Un busto per Nicola Gratteri dopo la storiella su spacciatori e appalti (ilfoglio.it)

di Salvatore Merlo

Destino cinico e bar

L’ultima uscita del procuratore della Repubblica di Napoli sul Fatto Quotidiano merita notevole attenzione. In attesa che gli dedichino vie e piazze. E una statua equestre

Siamo sicuri che i nostri figli, tra moltissimi anni, vivranno per così dire in mezzo al dottor Gratteri, nel senso che tra monumenti, statue, busti ed epigrafi dedicate a quel grande, abiteranno in piazza Gratteri, corso Gratteri, vicolo Gratteri.

A gennaio i siti pubblicheranno suggestive foto, e sotto leggeremo: “La prima neve. Ecco come è apparso questa mattina all’alba Gratteri in bianco”. Un piccione protervo saltellerà sulla spalla del magistrato, attuale procuratore della Repubblica di Napoli, che oggi intanto parla e parla, non immaginando, buon per lui, come starà fresco. Ma in attesa che i posteri abbiano un Gratteri immortale e silenzioso, noi dipendiamo sempre di più da quest’uomo.

È di ieri la sua ultima uscita, sul Fatto. State bene a sentire.

“Mettiamo che questo sia un negozio di elettrodomestici”, diceva il dottor Gratteri. Ok. Mettiamo. “Oltre a vendere frigoriferi vendono anche cocaina”. Ovvio. “C’è una microspia sul bancone”. Chiaro. “Entra un pubblico amministratore, un politico, e compra 100 grammi di coca”. Un etto. “Perché stasera c’è una festa in villa”. Tagliata fina. “Poi però parlano anche di una corruzione”. Prima della festa in villa si usa. “Sapete che queste intercettazioni non le posso usare perché l’intercettazione mi è stata autorizzata per l’indagine di droga?”. Scandaloso.

Supponiamo che quattro amici al bar discutano di gare e di appalti, supponiamo che io suppongo che parlino di frode nelle pubbliche forniture, supponiamo che vi siano ragioni per supporre che in quel in quel bar  si spacci droga. E allora per scoprire la frode forse inesistente intercetto uno spacciatore sicuramente inesistente.

Non fa una piega. Ma il dottor Gratteri prosegue. “Dopo mezz’ora entra nel negozio un tossico”. Pure. “E ha una bottiglia di liquore in mano”. Solo il tossico? “Allora il gestore del negozio gli chiede: ‘Questa bottiglia dove l’hai presa?’. E lui: ‘L’ho rubata’. Voi sapete che io questa intercettazione la posso usare?”. Ecco. Adesso capiamo perché il dottor Gratteri arresta 300 persone alla volta, e ne scarcerano subito dopo 298. C’entra il liquore. È il destino cinico e bar.

Resta da chiedersi se nella statua di Gratteri a cavallo egli se ne starà con la mano sul panciotto al modo di Napoleone.

Moralisti coi polsi altrui

Davigo interviene nel dibattito sulla 
custodia cautelare

Fa discutere il contenuto del decreto carceri approvato l’altro giorno dalla Camera nel quale sono contenute norme per limitare gli arresti preventivi – quelli cioè operati prima di una sentenza definitiva – a casi di comprovata gravità e pericolosità sociale.

Per le opposizioni e per larga parte della magistratura si tratta di un provvedimento «salva colletti bianchi», categoria che numeri alla mano paga invece il più alto tributo alla piaga delle ingiuste detenzioni, oltre diecimila all’anno solo quelle ufficialmente riconosciute dalla Stato come tali.

In un Paese normale e ideale i colpevoli dovrebbero stare in carcere e gli innocenti non fare neppure un’ora di prigione, ma dovendo scegliere tra due ingiustizie meglio un colpevole libero che un innocente in galera, così almeno dovrebbe essere in una democrazia che al suo primo punto mette il rifiuto della barbarie e solo dopo l’accertamento della verità giudiziaria.

In Italia purtroppo la deriva giustizialista e manettara della magistratura e di parte della politica da tempo ha invertito la questione: chi se ne importa se un innocente passa mesi o anni in carcere, problemi suoi. Continua a pensarla così anche Piercamillo Davigo, l’ex pm noto per il teorema «un innocente è solo un colpevole che l’ha fatta franca» e che ieri ha rincarato la dose con un’articolessa su Il Fatto Quotidiano nel quale sostiene, difendendo l’uso abnorme della pratica, che «l’alta percentuale di detenuti in custodia cautelare dipende solo dalla bassa percentuale di detenuti definitivi in espiazione della pena».

Insomma, uno dovrebbe essere contento e riconoscere il giusto nello stare in carcere da innocente o presunto tale perché in fondo sono pochi quelli che ci stanno da colpevoli accertati. Semplicemente mostruoso, un po’ come sostenere che in guerra non è grave bombardare i civili visto che scarseggiano gli obiettivi militari.

Piercamillo Davigo è un esperto di reati, per averli perseguiti e per averli fatti, così almeno dice una sentenza di secondo grado che lo condanna a un anno e mezzo di carcere. Che anche se confermata in Cassazione non espierà e scommetto non accetterà. I moralisti manettari sono fatti così, intransigenti solo con la morale e i polsi degli altri.