probabilmente alieni, che causerebbero l’AIDS, ma non è mai stata fornita una prova

Riscontriamo diverse condivisioni Facebook di una storia del tutto priva di fondamento e molto apprezzata negli ambienti No vax. La narrazione sostiene che nei vaccini mRNA contro il nuovo Coronavirus di Pfizer Moderna si troverebbero quattro parassiti. Queste narrazioni sono state già analizzate nel 2021 dai colleghi Ciara O’Rourke per PolitiFact e Rubén Portela Carballeira per Health Feedback.

Analisi

Nelle condivisioni troviamo una foto che mette assieme le immagini dei presunti «quattro parassiti mortali trovati nei vaccini»:

Quattro parassiti nei vaccini Covid?

Secondo la narrazione possiamo dividere tra i presunti parassiti dei vaccini Pfizer (Trypanosoma cruzi e brucei) e quelli di Moderna (Hydra vulgaris e Polypodium hydriforme).

L’immagine del T. cruzi era originariamente un post Instagram oggi non più online (non sappiamo dunque se corrispondeva alle immagini mostrate nella foto in oggetto), che appariva con la seguente didascalia:

«Un corpo allungato di 50 micron è una presenza misteriosa e acuta nel vaccino Pfizer, […] appare ed è identificato anatomicamente come un parassita Trypanosoma cruzi di cui diverse varianti sono letali ed è una delle tante cause della sindrome da immunodeficienza acquisita o AIDS».

Per quanto riguarda l’attendibilità cominciamo già molto male, infatti è palese che l’autore del testo sia un negazionista dell’Hiv. Per il resto il vero mistero è da dove sia stata tratta una affermazione del genere. Fonte? Una foto del suddetto Trypanosoma, che secondo la narrazione sarebbe la vera causa dell’AIDS. Questo ci ricorda anche i pericolosi tentativi di associare i vaccini Covid alla fantomatica «VAIDS», ovvero una «immunodeficienza da vaccino» che esiste solo nella fantasia dei No vax.

Per quanto riguarda Polypodium hydriforme e Hydra vulgaris nel vaccino di Moderna la sostanza non cambia. Parliamo sempre di una narrazione campata per aria.

All’origine troviamo i filmati realizzati per la trasmissione Stew Peter Show da Carrie Madej Franc Zalewski, i quali affermarono «che nei vaccini Covid sono presenti forme di vita, con la capacità di crescere e replicarsi […] questi organismi sono composti da carbonio, alluminio e boro», riportano all’epoca i colleghi di Health Feedback, i quali contattarono i due autori per chiedere su quali fonti si basassero (il grassetto è nostro):

«Non abbiamo ricevuto risposta da Madej. Zalewski ha risposto affermando che aveva bisogno di accedere a un laboratorio e che pensava che potesse trattarsi di una forma di vita aliena, sebbene non abbia fornito prove a sostegno della sua affermazione».

Conclusioni

Come abbiamo visto, basandoci sugli argomenti che gli autori stessi hanno fornito, si capisce chiaramente che la storia dei quattro parassiti «alieni» trovati nei vaccini allo scopo di farci ammalare di «AIDS» non ha alcun fondamento

L’esavalente e le polemiche sterili (butac.it)

di 

Ci avete segnalato un video che arriva fresco fresco da Radio Radio. Stavolta l’ospite principale è l’avvocato Renate Holzeisen, che racconta ai microfoni di Fabio Duranti come le Aziende sanitarie locali stiano rispondendo a quelle che lei ritiene legittime richieste.

Avevo cominciato a trascrivere il testo del filmato ma onestamente più andavo avanti più era chiaro l’obiettivo a cui si voleva arrivare. Per cominciare Radio Radio ha titolato così il breve estratto pubblicato su YouTube:

SIERI INFANTILI: AZIONE DI TRASPARENZA IN ALTO ADIGE ▷ LA REPLICA BORDERLINE DELLE AZIENDE SANITARIE

Partiamo malissimo, come già detto molte volte in passato:

Il siero è il liquido tratto dal sangue, formato da plasma senza fibrinogeno, fattore VIII, fattore V e protrombina.

I vaccini infantili non vengono dal sangue di nessuno, definirli sieri dimostra ignoranza, malafede, o ancor peggio scarso interesse per i fatti. L’avvocato nel video spiega che ha preparato una bozza di lettera che i genitori di bambini non vaccinati che ricevono “l’invito alla vaccinazione” dalla propria ASL possono inviare in risposta, si tratta di una lettera in cui viene chiesto all’ASL se esistono test clinici per quello specifico set di vaccini (l’Hexyon) che abbiano usato un gruppo di controllo col placebo. Perché questa domanda? L’avvocato lo spiega molto chiaramente:

…già sappiamo che non esistono ma è molto importante per le nostre battaglie avere nero su bianco in risposta a queste a queste istanze di chiarimento…

Quindi abbiamo una lettera contenente domande a cui chi la scrive ammette di sapere già le risposte, non so quanto senso abbia. La prima cosa che Duranti fa è commentare il fatto che la risposta delle ASL rimandi a dei link in inglese, link sul sito di EMA, lamentando che la richiesta fosse stata fatta in italiano o al massimo in tedesco.

A noi spiace, ma l’ASL non ha alcun obbligo di rispondere altro che come ha fatto, rimandando il cittadino agli studi di riferimento, studi che sono in inglese in quanto quella è la lingua della scienza. Quasi tutte le pubblicazioni scientifiche sono in inglese, e non si può pensare che una ASL debba occuparsi della traduzione in termini semplificati di qualcosa che è nato per essere in inglese.

Questo però non significa che non esista una scheda tecnica di EMA, con tutte le indicazioni importanti per l’utente finale – indicazioni che non prevedono un’analisi dei trial clinici, ma tutte le informazioni del prodotto in ben 25 lingue, dal bulgaro allo svedese, passando ovviamente per l’italiano e il tedesco. Sono quelle le informazioni necessarie all’utente finale, non che tipo di trial siano stati fatti.

Facciamo un esempio per far capire il senso di queste richieste. Devo fare il tagliando alla mia macchina, mezzo che porta in vacanza me e la mia famiglia, mezzo a cui affido la vita di quattro persone ogni volta che ci salgo sopra.

Mi devono cambiare le pastiglie dei freni, sostituire l’olio motore, e cambiare due gomme; mi affido ai meccanici che dovrebbero sapere cosa fanno, non chiedo loro una documentazione sulla mescola usata per la composizione delle gomme, o sui materiali delle pastiglie dei freni.

E se me la producessero nella lingua di chi ha venduto loro quelle parti di ricambio mi fiderei. Non chiederei loro di tradurmi la documentazione in italiano. Lo capite il parallelo?

Con, in aggiunta, il fatto che per i medicinali esistono commissioni sia europee che italiane per valutarli, commissioni di esperti, che parlano inglese anche se non è la loro lingua, commissioni che si occupano di valutare gli studi fatti, e decidere per l’autorizzazione o meno al commercio e all’uso.

Il breve video di Radio Radio serve a invalidare quelle commissioni, dando a intendere che ne sappiano di più avvocati e giornalisti dello staff di EMA e AIFA, per non parlare dei medici e dei ricercatori che su quei vaccini hanno lavorato.

Sia chiaro, non siamo di fronte a una bufala, è vero che sull’esavalente Hexyon non è mai stato fatto un test con gruppo di controllo a cui sia stato somministrato solo il placebo, cioè una sostanza inerte, ma esiste una ragione per questo.

Nei trial clinici pediatrici, specialmente per i vaccini, usare un placebo invece di un vaccino già esistente e approvato può esporre i bambini a rischi immotivati (e quindi non accettabili). I vaccini esavalenti come Hexyon sono progettati per proteggere contro sei gravi malattie: difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B e Haemophilus influenzae tipo b.

Non vaccinare i bambini contro queste malattie metterebbe a rischio la loro salute.

Pertanto l’uso di un placebo in questi contesti viene evitato, anche visto e considerato che esistono già vaccini sicuri ed efficaci per queste malattie, quindi sul gruppo di controllo basta usare quei singoli vaccini.