Cos’è Rinascita Nazionale, il movimento di estrema destra del Laurentino 38 (lettera43.it)
Neo fascista, no vax, sovranista anti immigrati e difensore della famiglia tradizionale.
Cos’è il movimento romano fondato da Valentino Valentini e Simona Boccuti, già candidata alle ultime Politiche con Italexit, che inaugurerà un circolo nella periferia della Capitale.
«Semo fasci de borgata». Potrebbero definirsi così i militanti del neo costituito movimento romano Rinascita Nazionale, nato per iniziativa di Valentino Valentini, attivista di lungo corso della estrema destra, e dalla compagna Simona Boccuti, tra le altre cose presidente del Popolo delle Mamme, movimento nato nel 2020 per «diffondere consapevolezza sui danni causati dal vaccino Covid e contro il green pass che ha piegato milioni di italiani», e già candidata senza successo con Italexit alle Politiche nel 2022.
Rinascita Nazionale, ha spiegato Valentini, «è un movimento popolare nazionalista che, attraverso un patto con gli italiani, vuole contrastare le politiche scellerate delle istituzioni, partendo dal basso, dalle borgate e periferie romane, abbandonate dalle istituzioni.
Quartieri “bui” in tutti i sensi, senza punti di aggregazione per giovani e meno giovani».
Le attività del circolo al Laurentino 38 e il programma dell’inaugurazione
La scelta della periferia come teatro di azione non è solo una dichiarazione di intenti: zitti zitti, quatti quatti, Valentini e Boccuti hanno creato un centro di aggregazione nella zona del Laurentino 38, quartiere difficile di Roma. Si tratta dello spazio socio-culturale “Franco Gagliardi”.
Non è chiaro chi sia costui: qualcuno si è spinto a ipotizzare che, salvo omonimie, potrebbe trattarsi di un ex naziskin condannato per l’uccisione di un cittadino bengalese. Più certezze invece sulle attività che il circolo si propone di offrire: essere un punto d’ascolto e ritrovo, promuovere incontri comunitari, ma anche attività ludiche come tornei di carte, tiro a segno, calcio balilla, visione partite serie A e docufilm, nonché organizzare eventi e feste di quartiere.
Oltre alla distribuzione di generi alimentari alle famiglie indigenti. Prevista per il prossimo 29 settembre, l’inaugurazione – da programma – prevede musica dal vivo, con tanto di karaoke, con hit dell’estate, ma anche brani su richiesta, musica degli Anni 80 e 90, e revival.
La festa sarà aperta con un brindisi augurale e l’intervento di ospiti e “relatori importanti”, tra cui Fabio Filomeni, colonnello, in pensione, fondatore del Movimento Il mondo al contrario dedicato al generale Vannacci.
Del resto l’ammirazione per l’europarlamentare eletto con la Lega a destrissima piace eccome. Tanto che sul profilo Fb dell’associazione è stato pubblicato un servizio tv sulla festa di Noi con Vannacci a Viterbo solo per documentare la presenza delle t-shirt di Rinascita Nazionale tra il pubblico.
Sull’inaugurazione del 29 settembre, tuttavia, aleggia qualche dubbio: la notizia della festa, rilanciata sui social, ha fatto scattare qualche “allarme”. Pare, infatti, che il circolo sia stato creato in uno spazio dell’Ater di Roma (l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale pubblica) senza che nessuno ne sapesse nulla (né l’ente, né il IX municipio, né i residenti) e, a maggior ragione, senza alcuna autorizzazione formale.
Il segretario del Pd romano Enzo Foschi ha chiesto al prefetto della Capitale di effettuare le verifiche del caso. Mentre il Municipio interessato ha fatto sapere di aver richiesto a chi di competenza informazioni sulla natura dell’associazione e a quale titolo possa aver occupato uno spazio dell’Ater.
Le inquietanti ambiguità di Rinascita Nazionale
A creare inquietudine – non solo nel Pd romano –, più che la possibile violazione di un’area di proprietà pubblica, è la natura stessa del circolo e il profilo non esattamente rassicurante del movimento.
Magari l’accostamento del simbolo scelto da Rinascita Nazionale, l’Arcangelo Michele intento a infilzare il demonio con la lancia, a quello del movimento super fascista e antisemita creato da Corneliu Z. Codreanu in Romania nel 1927 (la Legione dell’Arcangelo Michele, più nota come Guardia di Ferro) può apparire un po’ forzato, ma guardando il profilo social dell’associazione poco è lasciato all’immaginazione. Lo slogan ricorrente? «Italia al collasso». Adottato alla bisogna: scuola, immigrazione, famiglia…
Scorrendo poi le foto e i post di Valentino Valentini e da Simona Boccuti si ritrovano tutti i Leitmotiv (i tòpoi, direbbero i colti) dell’immaginario della destra radicale. Dalle magliette Marcia su Roma in giù.
Si va dalla difesa della famiglia ‘tradizionale’ contro quella omogenitoriale alla battaglia contro i vaccini anti-Covid «omicidio di Stato». Senza dimenticare temi cari anche a questo governo di destracentro come la salvaguardia dell’agroalimentare nostrano insidiata dagli allevatori e mangiatori di insetti. Non poteva mancare la difesa – presa anche dal vicepremier Matteo Salvini, eh – di Cinzia Dal Pino, la commerciante di Viareggio che ha ucciso il suo scippatore investendolo con l’auto. «Quando l’uomo con il coltello incontra la donna col suv l’uomo col coltello è un uomo morto», scrive la presidente del Popolo delle Mamme aggiungendo un firmato «CLEANT Eastwood».
Naturalmente tra le “icone” non poteva mancare la pugile Angela Carini – «Onore a te, Angela» – consolata dopo il forfait alle Olimpiadi contro Imane Khelif da Giorgia Meloni. Premier che peraltro viene sbeffeggiata da Boccuti: «Borgatara intelligente, te prometto tutto e non te do niente». Troppo moderata, evidentemente.
Altro tema, o altra ossessione, se si preferisce, quella della difesa della razza italiana (bianca). Anche qui tema prettamente vannacciano. A luglio scorso, per esempio, la co-fondatrice di Rinascita Nazionale ha pubblicato un post in cui si rammaricava per la elezione a Miss Roma Capitale della «cioccolatina» Sy Fatou Ba, rea di avere origini senegalesi.
Tra Oriana Fallaci e Marco Rizzo, spunta persino Pasolini
Stupisce poi, tra una Oriana Fallaci e un Marco Rizzo, presidente onorario del Partito Comunista e coordinatore di Democrazia Sovrana Popolare, sull’«immigrazione arma del capitalismo», la presenza di una citazione di Pier Paolo Pasolini le cui parole sembrano, in un colpo solo, sminuire drasticamente il pericolo fascista ed evidenziare i pericoli del consumismo e della globalizzazione, altro tema caro a molta parte dell’estrema destra, diciamo quella a maggior vocazione sociale.
Dell’intellettuale si riprende, in particolare, un brano di una lettera aperta indirizzata a Alberto Moravia nel 1973. «Mi chiedo, caro Alberto», scriveva allora Pasolini, «se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il consenso.
Spingere le masse a combattere un nemico inesistente mentre il consumismo striscia, si insinua e logora la società già moribonda». «Al collasso», verrebbe da dire.
Geo Barents: Msf annuncia il ricorso contro il blocco della nave a Genova (genovatoday.it)
Il ricorso
“Siamo determinati a tornare in mare al più presto per colmare il vuoto lasciato dall’Italia e dall’Europa. Il decreto Piantedosi causa solo più morti in mare”, ha dichiarato Juan Matias Gil, capomissione di MSF
Medici Senza Frontiere ha annunciato un ricorso contro la decisione di bloccare per 60 giorni la Geo Barents, la nave impegnata nel salvataggio di vite nel Mediterraneo, che nei giorni scorsi era approdata a Genova, dove sono sbarcati 206 migranti.
Geo Barents si trova attualmente nel porto di Genova a causa di un fermo amministrativo dovuto al mancato rispetto delle istruzioni della Guardia Costiera libica, la seconda emersa in seguito a un’ispezione che ha rilevato otto carenze tecniche.
Il capo missione di MSF: “Misure illegittime e disumane”
“Il soccorso in mare è ancora una volta bloccato penalizzando cbhi ha bisogno di aiuto. Geo Barents, fermata nel porto di Genova, paradossalmente è accusata di salvare vite. Presenteremo un ricorso di fronte a queste misure illegittime e disumane. Siamo determinati a tornare in mare al più presto per colmare il vuoto lasciato dall’Italia e dall’Europa. Il decreto Piantedosi causa solo più morti in mare”, lo ha dichiarato Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e il soccorso in mare.
Conte, l’avvocato dei numeri di Hamas: i punti della lettera scandalosa che manco Sinwar riuscirebbe a sostenere (ilriformista.it)
Per i 5 Stelle non esistono terroristi a Gaza
Il leader del Movimento difende la posizione del suo partito con una retorica falsaria che attribuisce la colpa dell’antisemitismo alla stessa Israele
Ieri, in una lunga lettera al Foglio, Giuseppe Conte descriveva e rivendicava l’atteggiamento del proprio partito, il Movimento 5 Stelle, a proposito della “criminale strategia che il governo Netanyahu sta perseguendo” nella guerra di Gaza.
È comprensibile che un direttore di giornale dedichi il giusto di attenzione, cioè poca, all’infilata di spropositi del capo del partito che solo qualche settimana fa, in una mozione parlamentare per il riconoscimento dello Stato di Palestina, chiedeva che l’Italia si attivasse per ottenere la liberazione “di tutti i civili tenuti in ostaggio”. Una formulazione (“tutti i civili”) che, esattamente secondo il criterio della propaganda filoterrorista, escludeva i giovani israeliani giacché essi, come pressoché tutti in Israele, prestano servizio militare.
Il perimetro della mozione 5 Stelle du côté de chez Hamas non comprendeva dunque, per esempio, le ragazze – terrorizzate, ferite e con le mani legate dietro alla schiena – di cui i rapitori avevano la delicatezza di rammostrare le immagini. Erano “soldatesse”, immeritevoli quindi delle istanze di liberazione svolte dal movimento presieduto da Giuseppe Conte.
I troppi punti scandalosi della lettera di Conte
Si capisce che il direttore del Foglio, rispondendo a quel figuro in credito di riconoscimenti da operazione speciale e in debito di congiuntivi, abbia ritenuto di non indugiare sui troppi punti scandalosi di quella lettera. Ma uno in particolare, in modo osceno eminente tra gli altri, meritava forse un cenno di censura.
È dove Conte argomentava che quella strategia criminale del governo di Israele avrebbe fatto una “carneficina di oltre 41mila civili a Gaza”. Non riuscirebbe a sostenerlo neppure Yahya Sinwar, né qualche sua estimatrice antisemita di casa nostra. E non si tratta, ovviamente, dell’infortunio in campo statistico di quello che sbadatamente affastella numeri a caso: no, è il doloso accreditamento di una campagna duplicemente contraffattoria.
Quella che, per un verso, addebita a Israele di aver reagito ai massacri del 7 ottobre con una politica sterminatrice deliberatamente condotta contro i civili; e quella che, per altro verso, cancella da quei numeri l’aliquota abbondante dei miliziani e dei terroristi neutralizzati nel corso di operazioni belliche senz’altro sanguinose, senz’altro produttive di tragiche uccisioni tra i civili, ma altrettanto certamente mirate a colpire i responsabili degli eccidi del Sabato Nero e i loro mandanti.
Il ricorso alla retorica falsaria
A quel bellimbusto dall’italiano accidentato, quel numero di contabilità propagandistica non esce di bocca gratuitamente e per disavvertenza, ma consapevolmente e per cinico ricorso alla retorica falsaria che fa di una guerra atroce, non causata da Israele, l’operazione di genocidio descritta nell’ultimo capitolo dell’inesausto romanzo antisemita.
La stessa retorica – che continua a gemmare dall’antica radice goebbelsiana, e che rameggia dalla scandalosa lettera di Giuseppe Conte – secondo cui il popolo ebraico è dopotutto causa dell’odio di cui è destinatario, cioè l’antisemitismo, un sentimento ingiusto che tuttavia “si spiega” considerando il male che lo Stato Ebraico infligge agli altri.
Un “male-menzogna” – come il deicidio, la cospirazione per il dominio del mondo, il controllo apolide della finanza, eccetera – che oggi assume i tratti e i numeri inventati del crimine sionista.
Se ne valesse la pena – ma per le propalazioni di quel signore non vale la pena – si potrebbe aggiungere che un antisemitismo che traesse nutrimento dai crimini veri o presunti di Israele dovrebbe essere oggetto di una condanna anche più ferma, anziché della sorta di assoluzione cui si assiste quotidianamente.
Salvo credere che una sinagoga incendiata, un bambino con la kippah preso a sassate o la caccia all’ebreo nelle università costituiscano fenomeni magari poco commendevoli, ma dopotutto riferibili alla colpa del governo sionista che fa 41 mila morti, il 110% dei quali civili.
Landini contro Landini: benedice il nuovo contratto del commercio, ma poi mette in cassa integrazione i suoi (open.online)
Cassa integrazione
Dodici settimane di Cig per i 35 dipendenti della Servizi e tutela srl, controllata al 100% dalla Cgil di Perugia. E ora per risollevarsi caccia a nuovi clienti: partite Iva e badanti
Una società di medie dimensioni, che fa assistenza fiscale ai clienti, con 2,2 milioni di fatturato, 35 dipendenti e alla fine del 2023 anche un piccolo utile di 16.389 euro. Poi i sindacati nazionali portano a casa un buon rinnovo del contratto del commercio con cui sono inquadrati i suoi dipendenti e la società maledice quei salari cresciuti ed entra in crisi.
E sceglie per ora di mettere in cassa integrazione a rotazione i suoi dipendenti per 12 settimane. Una storia certo non isolata, e chissà quanti imprenditori di fronte alle prime difficoltà avranno preso la decisione di tagliare anche in questo modo i costi del personale. Ma questo che raccontiamo su Open è un caso diverso da tutti gli altri. Perché l’imprenditore che ha preso questa decisione è la Cgil di Maurizio Landini.
Il verbale sulla cassa integrazione firmata il 25 settembre davanti a una commercialista
Ad avere firmato il 25 settembre scorso nello studio della commercialista perugina Paola Calzoni il verbale d’accordo sulla cassa integrazione ordinaria sono stati infatti i vertici della Servizi e tutela srl di Perugia, interamente controllata dalla Cgil e guidata dal presidente Vincenzo Sgalla, che fino a poco più di un anno fa era anche il segretario della Cgil in Umbria.
Nel verbale si spiega che quest’anno i contribuenti umbri non sono corsi dalla società della Cgil per farsi assistere nelle loro dichiarazioni dei redditi o nelle pratiche fiscali. E che «in proiezione in questi ultimi tre mesi dell’anno 2024 le pratiche che si andranno ad elaborare non consentiranno di coprire le ore di lavoro di tutto il personale».
Per questo motivo dal 7 ottobre prossimo partirà per 12 settimane la cassa integrazione ordinaria per «un numero massimo (in via cautelativa) di 35 unità lavorative che saranno sospese dal lavoro e/o lavoreranno ad orario ridotto».
L’azienda si è impegnata a «verificare la possibilità di realizzare le sospensioni dal lavoro con modalità di rotazione» e anche a corrispondere ai lavoratori in cig una integrazione a proprio carico in modo che nessuno perda i soldi che immaginava di incassare lavorando.
Per combattere la crisi si cercano nuovi clienti fra badanti, eredi e partite Iva
Secondo i vertici della società della Cgil la speranza che la cassa integrazione non duri oltre le 12 settimane viene dalla possibile ripresa nel medio periodo grazie a «una sensibile intensificazione di natura commerciale finalizzate al potenziamento e all’incremento dei servizi prestati in particolare modo nei settori delle successioni e della gestione del personale domestico (badanti) e delle partite Iva forfettarie».
Dunque, ora la Cgil in Umbria andrà a caccia di eredità, badanti e partite Iva. Per sostituire la clientela più corposa che è venuta a mancare: quella che pagava le pratiche per ottenere quel reddito di cittadinanza.
Il dramma della società della Cgil per l’aumento dei salari con il nuovo contratto
Se il verbale è generico, il problema sui dipendenti era già stato ipotizzato dal presidente della società Cgil nella relazione che accompagna il bilancio 2023 della Servizi e tutela srl.
Perché se da una parte si scriveva che «nel 2023 si è registrata una performance finanziaria positiva, evidenziando una crescita dei ricavi e una gestione oculata delle spese», dall’altra si segnalava che «l’aumento dei salari, a seguito del rinnovo del contratto commercio, ha determinato l’esigenza di una rivisitazione dei costi».
Quindi da una parte la Cgil facendo il suo lavoro come sindacato ha portato a casa il rinnovo del contratto del commercio con un aumento dei salari. Dall’altra parte però come imprenditore accusa quel contratto di avere fatto lievitare i costi del personale in modo non sopportabile.
No comment
Conte non la racconta giusta sulla modifica dei decreti “Sicurezza” (pagellapolitica.it)
di Carlo Canepa
La dichiarazione
Il 16 settembre, in un’intervista con La Stampa, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha commentato il processo sul caso Open Arms che vede coinvolto il segretario della Lega Matteo Salvini. L’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è accusato dalla Procura di Palermo di aver commesso ad agosto 2019 due reati – sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio – quando lui era ministro dell’Interno, mentre Conte era presidente del Consiglio.
Alla domanda: «Si pente di aver firmato con Salvini i decreti “Sicurezza”?», il leader del Movimento 5 Stelle ha risposto che durante il secondo governo Conte, supportato tra gli altri dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle, «la prima cosa che abbiamo fatto è stato cambiare quei decreti».
Le cose stanno davvero come dice Conte? In breve la risposta è no: è vero che il secondo governo Conte ha modificato i decreti “Sicurezza”, ma oltre 400 giorni dopo il suo insediamento.
Che cosa sono i decreti “Sicurezza”
Con l’espressione “decreti Sicurezza” si fa generalmente riferimento a due decreti-legge approvati dal primo governo Conte, sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle. Il primo decreto “Sicurezza” è stato approvato a ottobre 2018 e convertito in legge dal Parlamento a dicembre, mentre il secondo decreto “Sicurezza” è stato approvato a giugno 2019 e convertito in legge ad agosto, poche settimane prima della caduta del primo governo Conte. Entrambi i decreti erano stati promossi dalla Lega guidata da Matteo Salvini, ma sono passati in Consiglio dei ministri e in Parlamento grazie al voto del Movimento 5 Stelle, all’epoca suo alleato.
Come suggerisce il loro nome, i due decreti “Sicurezza” hanno introdotto alcune novità in materia di sicurezza e non solo: tra le norme contenute nei due provvedimenti, infatti, quelle più contestate riguardano il contrasto dell’immigrazione irregolare.
Per esempio il primo decreto “Sicurezza” ha eliminato la protezione umanitaria che poteva essere concessa ai richiedenti asilo, mentre il secondo decreto “Sicurezza” ha introdotto una multa da 150 mila euro a un milione di euro per le navi che non avessero rispettato il divieto di ingresso in acque territoriali italiane firmato dal Ministero dell’Interno, insieme al Ministero della Difesa e a quello delle Infrastrutture.
L’obiettivo dichiarato di queste misure era scoraggiare le partenze dei migranti e le operazioni di salvataggio nel Mar Mediterraneo condotte dalle navi delle organizzazioni non governative (Ong).
Le osservazioni di Mattarella
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato entrambi i decreti “Sicurezza”, facendo però alcune osservazioni al primo governo Conte.
Dopo avere firmato il primo decreto “Sicurezza”, prima dell’inizio dell’esame in Parlamento, Mattarella aveva inviato una lettera all’allora presidente del Consiglio Conte, in cui esprimeva «l’obbligo di sottolineare» che in materia di immigrazione e protezione internazionale – prima ancora delle nuove norme – rimanevano «fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo».
Per quanto riguarda il secondo decreto “Sicurezza”, Mattarella aveva sollevato altre perplessità, tra cui una relativa alla multa alle navi Ong, dopo aver promulgato definitivamente la conversione in legge del decreto.
«Con riferimento alla violazione delle norme sulla immigrazione non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate», aveva scritto Mattarella in una lettera inviata al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato.
Il secondo governo Conte è entrato in carica il 5 settembre 2019. Alla base dell’attività di questo governo, sostenuto da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e poi da Italia Viva, c’era un programma composto da 29 punti, di cui uno dedicato alla gestione dell’immigrazione. «La disciplina in materia di sicurezza dovrà essere rivisitata, alla luce delle recenti osservazioni formulate dal presidente della Repubblica», si legge nel programma del secondo governo Conte al punto 18.
Davvero «la prima cosa» che ha fatto il secondo governo Conte è stata «cambiare» i decreti “Sicurezza”, come sostiene ora il presidente del Movimento 5 Stelle? La risposta è no.
Il secondo governo Conte ha modificato i decreti “Sicurezza” con un nuovo decreto-legge approvatodal Consiglio dei ministri il 6 agosto 2020, ma pubblicatoin Gazzetta Ufficiale due settimane dopo, il 21 ottobre 2020. Questo decreto è stato poi convertito in legge a dicembre 2020. Dunque, dal giorno dell’insediamento del secondo governo Conte all’approvazione delle modifiche dei decreti “Sicurezza” sono passati circa 400 giorni, oltre un anno.
Si potrebbe obiettare che quel governo ha dovuto affrontare l’emergenza causata dalla pandemia di Covid-19, ma quest’ultima è iniziata a gennaio 2020: il secondo governo Conte avrebbe potuto modificare i decreti “Sicurezza” prima, tra settembre e dicembre 2019. Se non fosse che all’epoca questo impegno non era la priorità del partito oggi guidato da Conte.
A novembre 2019, infatti, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio – dimessosi dall’incarico a gennaio 2020 – aveva risposto così all’allora segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, a proposito dei decreti “Sicurezza”: «Nel programma di governo c’è scritto che noi accoglieremo le osservazioni del presidente della Repubblica. In questo momento però io vedo che i cittadini ci stanno chiedendo di affrontare delle emergenze».
Si potrebbe obiettare ancora che tra settembre e dicembre il governo e il Parlamento sono di solito impegnati nella scrittura e nell’esame della legge di Bilancio. Ma vari controesempi dimostrano che nello stesso periodo di tempo un governo appena insediato può approvare provvedimenti su altri temi. Per esempio l’attuale governo Meloni si è insediato il 21 ottobre 2022: nel giro di pochi giorni ha approvato un decreto-legge che, tra le altre cose, ha introdotto un nuovo reato contro chi organizza i rave party.
Il decreto-legge approvato dal secondo governo Conte per modificare i decreti “Sicurezza” è intervenuto su alcuni punti specifici di quei due provvedimenti. Per esempio ha ridefinito la “protezione speciale”, con cui di fatto è stata reintrodotta una forma di “protezione umanitaria”, abolita dal primo decreto “Sicurezza”.
Giuseppe Conte ha dichiarato: «Con il secondo governo Conte, la prima cosa che abbiamo fatto è stato cambiare» i decreti “Sicurezza”. Quello che dice il presidente del Movimento 5 Stelle è falso.
Il secondo governo Conte si è insediato il 5 settembre 2019. Il decreto-legge che ha modificato i due decreti “Sicurezza”, seguendo le indicazioni del presidente della Repubblica, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2020, oltre 400 giorni dopo l’insediamento.