Il fatto che Imane Khelif non indossi l’hijab non dimostra che sia un uomo (open.online)

di David Puente

FACT-CHECKING

Diverse atlete algerine non lo indossano durante le competizioni olimpiche, anche le giocatrici della nazionale di calcio femminile non ne fanno uso

La pugile algerina Imane Khalif, finalista alle Olimpiadi di Parigi 2024, viene accusata di essere uomo o trans. Sono diverse le teorie infondate proposte contro di lei, come quella sulle protezioni nelle zone intime e sul “certificato di nascita“. L’Algeria è un Paese a maggioranza di religione musulmana e, secondo i contestatori di Imane Khelif, un’ulteriore prova da considerare riguarda il fatto che non indossi l’hijab. Ignorano che la maggior parte delle atlete algerine non lo indossino durante queste Olimpiadi e in molte altre competizioni.

Analisi

Ecco uno dei post oggetto di verifica:

Imane Khelif non indossa l’hijab ma in compenso usa la conchiglia per proteggere i genitali. Al CIO basterebbe sottoporla a un esame di genere, come ha fatto la IBA, e invece non lo fa, limitandosi a farneticare di diritti e inclusione (come se fosse un diritto per un uomo picchiare una donna sul ring). Soprattutto, il CIO (non io, Putin o Vannacci) dichiara espressamente di accettare le iscrizioni dei pugili solo e soltanto in base al genere indicato nel passaporto. Direi che il caso è chiuso.

Il post contiene ulteriori informazioni fuorvianti, come quello del protettore obbligatorio (ne parliamo qui).

L’hijab non è obbligatorio in Algeria

La teoria si basa sulla pretesa che in ogni Paese di religione musulmana ci sia l’obbligo dell’hijab per le donne. Il fatto che Imane venga fotografata senza e che partecipi in quelle condizioni nelle competizioni internazionali da anni non dimostra che sia uomo.

Chi sostiene la narrazione fuorviante potrebbe, a questo punto, accusare anche la ginnasta e campionessa olimpica algerina Kaylia Nemour.

Nel seguente articolo del 2023, dal sito ufficiale della CAF (Confederation of African Football), troviamo una foto delle ragazze della nazionale di calcio algerina qualificate per la competizione continentale in Marocco. Le ragazze non indossano l’hijab, ma divise classiche che non coprono parti del loro corpo.

Anche a livello politico, come possiamo vedere citando l’ex ministra algerina Samia Moualfi. Ecco un comunicato con la sua foto del 2021, quando venne nominata, con i capelli sciolti e senza alcun indumento che rimandi alla religione musulmana:

Conclusioni

Il fatto che Imane Khelif non indossi l’hijab, pensando che sia obbligatorio per la religione musulmana in Algeria, non significa che sia un uomo. Nel Paese nord africano non è previsto tale obbligo e molte atlete, giocatrici di calcio e l’ex ministra Samia Moualfi, come esempio di una alta carica governativa, non lo indossano.

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Sir John Bell e il ritorno di SocialTV (butac.it)

di 

Un vecchio amico compare di nuovo tra le nostre 
segnalazioni con un canale Telegram tutto suo

A volte ritornano! No, non sto parlando del Re dell’horror – la cui primissima antologia di racconti in italiano si intitolava proprio così – ma di una nostra vecchia conoscenza, che in realtà non è mai svanita. Non possiamo parlare quindi di un vero e proprio ritorno, ma era un po’ di tempo che nessuno ci segnalava suoi contenuti.

Stiamo parlando di Bogdan Tibusche anche noto con il nome italiano di Andrea De Girolamo. Per alcuni anni i suoi canali video, su YouTube prima e su altri lidi poi, sono stati tra quelli che più spesso ci venivano segnalati, Bogdan oltretutto aveva avuto una relazione con un’importante rappresentante 5 Stelle ( Giulia Sarti) per cui era finito sulle pagine dei quotidiani nazionali anche per altri motivi.

Beh, il caro Bogdan non appariva sul nostro radar da tempo, finché una segnalazione su un gruppo dei “guerrieri VV“, quelli che vandalizzano palazzi e centri vaccinali, non mi ha fatto scoprire il suo canale Telegram, che porta lo stesso nome del suo canale YouTube: Social TV Network. All’inizio, non vedendo il suo faccione – prima perennemente inquadrato dalla telecamera – ho pensato si trattasse solo di una copia, ma una volta ascoltati gli audio l’ho riconosciuto: è proprio lui, il caro Bogdan.

Il canale diffonde post che vengono perlopiù da populisti di estrema destra, vicini ai movimenti antivaccinisti, ma non solo: ho trovato post di negazionismo climatico, notizie di geopolitica di area filo-russa, citazioni di femministe di destra razziste e chi più ne ha più ne metta. Ma oggi voglio parlarvi della segnalazione che mi ha portato da lui, questo post Telegram:

Scrive Bogdan: “Colto con le mani nel sacco Questo è il professor Sir John Bell, capo dell’Oxford Vaccination Centre. In realtà in questa intervista ha spifferato dei piani per sterilizzare il 60-70% della popolazione mondiale, senza rendersi conto che si trattava di una trasmissione in diretta sulla vaccinazione. Guarda l’orrore sul volto del suo interlocutore quando ha interrotto rapidamente la registrazione. 🤬 – non hanno davvero bisogno di nascondersi!”)

Il (post risale al 30 luglio 2024, mentre il video, quello originale, risale al 24 agosto 2020 – lo potete vedere nella sua interezza qui – e no, il suo interlocutore, il presentatore Jon Snow di Channel 4, canale televisivo britannico (e non “il professor Sir John Bell, capo dell’Oxford Vaccination Centre”), non ha interrotto rapidamente la registrazione. Chi vi racconta le cose in quel modo sa di mentire, ma se ne frega, il suo scopo non è raccontare fatti ma diffondere disinformazione, magari proprio allo scopo di sobillare soggetti come i VV ad andare a fare danni.

E no, non si stava parlando di sterilizzazione intesa come Bogdan vorrebbe farvi credere, bensì di “sterilizing immunity”, immunità sterilizzante, che è il modo con cui i medici si riferiscono alla proprietà dei vaccini quando sono in grado di impedire il contagio di una malattia. Tutte cose che spiegava USA Today a febbraio di quest’anno, quando il video era tornato a circolare negli States con gli stessi toni usati a fine luglio da Bogdan e ripresi dai VV. Tutto questo dovrebbe farvi capire come la regia dietro questa disinformazione sia una sola, o meglio, che i gruppi che controllano questa disinformazione e che rimettono in circolazione post estrapolati dal loro contesto lo fanno alla stessa maniera in tutto il mondo, con il solo scopo di causare disagi, facendo leva sulle paure di chi viene in contatto con questo tipo di disinformazione.

A chi giova questa disinformazione, perché esistono gruppi organizzati che la portano avanti in mezzo mondo? Chi si nasconde dietro questi gruppi? Domande che restano senza risposta – ma un giorno qualcuno sarà chiamato a spiegare come e perché questa gente viene lasciata libera di agire senza che nessuno faccia qualcosa per fermarla.

Bruno Vespa e le atlete del volley: “Nere e italiane, esempio di integrazione”. E il tweet è sommerso dalle critiche (repubblica.it)

Il giornalista celebra l’oro olimpico sui social. 

Reazioni indignate. E arriva la precisazione: “Nascere qui non salva dal razzismo”

Una valanga di critiche ha travolto Bruno Vespa per il tweet con il quale il celebre giornalista ha salutato l’oro olimpico dell’Italvolley femminile: “Straordinaria la nazionale pallavolista femminile. Complimenti a Paola Enogu (anche se il cognome corretto è Egonu, ndr) e Myriam Sylla: brave, nere, italiane. Esempio di integrazione vincente”.

Il messaggio postato su X scatena le polemiche: “Proprio non ci riesci a non sottolineare il colore della pelle?”, si legge tra i commenti. “Bruno – scrive un altro utente – ma sono nate in Italia, l’Africa l’avranno vista nel film di Checco Zalone al massimo”. E ancora: “Chiedete a Bruno Vespa di quale integrazione parla visto che le ragazze a cui si riferisce sono nate in Italia”. E c’è chi evidenzia l’errore nel nome di Egonu.

Il dibattito si accende e finisce per innestarsi in quello suscitato dalle dichiarazioni di Roberto Vannacci, che è tornato a contestare i “tratti somatici” di Paola Egonu che, dice il generale eletto a Bruxelles con la Lega, “non rappresentano la maggioranza degli italiani”.

Alla fine Vespa è costretto a tornare sul tema: “Non capisco dove nasca la polemica – afferma rispondendo all’Ansa -. Nascere in Italia non significa niente: contano la famiglia, la formazione e purtroppo anche il colore della pelle. È l’elemento più vistoso, ma non il più rilevante. I meridionali che arrivarono a Torino negli anni Cinquanta e Sessanta altro che integrazione dovettero affrontare… Figuriamoci Paola e Myriam in un paese dove il razzismo non è certo scomparso. Quelle due ragazze sono simbolo di terra e aria. E hanno fatto volare anche chi non le ama”.

E sui social pubblica un nuovo post (stavolta il cognome di Egonu è corretto): “So benissimo che Paola Egonu e Myriam Sylla sono nate in Italia. Ma basta questo a salvare dalle polemiche chi nasce con la pelle nera? Anche loro purtroppo debbono integrarsi in un mondo più razzista di quanto s’immagini. E le due campionesse ci sono riuscite benissimo”, scrive sempre su X.