Il cambio di stagione, quest’anno, è anche un cambio di paradigma economico.
Non bisognerà solo fare una legge di Bilancio ma anche, e soprattutto, impegnarsi — per osservare il nuovo Patto di Stabilità — con un piano pluriennale di riduzione della spesa primaria, scadenza 20 settembre, di cui non parla nessuno.
Ed è curioso che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ospite del meeting di Rimini, dia l’impressione di aver subìto le nuove regole, giudicate di «corto respiro», dimenticando che le ha trattate lui e le ha firmate il governo di cui fa parte. Se possiamo esprimere una piccola richiesta, sarebbe più onesto non mettere più in discussione, per soli fini di consenso interno, i compromessi europei. Come fossero piovuti dal cielo.
Se sono stati, anche faticosamente sottoscritti, vanno rispettati e difesi. Se li si contesta allora si ammette una sconfitta politica. Grave. Stupisce poi che siano proprio le forze più risolutamente contrarie a ogni forma di austerità ad averla, una volta al potere e giocoforza, dovuta attuare.
Successe anche con il governo gialloverde del Conte 1 che, dopo aver oscillato, con involontaria comicità, tra un 2,4 per cento e un 2,04 di deficit per il 2019 alla fine realizzò un disavanzo di appena l’1,5. Giovanni Tria, allora ministro dell’Economia, come Quintino Sella.
Siccome la parola è bandita dal vocabolario (l’unica vera austerità la fece, sull’orlo del precipizio, l’esecutivo Monti) non ci aspettiamo che venga usata in questa occasione. Anche se la «discesa ardita», dal 7,2 per cento di deficit del 2023 al 3,7 atteso per il 2025, secondo il quadro tendenziale del Def, sarebbe ipocrita non considerarla impegnativa e inedita.
Allora concentriamoci su altre definizioni e vezzi che hanno sempre caratterizzato — anche con governi di diverso colore — la tradizionale discussione autunnale sulla legge di Bilancio. Immancabile la presenza del cosiddetto «tesoretto» che questa volta compare grazie al buon andamento delle entrate fiscali (più 13 miliardi nei primi sei mesi). Un’espressione ingannevole. Dà la sensazione che si possa spendere di più.
E uno Stato che si avvia ad avere 3 mila miliardi di debito pubblico, non si può più permettere, come un tempo, queste fughe dalla realtà. Del resto la storia insegna che tutte le volte in cui si è pensato di riservare una somma alla riduzione del debito la si è trasformata magicamente in un «tesoretto» da destinare alla spesa corrente.
È accaduto con i proventi delle privatizzazioni e anche con i risparmi di spesa per interessi creati dalla riduzione dei tassi d’interesse e dagli acquisti della Bce. L’altra pessima abitudine è quella di avanzare delle proposte senza copertura, salvo affidarsi a crescite miracolose, che esistono solo sulla carta, o immancabilmente al recupero dell’evasione fiscale. In procedura d’infrazione europea non possiamo fare altro deficit, solo ridurlo.
E allora sono da considerare serie solo le idee sostenibili. Le altre sono una presa in giro. Dovrebbero essere ritenute nulle. Ma consentono purtroppo a chi le avanza di poter dire al proprio elettorato: noi ci abbiamo provato ma i cattivi sono altri che hanno priorità diverse. E, curiosamente, spesso stanno in maggioranza. Sono, in definitiva, proposte che non hanno copertura finanziaria ma purtroppo conservano un dividendo politico non trascurabile seppur moralmente discutibile.
Un’altra deriva ormai pluriennale è quella che potremmo racchiudere nella formula «riforme per le allodole», nel senso che alcuni provvedimenti funzionano come i proverbiali specchietti. Tommaso Nannicini segnala su La Stampa quei provvedimenti di natura puramente simbolica ma con così tante eccezioni da ridurne la portata e, di conseguenza il costo. L’effetto è però generale.
Con la manovra per il prossimo anno si dovranno trovare le risorse per confermare il taglio del cuneo fiscale, gli sgravi Irpef, decidere il destino di alcune misure in scadenza sul tema delle pensioni (quota 103, Ape sociale, opzione donna). Secondo l’Upb, l’Ufficio parlamentare di bilancio, ci vogliono almeno 18 miliardi.
E allora ci si chiede, visto che siamo a un cambio non solo di stagione, ma a un salto di paradigma dell’intera politica economica, se sia ancora serio e responsabile, proporre misure temporanee, buttando ottimisticamente la palla un po’ più in là, con un piano di rientro dal deficit e dal debito di presumibile durata settennale. E ancora se ci si possiamo permettere una quantità di sussidi fiscali( tax expenditures ), di cui si è persa anche la contabilità.
Secondo l’Upb sono 625 e sottraggono gettito per 105 miliardi. Molti vorrebbero tagliare quelle meno socialmente importanti. Se non ora, quando? Le nostre prospettive di crescita sono legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza e al suo successo.
La frase di Giorgetti al meeting(«sembra un piano quinquennale sovietico») è sicuramente una battuta. Ma è indice di una sorta di estraneità culturale, chiamiamola così, rispetto alla filosofia di fondo del Pnrr che si manifesta a vari livelli, soprattutto nella maggioranza.
Troppe condizioni, troppi controlli, tempi stretti e soprattutto scomode riforme vere, più concorrenza. Dimentichi del fatto che ci sono prestiti ma anche sussidi e non siamo più contributori netti dell’Unione europea. Come a dire che se ci avessero lasciati liberi, noi avremmo fatto sicuramente meglio. Davvero?
L’ex presidente del Consiglio è esplicitamente contro i valori più profondi dell’Occidente liberale e democratico.
E forse lo fa per togliere un’arma ad Alessandro Di Battista, suo probabile rivale come capo del «terzo polo populista». La segretaria del Pd dovrebbe portarlo a più miti consigli attraverso una pubblica battaglia politica
I leader dei Democratici americani hanno tutti rinunciato a qualcosa delle loro idee per trovare un enorme denominatore comune: battere Donald Trump, cioè l’antidemocrazia e il ritorno al Far west politico – altro che Carl Schmitt – e ridare slancio ottimistico e progressivo agli Stati Uniti. Invece in Italia, dopo qualche buon segnale, i leader fanno il contrario degli americani: alzano la posta.
In parte lo si comprende, ognuno vuole il posto migliore a tavola. Ma ci dovrebbe essere un limite, morale prima ancora che politico. Giuseppe Conte, nell’intervista concessa a Repubblica, quel confine morale lo valica di slancio quando, a due mesi dal voto americano, non prende posizione a favore di Kamala Harris e dicendo che la vittoria dell’assalitore di Capitol Hill non costituirebbe un pericolo per la democrazia perché egli sarebbe stato eletto democraticamente.
Basterebbe citare l’Hitler del 1933, in parte anche il Mascellone del 1924, per smontare questa corbelleria. Trump non usa l’olio di ricino, ma se ritiene sia il caso il Parlamento lo brucerebbe come fece il Führer. Ma nemmeno questo è il punto. Il fatto che l’avvocato continui a non scegliere tra i valori democratici di Kamala Harris e il para-fascismo di The Donald e i suoi terribili seguaci (tra i quali questo bislacco Robert Kennedy jr, una macchia umana sulla grande famiglia democratica) è inaccettabile per qualunque democratico.
«Dovremo dialogare con qualunque presidente»: e allora uno non esprime una preferenza? Perché parla con la prudenza di un ministro degli Esteri, che non è e (speriamo) non sarà mai?
Nella stessa intervista, non una parola sul diritto dell’Ucraina di difendersi fino alla vittoria, non una parola sul diritto di Israele a esistere nella prospettiva di «due popoli due Stati», non una sillaba sul rigurgito di antisemitismo, ma invece una critica a Giorgia Meloni per l’unica cosa seria che ha fatto (sin qui), ovvero stare con l’Occidente. Non come lui, che fece scorrazzare i camion russi all’inizio della pandemia senza che nessuno ne sapesse nulla.
La politica estera si fonda sui valori. Conte non è affatto ambiguo: è esplicitamente contro i valori più profondi dell’Occidente liberale e democratico. Forse lo fa per togliere un’arma ad Alessandro Di Battista, suo probabile rivale come capo del «terzo polo populista». Nel tentativo di risalire la china, Conte corteggia l’estremismo antiamericano lasciando intendere che Harris o Trump è sostanzialmente la stessa cosa, e per questo è dunque un problema per la coalizione democratica.
Solo Elly Schlein può risolverlo, tentando di portarlo a più miti consigli attraverso una pubblica e se necessaria dura battaglia politica, e con lei tutto il Pd, dai riformisti alla sinistra che dovrebbe condividere l’entusiasmo di Roberto Speranza planato a Chicago per la Convention e magari anche scontrandosi con le quinte colonne contiane che nel Pd si eccitano per quel mezzo matto di Jean Luc Mélenchon.
La lotta politica deve iniziare subito per ridimensionarlo prima che sia troppo tardi: altrimenti è chiaro che Giuseppe Conte farà perdere voti. E con uno così, Schlein Palazzo Chigi lo vedrà col binocolo.
Una narrazione simile era stata diffusa nel 2022 e ampiamente spiegata
Ogni tanto torna a circolare una narrazione fuorviante, datata e spacciata come «grande novità che cambia tutto». Questa riguarda, ancora una volta, la “sconvolgente scoperta” che i vaccini «non evitano il contagio» e di conseguenza «non immunizzano», una teoria già diffusa nel 2022 a seguito di un controverso intervento di un europarlamentare europeo. Questa volta, è una risposta dell’AIFA a un’associazione a riaccendere il presunto scandalo.
Analisi
Veniamo alla risposta dell’AIFA che circolaonline:
Con riferimento al quesito sub. 9), recante “Indicazione terapeutica dei vaccini Covid- 19”:
Al riguardo, si rappresenta che, allo stato attuale, nessun vaccino COVID-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars cov-2”. L’indicazione terapeutica per la quale sono stati approvati i vaccini COVID-19 è riportata nei rispettivi RCP, al paragrafo 4.1.
La risposta dell’AIFA viene citata in un articolo de La Verità, dal titolo “Alla fine si arrende pure Aifa: «i vaccini non immunizzano»”, che poi viene condivisoattraverso uno screenshot in gruppi Facebook come “MALORE IMPROVVISO 2.0”.
Partiamo da un fatto, e cioè che il titolo de La Verità risulta del tutto fuorviante in quanto da nessuna parte della risposta l’AIFA afferma che i vaccini non immunizzano.
Il deputato europeo che non sapeva a cosa servono i vaccini
Facciamo un tuffo nel passato e riprendiamo le affermazioni dell’europarlamentare Rob Roos:
In audizione COVID, la direttrice di Pfizer ammette: il vaccino non è mai stato testato sulla prevenzione della trasmissione. “Vaccinarsi per gli altri” è sempre stata una bugia. L’unico scopo del passaporto COVID: costringere le persone a vaccinarsi. Il mondo ha bisogno di sapere. Condividi questo video!
Già all’epoca, La Verità aveva ripresola vicenda titolando in prima pagina «Sui vaccini hanno sempre mentito».
Come abbiamo spiegato diverse volte (per esempio quie qui) i vaccini anti Covid sono stati studiati, prodotti e approvati con un obiettivo primario, ovvero la capacità di ridurre drasticamente le probabilità di sviluppare le forme gravi della malattia e ridurre le ospedalizzazioni. Ed è ciò che è successo.
Come Rob Roos, anche La Verità punta contro il Green Pass: «L’ammissione ufficiale in risposta a un’associazione di avvocati: “Basta leggere il bugiardino”. Ma che le iniezioni fermassero il virus era il presupposto sul quale sono stati fondati obbligo vaccinale e green pass». Prima di spiegare questo punto, facciamo un passo indietro spiegando i significati delle parole citate nella risposta dell’AIFA e ad La Verità, partendo da «immunizzare» e citando proprio una persona che scrive per La Verità.
Differenza tra infezione e malattia
Prima di parlare degli obiettivi reali e dichiarati dei vaccini anti Covid-19, facciamo un passo indietro spiegando la differenza tra infezione e malattia citandol’Istituto Mario Negri di Milano:
L’infezione è un processo caratterizzato dall’ingresso nei tessuti di un agente patogeno (batteri, miceti, protozoi o virus) che, una volta all’interno, inizierà a moltiplicarsi.
La presenza di organismi estranei all’interno di un organismo non sempre però si traduce in una malattia. L’evoluzione di un’infezione infatti dipende da numerosi e diversi fattori come, ad esempio, le caratteristiche dell’agente patogeno, lo stato di salute del sistema immunitario dell’ospite e da caratteristiche ambientali.
Il vaccino non immunizza?
L’articolo usato per contestare i vaccini è quello de La Verità, dove tra le firme troviamo anche Maddalena Loy. La citiamo in quanto, nel 2021, cercò di spiegare via Twitter/X perché risultava corretto dire che i vaccini anti Covid-19 immunizzano. Ecco lo scambio di tweet, partendo da quello della senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli:
Licia Ronzulli: «Clown, pupazzi e certificato di ‘supereroe’ rilasciato ai piccoli immunizzati: l’hub vaccinale per bambini alla Fiera al portello di #Milano è un esempio virtuoso in scia con gli eccezionali risultati già raggiunti dalla Regione con la campagna vaccinale per gli adulti»
B.B.: «Perché continui a mentire dicendo immunizzati? Perché menti?»
Maddalena Loy: «Immunizzati è corretto. Il vaccino è “immunizzante” (protegge dalla malattia),non c’è invece evidenza scientifica che sia “sterilizzante” (protegga dal contagio). È inoltre perfetto l’uso dei clown x questa campagna sui bambini, in rappresentanza dei politici che l’hanno promossa».
Che cos’è l’immunità e cosa significa «immunizzazione»
Come ha spiegato Maddalena Loy, i vaccini immunizzano in quanto proteggono dalla malattia. Vediamo un po’ di definizioni, partendo da «immunità» citando la spiegazione fornita dal Manuale MSD, uno dei punti di riferimento per medici e farmacisti:
L’immunizzazione (vaccinazione) aiuta l’organismo a difendersi contro le malattie causate da certi batteri o virus.
L’immunità (la capacità dell’organismo di difendersi dalle patologie causate da certi batteri o virus) può aver luogo naturalmente (quando si viene esposti a batteri o virus) oppure si può ottenere attraverso la vaccinazione. I soggetti vaccinati contro una malattia di solito non la contraggono oppure la contraggono solo in forma lieve. Tuttavia, poiché nessun vaccino è efficace al 100%, alcune persone vaccinate possono comunque contrarre la malattia.
La sezione fornita dal Manuale MSD è stata revisionata e aggiornata nell’aprile 2024. Qualcuno potrebbe pensare che sia stata modificata per qualche oscura ragione a favore dei vaccini, ma non è così. Basta cercare su Web Archive per riscontrare le versioni precedenti, come quella del 2017:
L’immunizzazione consente al corpo umano di difendersi meglio dalle patologie causate da certi batteri o virus.
L’immunità può svilupparsi naturalmente (quando ci si espone a batteri o virus) oppure può essere ottenuta attraverso una vaccinazione eseguita dal personale medico. I soggetti immunizzati contro una malattia non contraggono tale malattia oppure la contraggono solo in forma lieve. Tuttavia, poiché nessun vaccino è efficace al 100%, alcune persone che sono state immunizzate possono comunque contrarre la malattia.
L’immunità consiste nell’insieme dei meccanismi coinvolti nella difesa dell’organismo da sostanze estranee in grado di produrre malattie di natura infettiva e non infettiva.
L’ultimo aggiornamento della sezione dell’ISS è del 28 febbraio 2020, ossia ben prima dell’arrivo dei vaccini anti Covid-19.
Differenza tra immunizzazione e immunizzazione sterilizzante
Nel suo tweet, Maddalena Loy riporta un’importante differenza da tenere in considerazione citando la parola «sterilizzante». In questo caso, parliamo di una proprietà che non sempre si ottiene tramite i vaccini: l’immunità sterilizzante, ossia la protezione dall’infezione.
Come riportato dalla Fondazione Veronesi in un articolodel 19 febbraio 2021, proprio durante l’inizio della campagna vaccinale, non era certa la presenza di questa proprietà nei vaccini anti Covid all’epoca approvati:
Ciò che ancora restava da capire era se i vaccini avessero anche capacità di immunità sterilizzante, ovvero la capacità di un vaccino non solo di bloccare il decorso della malattia ma anche di bloccarne la trasmissione virale.
Dell’immunità sterilizzante ne avevamo parlato in un articolodi Open Fact-checking del 19 marzo 2021, citando un editorialedel 2017 della ricercatrice Sarah Caddy dell’Università di Cambridge:
In un mondo ideale, tutti i vaccini indurrebbero l’immunità sterilizzante. In realtà, è estremamente difficile produrre vaccini che fermino del tutto l’infezione da virus.
Qualche mese dopo, a seguito dei primi dati della campagna vaccinale Pfizer in Israele, l’Istituto Mario Negri di Milano, in una sezioneintitolata «Capacità immunizzante e sterilizzante: chi si vaccina può contagiare?», riporta quanto segue:
I vaccini anti-Covid-19 a mRNA non sono soltanto altamente efficaci nel prevenire la malattia grave, ma sembrano essere estremamente efficaci anche nel bloccare il contagio asintomatico del virus e la sua trasmissione, ovvero di capacità sterilizzante.
Purtroppo, questa novità venne meno soprattutto con la diffusione delle varianti che nel corso della pandemia hanno causato diversi problemi in merito.
La risposta di AIFA e il “bugiardino”
Prima di proseguire, è bene sapere che in questo capitolo verrà riportata le parole «prevenzione» e «prevenire» che spiegheremo nel capitolo successivo.
Come ben spiegato in precedenza, il virgolettato de La Verità è fuorviante in quanto AIFA non sostiene che i vaccini non immunizzino. Nella risposta all’associazione leggiamo che «l’indicazione terapeutica per la quale sono stati approvati i vaccini COVID-19 è riportata nei rispettivi RCP, al paragrafo 4.1», ed è proprio all’interno di quel paragrafo che viene citata l’immunizzazione. Ecco il paragrafo 4.1 nell’RCP del vaccino Pfizer Comirnaty pubblicatosul sito dell’AIFA:
Comirnaty Omicron XBB.1.5 30 microgrammi/dose dispersione per preparazione iniettabile è indicato per l’immunizzazione attiva per la prevenzione di COVID-19, malattia causata da SARS-CoV-2, in soggetti di età pari o superiore a 12 anni.
L’obiettivo primario, cioè la prevenzione dalla malattia Covid-19, era presente già nel foglietto illustrativo del dicembre 2020:
Comirnaty è un vaccino utilizzato per la prevenzione di COVID-19, malattia causata dal virus SARS-CoV-2
Nella sezione Domande e risposte sul vaccino Comirnaty del sito dell’AIFA, in data 26 dicembre 2020, leggiamo:
A cosa serve?
Il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) è un vaccino destinato a prevenire la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) nei soggetti di età pari o superiore a 16 anni. Contiene una molecola denominata RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre una proteina presente su SARS-CoV-2, il virus responsabile di COVID-19. Il vaccino non contiene il virus e non può provocare la malattia.
Quanto è efficace?
I risultati di questi studi hanno dimostrato che due dosi del vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) somministrate a distanza di 21 giorni l’una dall’altra possono impedire al 95% degli adulti dai 16 anni in poi di sviluppare la malattia COVID-19 con risultati sostanzialmente omogenei per classi di età, genere ed etnie. Il 95% di riduzione si referisce alla differenza tra i 162 casi che si sono avuti nel gruppo degli oltre 18mila che hanno ricevuto il placebo e i soli 8 casi che si sono avuti negli oltre 18mila che hanno ricevuto il vaccino.
Nel modulo del consenso informato, diffuso nel dicembre 2020 per il vaccino Pfizer, leggiamo:
Il vaccino “Pfizer-BioNTech COVID-19” è usato al fine di prevenire la malattia COVID-19 causata dal virus SARS-CoV-2.
Il vaccino induce il nostro organismo ad attivare un meccanismo di protezione (quale la produzione di anticorpi) capace di prevenire l’ingresso nelle nostre cellule del virus responsabile di COVID-19 e di prevenire quindi l’insorgere della malattia.
Cosa si intende per «prevenzione»
Nel Decreto Legge n.127 del 21 settembre 2021, quello che aveva introdotto l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro, leggiamo all’articolo 1 una frase che viene usata per contestarlo e per sostenere che l’intera popolazione italiana sia stata ingannata: «al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2».
Citando il Manuale MSD, per prevenzione si intende:
L’obiettivo generale della prevenzione è ridurre la probabilità di un soggetto di ammalarsi, sviluppare condizioni invalidanti o morire prematuramente.
Ecco quanto spiegatodal sito dell’Istituto Superiore di Sanità:
La prevenzione ha un ruolo determinante nel controllo delle infezioni, soprattutto nei casi in cui non ci si possa avvalere di una terapia farmacologica (infezioni antibiotico-resistenti, molte infezioni virali, infezioni emergenti).
I vaccini, quando disponibili, costituiscono un’arma potente contro virus e batteri riducendo la comparsa di malattie infettiveche possono essere mortali o che possono avere conseguenze gravi nel tempo.
In quale maniera il Green Pass era utile ai fini della prevenzione? L’obiettivo era quello di ridurre le possibilità di contagio tra le persone che ne sono in possesso e che operano a stretto contatto. In generale, una persona completamente vaccinata che risulti positiva al virus ha una carica virale più bassa di un non vaccinato ed èmeno probabile il contagio.
L’errata comunicazione politica
La narrazione No Green Pass e No Vax è stata stimolata da alcuni interventi politici (elencati qui), come quello del 22 luglio 2021 dell’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi:
Il Green Pass è una misura con cui gli italiani possono continuare ad esercitare le proprie attività, a divertirsi e andare al ristorante, a partecipare a spettacolo all’aperto o al chiuso con la garanzia, però, di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose. In questo senso è una misura che, nonostante abbia chiaramente delle difficoltà di applicazione, è una misura che dà serenità, non che toglie serenità. Grazie
In un articolodi Open Fact-checking del 23 luglio 2021, ossia il giorno dopo l’intervento di Draghi, avevamo evidenziato l’infondatezza dell’intervento:
Gli studi attualmente a disposizione rivelano che in caso di positività una persona completamente vaccinata potrebbe avere una carica virale molto ridotta. Ecco perché l’affermazione di Mario Draghi non risulta corretta e non dovrebbe creare un senso di sicurezza troppo elevato tale da convincere le persone vaccinate ad allentare la presa (repetita iuvant).
L’obiettivo primario dei vaccini ampiamente dichiarato
L’obiettivo primario dei vaccini anti Covid-19 è sempre stato quello di ridurre le ospedalizzazioni attraverso lo stimolo del sistema immunitario dei vaccinati per ridurre le possibilità di contrarre la malattia in forma grave. Non è affatto una novità, come riportato nell’annuncio dell’autorizzazione dell’11 dicembre 2020 da parte dell’FDA:
The FDA has determined that Pfizer-BioNTech COVID-19 Vaccine has met the statutory criteria for issuance of an EUA. The totality of the available data provides clear evidence that Pfizer-BioNTech COVID-19 Vaccine may be effective in preventing COVID-19.
Nello stesso comunicato viene indicata la mancanza di dati sulla trasmissione post vaccino:
At this time, data are not available to make a determination about how long the vaccine will provide protection, nor is there evidence that the vaccine prevents transmission of SARS-CoV-2 from person to person
Durante la sperimentazione del 2020, l’EMA riportavacome obiettivi chiave degli studi clinici i seguenti punti: la sicurezza e l’efficacia dell’almeno 50% contro la malattia sintomatica. Anche la FDA riportava richieste similidal 2020, sempre prima della campagna vaccinale e prima dell’introduzione dei Green Pass.
La stessa Pfizer lo riporta nello studio pubblicato nel dicembre 2020 dal The New England Journal of Medicine, intitolato «Safety and Efficacy of the BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine»:
The primary end points were efficacy of the vaccine against laboratory-confirmed Covid-19 and safety.
Gli «end points» sono le domande a cui punta rispondere un trial clinico. Nel caso dei vaccino anti Covid-19, i quesiti riguardavano la sicurezza e l’efficacia contro la malattia Covid-19 che non è mai stata data al 100%.
Le comunicazioni sull’immunità e la «malattia grave»
In un documento dell’aprile 2021 intitolato «Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e aggiornamento note informative del consenso», pubblicato sul sito dell’AIFA, leggiamo a pagina 24 sul vaccino Janseen:
Parere CTS
La CTS, esaminati gli elementi disponibili con il supporto degli uffici dell’Agenzia, esprime le seguenti considerazioni:
* sulla base delle attuali stime di incidenza che indicano l’estrema rarità degli eventi sopra descritti, il bilancio beneficio/rischio del vaccino Janssen si conferma complessivamente positivo, in quanto il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al COVID-19;
Nello stesso mese, ecco quanto riportato in un altro documento sul vaccino di AstraZeneca Vaxzevria:
Parere del CTSSulla base delle attuali stime di incidenza che indicano l’estrema rarità degli eventi sopra descritti, il bilancio beneficio/rischio del vaccino Vaxzevria si conferma complessivamente positivo, in quanto il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al COVID-19.
In un ulteriore documentoviene riportato il parere del CTS, estratto dal verbale del 30 aprile 2021, dove leggiamo:
la prima somministrazione di entrambi i vaccini a RNA conferisce già efficace protezione rispetto allo sviluppo di patologia COVID-19 grave in un’elevata percentuale di casi (maggiore dell’80%);
Nel “Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19” dell’AIFA, riguardante il periodo 2020-2021, leggiamo un ulteriore riferimento ai risultati ottenuti sui casi di malattia grave:
Utilizzando come indicatori il ricovero in ospedale legato al COVID-19, la malattia grave e la morte legata al COVID-19, è stato stimato che l’efficacia del vaccino, valutata almeno 7 giorni dopo la somministrazione della terza dose, rispetto a chi ne aveva ricevute solo due, era pari al 93% per il ricovero in ospedale (231 eventi per due dosi vs 29 eventi per tre dosi; 95% CI 88-97), 92% per la malattia grave (157 vs 17 eventi; 95% CI 82-97) e 81% per la morte legata al COVID-19 (44 vs 7 eventi; 95% CI 59-97)
In un’intervista dell’agosto 2021 ad Abrignani (membro del CTS) leggiamo una sua dichiarazione:
Nella stragrande maggioranza si tratta di persone non vaccinate, più spesso over 60. Sappiamo che i vaccini non proteggono al 100% e con la Delta circa un 30% di vaccinati può infettarsi, pur non sviluppando sintomi gravi: solo una piccolissima percentuale di vaccinati può andare a incontro a una forma grave di Covid. I vaccini non sono perfetti, ma mitigano enormemente il rischio di subire conseguenze severe.
In un documentodell’Istituto Superiore di Sanità del luglio 2021 leggiamo:
Tutti i vaccini autorizzati hanno dimostrato essere sicuri ed efficaci nel ridurre la malattia grave, i ricoveri e i decessi dovuti a infezione SARS-CoV-2.
Conclusioni
La risposta fornita dall’AIFA a un’associazione in merito al vaccino non afferma in alcun modo che i vaccini anti Covid-19 non immunizzino. Sono anni che questa narrazione viene a galla, trattando l’argomento citando termini come immunità, infezione e prevenzione senza considerare il loro reale significato.
Di fatto, fin dal 2020 le istituzioni e la comunità scientifica era consapevole che l’obiettivo dei vaccini era proteggere i cittadini dalle forme gravi della malattia.
I vaccini non sono stati fatti per ottenere un’immunità sterilizzante, ma proprio grazie alle possibilità che dava nel ridurre le forme sintomatiche permettevano una minore probabilità che il virus continuasse a circolare.