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La ricetta di Davigo per le galere affollate. “Ai detenuti bastano tre metri a testa…”

di

L'ex pm di Mani pulite alla festa del Fatto liquida 
il problema celle: 

«Non si può considerare lo stesso spazio pro capite di un’abitazione normale, cioè 9 metri…»

«Se il sistema può evitare di far varcare la soglia del carcere ad una persona che non lo merita deve farlo e invece il 50% dei condannati in primo grado poi viene assolto e paghiamo al 30% dei richiedenti la riparazione per ingiusta detenzione», dice Enrico Costa.

Piercamillo Davigo lo interrompe irruento: «Anche a costo di perderne 3 mila, magari assassini?». «Sì – insiste Costa – anche una sola persona innocente non può essere sacrificata».

Eccoli, sul palco della Festa del Fatto quotidiano, i due campioni del garantismo e del giustizialismo, a confronto sul tema: «Giustizia leggi e bavagli».

Vestito casual, in abito color cachi e maglietta, il deputato di Azione Costa, che ha appena festeggiato l’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto legislativo che recepisce una sua proposta e vieta la pubblicazione sui mass media dell’ordinanza di custodia cautelare.

In severo completo blu con tanto di cravatta, malgrado il sole caldo, è invece il grande inquisitore di Mani pulite, ex presidente dell’Anm, schiantatosi su una triste storia di veleni, dossieraggi e rivalità correntizie che l’ha portato alla decadenza dal Csm e ad una condanna in appello a un anno e 3 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio.

Il pubblico, neanche a dirlo, tifa per il giustizialista Davigo e più volte interrompe e contesta Costa, accusato anche dai giornalisti moderatori del Fatto di essere una specie di quinta colonna del centrodestra nelle opposizioni, di vedere portate avanti dal governo molte sue battaglie appunto garantiste, quest’ultima poi «casualmente, in pieno caso Toti».

Davigo attacca lo stop ai verbali sui giornali, dice che «in un Paese democratico il cittadino dev’essere informato e il magistrato non solo deve dire che qualcuno viene arrestato ma anche il perché, se no si arriva ai desaparecidos».

Costa la vede all’opposto: «Un’ordinanza di custodia cautelare magari di centinaia di pagine, con accuse e intercettazioni, spiattellata sulle pagine dei giornali è un processo anticipato, qualcosa da cui una persona innocente non si risolleva. E questo avviene in fase di indagini preliminari, prima di ogni presentazione di prova. Non voglio il bavaglio della stampa, ma consideriamo che di 43 mila casi di custodia cautelare nel 2023 il 19% sono stati dichiarati ingiusti nello stesso anno».

Davigo, però, non vuol sentir ragioni, nega addirittura il sovraffollamento delle carceri, considerato tra i motivi per evitare troppi arresti preventivi: «Il problema è che si considera per ogni detenuto lo stesso spazio considerato per un abitante di un’ abitazione normale, cioè 9 metri quadrati, mentre ne basterebbero 3, quello è davvero lo standard».

Che abbia la mentalità da Far West lo dimostra quando parla del fatto che negli Usa i latitanti sono pochissimi, mica come da noi che i mafiosi si nascondono per decenni. A lui l’hanno spiegato quando è stato ospite del governo Usa. «Lì il processo accusatorio, che noi abbiamo copiato solo nelle parti che ci conveniva, inizia con l’arresto, poi semmai si esce su cauzione e se uno non si presenta lo mettono dentro per oltraggio alla corte. Come lo trovano? E dove scappa? Ci sono anche compagnie private che arrestano il 70%, va bene che li portino anche morti, perché così prendono i soldi». Solo sulle critiche a Nordio, Costa e Davigo trovano una debole intesa, ma il primo approva l’abolizione dell’abuso d’ufficio, l’altro l’aborre.

Il primo critica la giustizia «usata come scorciatoia di fronte a problemi complessi, inventando nuovi reati e alzando le pene», l’altro insiste sui corrotti che la fanno franca, raccoglie applausi citando Cesare Previti, «condannato a 6 anni per il fatto più grave mai accaduto, nel caso Imi Sir, e che ha scontato in carcere solo 5 giorni, tra indulto e affidamento ai servizi sociali».

“Il Fatto” di Travaglio e dei putiniani esalta l’espansionismo di Putin (lavocedilucca.it)

Rossobruni
In una doppia pagina del quotidiano uscito il 28 giugno scorso, un articolo a firma di Salvatore Cannavò (già vicedirettore de Il Fatto , trozkista doc, ex Sinistra Critica iscritto al PRC bertinottiano proveniente dalla “Quarta internazionale” e del cui quotidiano “Liberazione” è stato anche vicedirettore) conferma – se ce ne fosse ancora bisogno – la linea di pieno appoggio de Il Fatto di Marco Travaglio a Putin.
L’articolo in questione, corredato da foto di Putin e XI in doppio petto (quella di Putin copre mezzapagina), ha come titolo “Espansionismo russo. Altro che  Putin isolato”, e vuole essere un “dossier” che mostra ai lettori “la tela” che lo Zar è riuscito abilmente e tessere a livello internazionale.
Nel pezzo si parla di un Putin “ampiamente sottovalutato a ovest” e si declinano uno per uno i maggiori movimenti della Russia sullo scacchiere internazionale. C’è spazio per un dettagliato commento alle relazioni sempre più solide in Africa, in Medioriente ed in America Latina, “in sintonia con la concezione Eurasiatista cara agli ideologhi di Putin”, scrive l’autore.
Cannavò sottolinea l’accordo con la Corea del Nord di “assistenza reciproca” e di “cooperazione tecnico-militare”, così come il rinverdimento delle attività minerarie – ma soprattutto di difesa – a Yakutsk, dando merito al nuovo Zar del Cremlino di tornare a interessarsi dell’area siberiana dove non si recava dal 2014.
Allo stesso tempo l’autore sottolinea i muscoli che la Russia mostra nei
Caraibi come l’esercitazione militare di fronte alle coste nordamericane con quattro imbarcazioni della flotta settentrionale russa, con scalo a Cuba e successivamente in Venezuela, che evidenziano una presenza attiva e spavalda anche in quell’area.
Un “punto a favore del despota russo”, sarebbe anche la promessa raggiunta da Putin nel suo viaggio asiatico con il Vietnam, di un accordo sulla sicurezza, evidente segnale di avvicinamento proprio perché finora il presidente vietnamita ha mantenuto l’astensione alle Nazioni Unite sulla guerra in Ucraina, mantenendo una sostanziale equidistanza.
Ma il ruolo espansionistico sempre più ampio e autorevole della Russia viene esaltato anche dalla presenza militare in Libia e nei Paesi come Niger, Burkina Faso, Mali, Repubblica Centrafricana o Ciad dove Mosca beneficierebbe di materie prime, mentre “potrebbe” dare in cambio “forniture militari in sostegno ai progetti di espansione e di difesa” di questi Paesi.
Infine, la chiusura sull’interessata prudenza di Putin sulla Palestina, definita “la madre di tutte le questioni”, chiude il quadro disegnato attorno a quello che dalle righe non può che apparire un leader abile, intelligente ed in continua ascesa.
Dalle colonne de Il Fatto , che peraltro riportano fatti reali di un imperialismo evidente, invece che un quadro di allarme e preoccupazione per uno scacchiere internazionale nel quale si moltiplicano le ingerenze e la colonizzazione economica e militare di superpotenze nei confronti di Stati sovrani, emerge un Putin stratega di spessore, il solo capace di contrastare il Patto Atlantico con efficacia ed autorevolezza.
Nell’articolo infatti non c’è traccia di alcuna critica al nuovo Zar, fatta eccezione per la parola “despota” riportata in precedenza in una citazione, che possa evidenziare quanto sia minaccioso per i popoli di tutto il mondo il suo disegno neozarista, anche in un’ottica di pericolo di terza guerra mondiale. Il Fatto gli fa solo pubblicità, e probabilmente nemmeno gratuita.
Nel passaggio sull’Africa, Cannavò e con lui Travaglio che ne è il direttore, tacciono sul ruolo di finanziatrice di denari ed armi che la Russia ha avuto già nei vari colpi di stato che si sono verificati in quei Paesi, dei quali ricordiamo evidenti immagini di uomini e bambini armati mentre sventolavano il tricolore zarista.
La stessa strategia con la quale gli USA hanno soggiogato l’America de Sud; nell’articolo sembra invece che la Russia oggi sia semplicemente di supporto a popoli che si sono liberati da soli dal tallone di ferro della Nato. In ogni caso questa sviolinata a Putin sul quotidiano di Travaglio era ben evidente anche dal sottotitolo dell’articolo nel quale si legge “L’alternativa alla Nato nasce da nuove relazioni degli ex sovietici con il Sud Globale e con giganti come India, Brasile e Sudafrica”.

Ecco che chiamando direttamente in causa il blocco imperialista dei Brics, Il Fatto lo indica come reale e affidabile alternativa alla Nato, appoggiando a tutto tondo non solo Putin ma l’imperialismo dell’Est nella sua totalità che per le masse popolari di tutto il mondo non è assolutamente meno pericoloso di quello dell’Ovest.

Ai popoli dei vari Paesi, che il mondo sia sotto l’egemonia Usa o del blocco Cina-Russia, non cambia nulla, essi devono combattere entrambi i poli imperialisti se vogliono essere liberi e padroni del proprio destino, e non carne da cannone e strumento per arricchire i capitalisti, gli imperialisti e la borghesia.

Questo articolo, l’ultimo della serie che ha per oggetto l’esaltazione militare e politica di Putin è l’ennesima prova che è corretta la posizione del PMLI rilanciata anche dal segretario generale, compagno Giovanni Scuderi alla settima sessione plenaria del quindo comitato centrale: “Di fronte
al pericolo della guerra imperialista mondiale è quanto mai importante convincere il proletariato, i giovani e l’intero popolo italiano a non schierarsi con nessuno dei due poli imperialisti.

Impresa difficile, soprattutto per la martellante propaganda dei falsi pacifisti, alcuni vestiti da comunisti, a favore di Putin e della Russia, che dispongono di grandi risorse, presumibilmente provenienti dalla Russia e dalla Cina, e persino di due quotidiani: “Il Fatto” di Marco Travaglio e de “il manifesto”
trotzkista di Andrea Fabozzi e di Luciana Castellina.”