Il chiasso di Toropets. Una “Apocalisse” da sesta pagina (ilfoglio.it)

di Adriano Sofri

Piccola Posta

L’attacco ucraino a a nord-ovest di Mosca ha mandato in fumo un arsenale militare imponente, facendo vibrare perfino i sismografi svedesi, senza riuscire a raggiungere le orecchie degli europarlamentari.

Un rumore che scuote un dubbio; è una condotta offensiva o difensiva?

Il mondo sta esplodendo, al dettaglio dei cercapersone e dei tostapane, e all’ingrosso delle bombe ipersoniche. A maggior ragione suggerirei alla mia cara Repubblica di mettere la testa sotto l’acqua fredda. La pagina dedicata all’attacco ucraino al deposito di armamenti e munizioni di Toropets si intitolava: “Apocalisse nel cuore della Russia”.

Ora, il deposito era colossale, forse il più grosso della Federazione russa, il più antiatomico, e per parte sua il colpo ucraino, così addentro in territorio russo, fortissimo. Ma Apocalisse è un nome oltre il quale è difficile vederne uno più alto in grado. E un’apocalisse nel cuore della Russia rende pressoché ragionevole se non inevitabile un’apocalisse nel cuore dell’Ucraina. E tutto questo avviene a pagina 6 – le apocalissi serie chiedono la prima pagina. Meglio tenere i nervi saldi, penso.

Tanto più che, sempre oggi, il parlamento europeo doveva votare, e ha votato a larga maggioranzala risoluzione che chiede ai paesi membri di revocare le restrizioni all’uso delle armi alleate contro legittimi obiettivi in Russia. Com’è noto, gli europarlamentari e le europarlamentari italiane hanno votato a larga maggioranza contro.

È probabile che le loro coscienze abbiano impedito loro di fare diversamente. Alle coscienze non si comanda. Ma non avendo seguito attentamente il dibattito di Strasburgo, quello pubblico e quello interno ai gruppi, mi chiedo se si sia preso in considerazione l’avvenimento di Toropets, Tver’, che, benché non andasse oltre un’Apocalisse da pagina 6, era pur sempre una colossale pietra di paragone – il botto era stato registrato dai sismografi svedesi, doveva pur essere arrivato alle orecchie dei parlamentari italiani e ungheresi.

L’esempio era specialmente cogente, dal momento che la santabarbara colpita era a 550 km dal confine ucraino-russo, dunque quasi al doppio della gittata dei missili alleati che gli ucraini implorano di poter utilizzare.

Il “cannibale di Volgograd” torna a casa dal fronte: Putin lo aveva graziato (ilgiornale.it)

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L'uomo era stato condannato dieci anni fa per 
aver ucciso un uomo e mangiato il suo cuore.

Poi, il perdono di Putin e l’arruolamento in Ucraina. Ora è tornato ferito dalla linea del fronte

Una storia che ha dell’incredibile, all’ombra della guerra in Ucraina. Quella del russo Dmitry Malishev, meglio noto come “Il cannibale i Volgograd”, condannato a 25 anni di carcere per omicidio e cannibalismo e graziato da Vladimir Putin per andare a combattere nell'”operazione speciale”.

Nel maggio scorso Malishev e un assassino stupratore erano stati rilasciati in anticipo per combattere in Ucraina. Malyshev, 36 anni, aveva ammesso di aver ucciso tre uomini, strappando il cuore di uno di loro e friggendolo con erbe e condimenti prima di mangiarlo con un contorno di verdure.

Il secondo era Alexander Maslennikov, 38 anni, che è stato incarcerato per aver usato un’ascia e un tritacarne per smembrare i corpi di due donne che aveva ucciso in casa sua, dando poi i resti delle sue vittime in pasto ai cani.

Cannibale di Volgograd arruolamento

Entrambi avevano ottenuto una riduzione della pena ed erano stati rilasciati, insieme a centinaia di migliaia di altri criminali russi, per unirsi alle forze armate e combattere nell’Unità Tempesta V in Ucraina.

Malyshev, che era stato condannato a 25 anni (15 dei quali da trascorrere in una prigione di massima sicurezza) per il suo ruolo in omicidi, bande criminali, furti, traffico illegale di armi, rapine e, non ultimo, cannibalismo. Una volta libero aveva annunciato che lui e Maslennikov- con il quale si era fatto ritratrarre sorridente-intendevano “preservare i valori tradizionali della Russia” combattendo per il Paese.

Rilasciato con 17 anni di anticipo, al momento dell’arresto ha confessato nei minimi dettagli i suoi brutali crimini, tra cui quello di un suo conoscente del Tagikistan picchiato a morte con un piede di porco. In seguito gli avrebbe strappato il cuore per poi friggerlo, un processo che ha registrato in video.

Malishev è tornato agli “onori” della cronaca in queste ore, per via del rientro nella sua città natale. L’uomo ha dichiarato: “Una granata mi è atterrata addosso durante una manovra d’assalto. Ho la mascella rotta, schegge nel ginocchio e nella mano sinistra e il timpano sinistro è scoppiato. Non c’è niente da vedere qui“, ha detto Malyshev ai giornalisti.

L’altro ieri l’ho visto in un negozio e ci siamo salutati“, ha dichiarato il capo dell’amministrazione locale, Fyodor Kadoba, al portale di notizie locale V1.ru. Malishev gli ha assicurato che tornerà al fronte dopo la guarigione.

Nella primavera del 2023, Volgograd era stata scossa dalle voci sul possibile ritorno a casa di Maslennikov. I social media hanno riferito del possibile arrivo dell’uomo nella regione: secondo loro, l’assassino, condannato a 23 anni, ha firmato un contratto con la Wagner PMC ed è tornato in libertà sei mesi dopo.

I giornalisti della testata Volgograd Online sono, invece, riusciti a contattare Malyshev sui social media. Ha affermato che la foto che circola online era effettivamente in compagnia di Maslennikov e che è andato in guerra in Ucraina per le sue convinzioni personali.

Alexander e io ci siamo seduti insieme e abbiamo firmato un contratto con il Ministero della Difesa nell’ottobre 2023. Prestiamo servizio nell’unità Storm V. Ho conosciuto persone che sono venute qui dalla prigione solo per cambiare la situazione. Di solito spariscono in fretta. Ma ho capito perché e dove stavo andando.

Come ti sentiresti se alla tua bambina venisse insegnato alle elementari come indossare il preservativo? O se gli uomini camminassero per strada e si baciassero? È normale per te? Per me, non è normale“, ha detto il cannibale ai giornalisti.

Politico dell’AfD distribuisce armi come regali per la campagna elettorale (spiegel.de)

Prima delle elezioni statali nel Brandeburgo

Spesso ci sono piccoli regali ai seggi elettorali: penne, palloncini, portachiavi o persino un sacco di iuta. Un politico dell’AfD distribuisce armi puntate lunghe 15 centimetri ai confini della città di Berlino.

Nelle campagne elettorali, i politici cercano di convincere i cittadini di se stessi o del loro partito con argomenti forti. Questo a volte include piccoli regali ai seggi elettorali. La politica dell’AfD Lena Kotré distribuisce armi. C’è una grandinata di critiche per l’azione.

La 38enne deputata del parlamento statale, che si candida nella circoscrizione brandeburghese di Barnim, alla periferia di Berlino, dice di distribuire ai potenziali elettori il cosiddetto Kubotan: uno spillo di metallo lungo circa 15 centimetri con un lato appuntito e uno smussato. Questo è stato segnalato per la prima volta dal “Taz” e dal “B.Z.”.

“Sentiamo parlare di attacchi con coltelli e risse ogni giorno”, dice il politico di destra in un video su Facebook. Poi presenta la “Lena-Kotré-Kubotan” e dice: “Puoi difenderti con essa”.

Successivamente, spiega anche come usarlo. Nella sezione commenti c’è una grandinata di critiche, un utente scrive: “Questo è un invito attivo a usare un’arma che è vietata in molti paesi. Ecco come appaiono le soluzioni dell’AfD”. Un altro utente chiarisce: “Questa è un’arma del delitto, non un giocattolo di plastica”.

(Lena Kotré)

Non è la prima volta che Kotré attira l’attenzione nella campagna elettorale del Brandeburgo. Dopo l’attacco islamista a Solingen, ha chiesto il divieto per i rifugiati di entrare in eventi pubblici, accettando “danni collaterali”. Inoltre, sta progettando una “industria delle deportazioni” privata con prigioni container.

Ahr

Presentata la Commissione Ue: von der Leyen vince, Meloni quasi (quotidianodelsud.it)

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Von der Leyen senza oppositori in Commissione Ue; 

Meloni ok, ma sulle deleghe per Fitto è un pareggio

La partita non è ancora finita perché saranno le singole Commissioni e poi l’Eurocamera a fischiare il gran finale. Ma già adesso siamo in grado di dire chi vince, chi perde, chi pareggia e chi stravince nel risiko della nascita del VDL2, il bis di von der Leyen, che è stato il convitato di pietra di ogni scelta politica negli ultimi nove mesi.

Vince, anzi “stravince”, Ursula von der Leyen che avrà a disposizione una Commissione Ue più “debole”, senza reali nemici. E anche allargabile a destra o sinistra a seconda delle necessità. “Vince” Giorgia Meloni perché ottiene molto di quello che aveva chiesto pur avendo votato contro i vertici della nuova Europa per ben due volte.

Pareggia l’Italia perché anche se al nostro paese, tra i fondatori dell’Europa, viene riconosciuta la vicepresidenza esecutiva che prima non avevamo, il peso specifico delle deleghe assegnate a Raffaele Fitto (Coesione e Riforme) è in realtà inferiore a quello che ha avuto il commissario uscente Paolo Gentiloni (Affari economici e monetari).

Perdono le opposizioni, due volte. Socialisti e Verdi europei avevano dato parere contrario non tanto a Fitto ma all’allargamento della maggioranza a quella destra che ha votato contro. Inoltre le opposizioni escono indebolite dalle trattative perché la Presidente si è costituita nei fatti due maggioranze a disposizione, una a destra e una sinistra. E ora, a ben pensarci, a ricordare certe affermazioni e certi silenzi, viene in mente che tra Ursula e Giorgia sia in realtà andato tutto come doveva andare. Una recita con un preciso gioco di ruolo.

Von der Leyen “stravince” perché in realtà si è scelta una squadra che le consentirà nei fatti di governare da sola. Tra governi in crisi – Parigi e Berlino – e con la vecchia tecnica del doppio forno. Una volta s’inforna a destra e la volta dopo a sinistra, dipende dal dossier. Antica ricetta democristiana. Il capolavoro di Ursula, reso possibile proprio dalla debolezza dei singoli governi, è che il vdl 2 è una squadra senza guastatori interni.

Altrimenti detti “forti personalità un po’ rompicoglioni”. Uno dopo l’altro Ursula ha fatto fuori Timmermans (Green deal), Vestager (Concorrenza), Borrell (Affari esteri), anche Gentiloni non è stato così facile. Ultimo colpo di scena l’altra mattina quando lo stesso Macron le ha consegnato sul vassoio la testa di Breton (mercato interno).

Vedremo se nel corso del tempo qualche altra figura saprà orientarsi e poi affrancarsi nell’eterno conflitto tra poteri. Al momento però von der Leyen sembra in grado di governare praticamente da sola accentrando sulla sua presidenza molti poteri. Da capire se anche l’agenda Draghi sulla competitività è stata considerata un ostacolo da gestire e superare. O un piano d’azione con cui il vdl2 vorrà fare veramente i conti.

“Vince” Giorgia Meloni con una doppia giravolta che la premia ma potrebbe anche tradirla; svuotarla a livello europeo; complicarle la vita a livello di maggioranza. E’ un fatto che aa “isolata”, “schiacciata su Orban e Le Pen”, dopo due votazioni clamorose (in Consiglio a giugno e all’eurocamera a luglio) in cui ha tenuto fede al principio “mai con socialisti e verdi”, adesso si ritrova in maggioranza con socialisti e verdi (gli ostracismi erano stati pronunciati da entrambe le parti) ma su ogni dossier potrà vincere o perdere a seconda delle necessità e delle leve che von der Leyen vorrà usare.

Sulle deleghe, a ben vedere, è un pareggio. Ha ottenuto la vicepresidenza esecutiva ma le deleghe sono meno importanti di quelle attese (Bilancio, economia). E’ vero che Fitto gestirà i fondi di coesione europea (378 miliardi di cui 43 per l’Italia tra il 2021 e il 2027). Ma il Pnrr, la nostra priorità, sarà a metà con Valdis Dombrovskis che sarà commissario per l’Economia e la produttività. Un rigoroso custode dei conti pubblici.

Tutto il cluster delle deleghe economiche è infatti fuori dalle competenze di Fitto. Se il nostro ministro più importante – proprio perchè gestiva Coesione, fidi europei e Pnrr – in questi due anni ha molto accentrato il tutto rendendo quasi impossible una reale verifica fattuale degli avanzamenti, non potrà fare altrettanto a Bruxelles.

E questo è un problema per la premier e per Fitto la cui prima mission doveva proprio essere il rinvio di due anni delle scadenze del Pnrr, cosa fondamentale per l’Italia. Non sarà così. Scrive infatti Ursula nella lettere di incarico a Fitto: “Dear Raffaele, realizzare le riforme e gli investimenti concordati stabiliti nei Pnrr dei Paesi Ue entro la scadenza del 2026 sarà una sfida significativa e richiederà sforzi costanti da parte di tutti i Paesi e della Commissione”.

In Parlamento sia in maggioranza che tra le opposizioni si discute del peso reale delle deleghe di Fitto. Nella comunicazione ufficiale la maggioranza esulta (“altro che isolamento, Italia centrale”) e più di tutti lo fa Forza Italia che si frega le mani: “La verità è che abbiamo ottenuto tanto ma soprattutto abbiamo diviso le destre portando Meloni in maggioranza e lasciando all’opposizione Salvini, Orban e Le Pen”.

Bisogna segnare questa ennesima spaccatira ottenuta dall’attenta regia di Ursula perchè sarà spesso protagonista delle future dinamiche parlamentari, nazionali ed europee. Il Pd c’infila dentro il coltello: “Quindi d’ora in poi Meloni correggerà se stessa e il suo nazionalismo e diventa europeista?”. Faceva impressione ieri a Strasburgo vedere alle 10 Von der Leyen in conferenza stampa per presentare la squadra.

Nel primo pomeriggio in conferenza stampa c’era il gruppo dei Patrioti (Salvini, Le Pen, Orban ieri alle prese anche con il siluramento di Vannacci come vicepresidente) che attaccava l’Europarlamento per non aver voluto calendarizzare in aula la discussione sul processo italiano Open Arms in difesa dei diritti umani. Eppure Meloni due giorni fa ha solidarizzato con Salvini contro la magistratura. Capite bene il cortocircuito potenziale e reale che si potrà innescare.

Meloni e Fitto hanno vinto, forse meglio dire pareggiato, ma la loro non sarà una navigazione facile. A margine del consiglio dei ministri la premier ha condiviso con i presenti i motivi della sua soddisfazione. Le deleghe ottenute “confermano la centralità dell’Italia in ambito europeo e riconoscono il ruolo e il peso dell’Italia”.

Sulla delega dimezzata sul Pnrr, la premier ha scelto di precisare che Fitto avrà il compito di “garantire che l’Ue continui a supportare riforme e investimenti di lunga durata che contribuiscano direttamente a rafforzare la crescita europea”.

Nel cluster di Fitto, le competenze e i Commissari che avrà sotto di lui nella sua squadra, ci sono dossier chiave per l’Italia come agricoltura, trasporti e turismo, pesca e blu economy che sono “fondamentali – ha assicurato la premier – soprattutto per il sud”.

Il sondaggio vede l’AfD ancora in vantaggio sull’SPD (spiegel.de)

Elezioni statali nel Brandeburgo

Secondo un nuovo sondaggio, domenica si profila 
un testa a testa tra AfD e SPD nelle elezioni 
statali del Brandeburgo. 

La stragrande maggioranza vorrebbe che il socialdemocratico Woidke rimanesse primo ministro.

Poco prima delle elezioni statali di domenica, nel Brandeburgo sta emergendo un testa a testa per la maggioranza. Con il 28 per cento, l’AfD è solo poco più avanti dell’SPD con il 27 per cento, secondo il Politbarometro Extra della ZDF. Questo ha ridotto il divario rispetto al sondaggio condotto dall’Elections Research Group il 13 settembre: all’epoca, la differenza tra i due partiti era ancora di 3 punti percentuali.

La CDU si attesta al 14 per cento nel nuovo sondaggio. Diversi piccoli partiti devono temere per il loro rientro nel parlamento statale: i Verdi arrivano al 4,5 per cento, il Partito della Sinistra al 4 per cento, BVB/Liberi Elettori al 3,5 per cento. Sono quindi al di sotto dell’ostacolo del cinque per cento. Tuttavia, a causa di una clausola, è possibile entrare in parlamento con almeno un mandato diretto, anche se non si raggiunge la soglia del cinque per cento.

BSW sarebbe a doppia cifra anche nel Brandeburgo

La Sahra Wagenknecht Alliance (BSW) è al 13% da fermo. Gli altri partiti insieme si attestano al 6 per cento. Il possibile potenziale risiede ancora nel 27% degli intervistati che, secondo il sondaggio, non è ancora sicuro se e per chi voterà.

Il primo ministro Dietmar Woidke (SPD) attualmente governa con una coalizione di SPD, CDU e Verdi. Secondo i dati dell’indagine ZDF, non sarebbe sufficiente per un governo di SPD e CDU, quindi la BSW potrebbe entrare in gioco come partner di coalizione. I vecchi partiti escludono la cooperazione con l’AfD. Tuttavia, la possibilità di mandati diretti potrebbe aprire ulteriori opzioni di coalizione.

La maggioranza vuole Woidke come primo ministro

Se l’AfD vincerà le elezioni statali, Woidke vorrà dimettersi da primo ministro. Allo stesso tempo, secondo il sondaggio, è il chiaro favorito per la carica: il 59 per cento degli intervistati preferirebbe Woidke come primo ministro. Questo lo pone molto più avanti del candidato principale dell’AfD, Hans-Christoph Berndt, per il quale ha votato il 16 per cento.

Per il sondaggio rappresentativo, l’Elections Research Group ha intervistato 1.118 elettori aventi diritto nel Brandeburgo mercoledì e giovedì di questa settimana.

I risultati confermano il trend che l’istituto Infratest dimap aveva già individuato una settimana fa. Nella “Tendenza Brandeburghese”, l’AfD era anche appena davanti all’SPD con un punto percentuale. Tuttavia, i sondaggi devono essere interpretati con cautela: il calo della fedeltà al partito e i cambiamenti di opinione a breve termine possono portare a risultati diversi alle urne. ROG/DPA