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L’onda neonazista spaventa la Germania ma esalta la Lega e i putiniani (quotidianodelsud.it)

di

Il voto in Germania pesa sugli equilibri della 
nostra maggioranza: 

un’onda neonazista che esalta la Lega e i putiniani. Pronto lo sgambetto per Giorgia

Il primo è stato Matteo Salvini. Ore 21 di domenica sera, spoglio ancora in corso: «La Lega esprime soddisfazione per i risultati delle elezioni in Germania: la sinistra e i veri amici del Pd sono stati nuovamente sconfitti»
Il secondo a cantare, ieri mattina, è stato Roberto Vannacci, a metà tra il veggente e la Cassandra: «In Germania crollano le sinistre, in Francia si alleano per la disperazione e rendono ingovernabile il Paese… Siamo dinanzi al tramonto definitivo della sinistra in tutta Europa».

L’unica salvezza è, neanche a dirlo, il “suo” mondo al contrario, pronto al debutto come Movimento politico il 18 e il 19 settembre a Viterbo. Vannacci oltre Salvini, e questo non fa piacere al leader della Lega: come minimo è insubordinazione.

LE CONTROMOSSE DI SCHOLZ

Basta questo per capire che il voto nei due lander della ex Ddr, Turingia e Sassonia, parla e costringe a una profonda riflessione l’Italia, tutta Europa e i rispettivi governi in carica. Per la prima volta, dalla fine della seconda guerra mondiale, un partito nazista come Allianz fur Deutschland e uno dei suoi leader Bjorn Hocke (condannato per aver usato parole d’ordine hitleriane) ottiene la maggioranza in un lander (la Turingia) e arriva secondo ad un paio di lunghezze in Sassonia.

Sebbene quest’onda neonazista esalti la Lega in Italia, è un risultato choccante per la Germania che ha saputo dire, dopo anni di analisi storiche e sociali, mai più al nazismo e al razzismo. Sconfitte sinistre e verdi. Successo, invece, della sinistra estrema che fa capo a Sahra Wagenknecht, al suo esordio con Bsw dopo la scissione da Linke nel 2023. Il cancelliere Olaf Scholz ha parlato di «risultato amaro», chiede l’isolamento e il cordone sanitario contro Afd che è «un danno per il nostro Paese».

E però è arrivato il tempo, se non è già troppo tardi, di ragionare sulle cause dell’avanzata delle destre in tutta Europa. Farsi domande e cercare risposte. I punti forti di Afd sono la lotta all’immigrazione, l’impoverimento del ceto medio, la perdita di potere d’acquisto, le pensioni che non seguono l’inflazione, la politica estera, l’atlantismo, l’appoggio incondizionato, o quasi, a Kiev e la «guerra» a Putin. La colpa di tutto questo è, ovviamente, l’Europa.

IL VOTO IN GERMANIA, L’ONDA NEONAZISTA, L’ESULTANZA DELLA LEGA: I CONTRACCOLPI SULLA MAGGIORANZA

Ora è evidente, al di là delle reazioni di Salvini e Vannacci, che il voto dei due lander è destinato a condizionare anche nell’immediato le scelte che Ursula von der Leyen sta per fare a Bruxelles nel formare la nuova Commissione. I “Patrioti” di Salvini e Le Pen hanno già estromesso Afd dalla loro famiglia politica, tanto che è nata una nuova, a destra delle destre, che si chiama “Europa delle nazioni sovrane”.

Entrambi i gruppi sono estromessi da incarichi. Cosa che, a questo punto, von der Leyen non può permettersi con i Conservatori di Giorgia Meloni: guai se avvenisse una saldatura dei tre gruppi a destra.

Il voto tedesco è destinato anche a pesare sugli equilibri interni della maggioranza di governo. Su due temi specialmente: immigrazione e integrazione, politica estera e posizionamento atlantico. Va dritto al punto Enrico Borghi, capogruppo di Italia viva al Senato: «I commenti di Salvini e Vannacci al voto tedesco sono l’ennesimo sgambetto al governo di Giorgia Meloni».

Dalla Germania arrivano almeno due segnali. Il primo: «Il voto conferma che la polarizzazione oggi è tra il pacchetto di forze di politiche europeiste-riformiste (messaggio chiaro al nascente patto elettorale del centrosinistra, ndr) e il fronte nazionalista populista antieuropeo».

IL ROMPICAPO PER GIORGIA
Giorgia Meloni tace. Manda avanti un fedelissimo come Procaccini: «Le elezioni in Turingia e in Sassonia certificano le enormi difficoltà del governo tedesco a guida socialista. Proprio nella terra di origine della Spd».

Ma il governo Meloni non può radicalizzarsi, come suggerirebbe il voto tedesco o, per stare alle dinamiche interne, come vorrebbero Matteo Salvini e Roberto Vannacci.

Anche perché il primo è poco credibile, essendo al governo bene o male dal 2018 e ha già dimostrato il fallimento delle ricette populiste. Il secondo è ancora nella Lega e non può smarcarsi. Non ancora, almeno.
Non solo: il governo Meloni ha il suo secondo “corno” nei moderati di Forza Italia, quelli che – al di là dei comunicati post vertice di maggioranza – dicono sì alla cittadinanza per una maggiore integrazione, no all’Autonomia e cercano di tenere la barra dritta sull’atlantismo e sull’alleanza con l’Ucraina.

Il voto tedesco ancora una volta indica la strada: Afd avanza, ma i democristiani della Cdu – un po’ la nostra Forza Italia – tengono la posizione e alzano un muro contro la destra estrema. Così come, guardando a sinistra, il Pd e il patto del centrosinistra dovrebbero alzare un muro contro la sinistra rossobruna che in Germania ha trovato il suo astro nascente nel Bsw di Sarah Wagenknecht, un misto tra Alemanno e Rizzo in Italia, con le incursioni pacifiste di Sinistra e Verdi e 5 Stelle.

Sintetizzando al massimo, nei due lander tedeschi ha “vinto” anche Putin, di cui sono note le ingerenze e le manipolazioni nell’informazione nei mesi passati proprio usando la leva di Afd.

Giorgia Meloni deve trovare una sintesi tra tutto questo. Non sarà affatto facile. E sull’immigrazione e sulla politica estera, anche in Italia, sarà determinante osservare le prossime mosse di Olaf Scholz.

La strage in Ucraina, l’ascesa dei rossobruni europei e l’Italietta degli Azzeccagarbugli (linkiesta.it)

di

La lotta con la cerbottana

Il massacro di Poltava avrebbe potuto essere limitato o evitato armando nel modo giusto l’esercito di Kyjiv.

Per questo moralmente le morti di ieri, e dei giorni scorsi, sono anche una conseguenza dell’inazione degli alleati occidentali, a partire dal chiacchiericcio immorale del nostro Paese

Non sappiamo se tecnicamente il massacro di Poltava avrebbe potuto essere evitato rafforzando per tempo la difesa ucraina. Sappiamo però che moralmente quei morti sono anche l’effetto della ignavia-ipocrisia-incapacità dei governi alleati di Kyjiv.

Tra cui svetta, in bassezza, quello italiano. Che è quello che insieme al regime ungherese più di tutti sta dando al mondo l’impressione di mollare. Guido Crosetto giura che stiamo facendo tutto il possibile. Se è vero, vuol dire che bisogna fare l’impossibile.

Mosca ha colpito Poltava, che come ci ha raccontato Yaryna Grusha, che c’era stata poche settimane fa, è una città piena di giovani, ricca di energie, un posto accogliente, «un po’ come l’Emilia-Romagna» – ci ha detto. Una città dalla lunghissima storia, ai primi del Settecento i cittadini di Poltava combatterono contro Pietro il Grande, “antenato politico” dello zar Vladimir Putin.

Il quale sta vigliaccamente approfittando di una maledetta congiura della storia: l’offensiva russa cade non a caso mentre la Germania di Olaf Scholz piega le ginocchia sotto i colpi di nazisti e comunisti uniti nella lotta contro l’Ucraina e la Francia di Emmanuel Macron non riesce a trovare la strada – anche qui c’entra il doppio estremismo nero-rosso – per riprendere il suo posto di combattimento a fianco del popolo ucraino.

Con il governo Meloni che sdottoreggia come un Azzeccagarbugli fuori dal tempo nelle distinzioni da Stranamore tra armi difensive e armi offensive, il famoso vagone con Mario Draghi, Scholz e Macron diretti a Kyjiv è una foto sempre più ingiallita.

Per fortuna, in assenza della sinistra, si muovono gli intellettuali, i giornalisti. Alcuni almeno. Ieri Angelo Panebianco ha scritto sul Corriere della Sera un articolo inattaccabile: «L’impressione è che ci si arrampichi sugli specchi per giustificare una posizione che nel merito è ben poco difendibile. Se vuoi che l’aggredito a cui presti assistenza militare riesca a difendersi al meglio non puoi poi cavillare su come userà le armi che gli hai fornito».

Chiarissimo. E Augusto Minzolini, che pure non è certo un avversario di questo governo, ha osservato sul Giornale che «la classe politica avrebbe potuto o potrebbe unirsi su ben altro, non certo su una posizione per nulla encomiabile dal sapore pilatesco», toccando qui il nervo maleodorante della sostanziale unità tra governo e opposizioni (tranne un redivivo, per questa occasione, Terzo Polo).

Le flebili e a questo punto valorose prese di posizione di alcuni parlamentari dem non possono essere in alcun modo la foglia di fico per nascondere l’ignavia, se non peggio, del gruppo dirigente del Partito democratico, tra l’altro abbastanza isolato nel Partito socialista europeo che pretende di guidare.

Come al solito, quando è in difficoltà il Nazareno non entra nel merito delle questioni. Basterebbe rispondere alla domanda che abbiamo tante volte fatto su Linkiesta e che ha posto Marco Mayer sul Riformista: «Per salvare le persone, le case, gli ospedali, le scuole e le infrastrutture energetiche le batterie di difesa aerea devono essere in grado potere intercettare (e possibilmente distruggere) il prima possibile i micidiali vettori di morte. Per questo parlare di “confini” è una assurdità tecnica. Si dovrebbero forse fermare i mezzi antimissili in volo verso i loro bersagli in cielo a metà strada?».

Persino una giornalista solitamente benevola con Elly Schlein, cioè Annalisa Cuzzocrea, ha domandato sulla Stampa come mai i riformisti dem non chiedano una discussione chiara su una domanda: «Fino a che punto il Pd sostiene l’Ucraina?».

Questa è la esattamente la questione che va posta a Meloni e a Schlein. Loro sono unite nella lotta ai criminali di Mosca, ma con la cerbottana.

Le aziende della difesa hanno bisogno di pieno accesso al denaro dell’UE mentre Putin perseguita l’Europa, dice Draghi (politico.eu)

di Antoaneta Roussi

Europa e diritti

Le minacce incombenti devono innescare un importante ripensamento della politica di difesa europea, secondo la bozza del nuovo rapporto visionato da POLITICO.