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Liste di proscrizione: i pro-Palestina tornano in piazza

Nazisti Rossi

I partecipanti, alcune centinaia, hanno dedicato un minuto di silenzio “a tutti i martiri” e ad Hassan Nasrallah, ucciso a Beirut la notte scorsa

Il partito dei Carc in piazza nella manifestazione per la Palestina espone cartelli tratti dalle liste di proscrizione del (nuovo) Partito Comunista Italiano. Slogan contro la Nato. Compare anche la bandiera di Hezbollah

Immagine gallery

Il ritorno delle manifestazioni di piazza per la Palestina dopo lo stop d’agosto ha portato in strada solo un manipolo di persone. Dati ufficiali riferiscono che a Milano si sono presentati in circa 300 al grido di “Palestina libera“, partendo da piazzale Loreto e percorrendo la via Padova. Tra loro, in mezzo alle bandiere dei Carc, anche Gabriele Rubini, ex Chef Rubio. A seguire il corteo una decina di carabinieri in tenuta antisommossa. Presenti in corteo anche gli attivisti di Osa e di Cambiare Rotta, oltre alle sigle ben conosciute. La manifestazione si è svolta a poche ore dalla conferma dell’uccisione del leader di HezbollahHassan Nasrallah.

Alcuni manifestanti hanno srotolato uno striscione riportante la scritta “Cacciare il governo Meloni complice dei sionisti“, firmato dal partito dei Carc. Un cartello che fa seguito ai proclami del (nuovo) Partito comunista, che in uno degli ultimi manifesti pubblicati online hanno sostenuto che “bisogna rovesciare il governo Meloni rendendo ingovernabile il paese fino a imporre un governo d’emergenza espressione degli organismi operai e popolari e del resto delle masse organizzate“. Un governo di “blocco popolare” che “deve essere l’obiettivo cosciente di ogni esponente del movimento comunista cosciente e organizzato, di ogni avanguardia di lotta, di ogni organismo che vuole farla finita con il governo Meloni“.

Con questo cartello si conferma la sinergia tra il nPci e i Carc, che nasce da lontano. Nello spezzone dei Carc è stata anche sventolata la bandiera di Hezobollah mentre uno dei manifestanti ha dichiarato a gran voce: “La Nato è un’alleanza criminale“.

Sempre nello spezzone dei Carc sono stati esposti dei cartelli che riprendono parte delle liste di proscrizione pubblicate dal (nuovo) Partito comunista italiano, che sta allestendo un elenco di nomi che a loro giudizio sono “collaboratori” dei sionisti e devono per questo essere messi sotto pressione. Ed è proprio in uno degli ultimi manifesti che hanno scritto: “Dobbiamo alzare di tono e di livello la mobilitazione in corso attraverso le forme più disparate di attivismo e solidarietà con il popolo palestinese, usando la lista di agenti dell’Entità sionista e di loro collaboratori“.

(ANSA/PAOLO SALMOIRAGO)

Nel corteo sono stati portati, con tanto di timbro di “agenti sionisti” e alcune citazioni, i volti di: Riccardo Pacifici, John Elkann, Liliana Segre. O, almeno, questi sono quelli che si vedono in un video pubblicato da Rubini.

Il 7 ottobre non è stato un problema. È stata solo una risposta a 76 anni di colonialismo, di massacri, ha dichiarato Falastin Dawoud, figlia di un esponente di spicco dell’Associazione palestinesi in Italia, durante il suo intervento alla manifestazione.

«Solidarietà a Segre»

L’eurodeputata del Pd, Pina Picierno, ha espresso solidarietà a Liliana Segre, ricordando come la senatrice abbia vissuto sulla propria pelle la crudeltà dell’antisemitismo.

«Ancora una volta le piazze italiane sono protagoniste di un sabato dove l’antisemitismo la fa da padrone. Riprendendo la vergognosa lista di proscrizione fatta dai Carc e dal nuovo PCI, oggi sono state esposte, durante un corteo a Milano, foto di cittadini che hanno la sola colpa di essere ebrei marchiati con la scritta Agente sionista», dichiara.

«Come ottant’anni fa, come nei punti più bui della storia, riparte la caccia all’ebreo. La mia solidarietà a loro e in particolare alla senatrice Liliana Segre, che la crudeltà antisemita l’ha vissuta sulla propria pelle e con coraggio continua a lottare contro l’odio», conclude.

Sulla stessa linea interviene anche il direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano Davide Romano: «Siamo stufi di questa ennesima manifestazione di odio con annesse minacce personali». Condanna al gesto anche dal direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano .

Nazirock in massa a Verona, canzoni per Hitler e Priebke (lastampa.it)

di Andrea Palladino

I nostalgici di Hitler si radunano da tutta Europa 
nel veronese. 

Un concerto di gruppi con hit che inneggiano a Priebke e alle SS del bunker di Berlino. Il tutto nell’indifferenza generale

Il luogo esatto arriva sulle chat di Telegram solo qualche ora prima dell’evento. Fuori, sulla strada, la security del Veneto Fronte Skinheads filtra i partecipanti. Entri solo se invitato e conosciuto, la ricerca degli ospiti “indesiderati” è quasi maniacale. È l’evento simbolico forse più denso di significato per la rete neonazista Blood and Honour (B&H), la commemorazione della morte del fondatore, il cantante inglese Ian Stuart Donaldson.

Ogni anno cambia la location, per evitare proteste e giornalisti. Quest’anno i neonazisti – arrivati anche dal Nord Europa – si sono dati appuntamento a Sona, in provincia di Verona, nell’area di una azienda agricola. Il raduno dello scorso anno – organizzato a Ghedi, in provincia di Brescia, in una discoteca della città – vide la partecipazione di un migliaio di persone, arrivate anche dalla Germania. Luoghi privati, dove è molto difficile, se non invitati, poter documentare quello che avviene.

Basta però passare in rassegna i gruppi musicali invitati per capire immediatamente il mood. Nel manifesto postato su Telegram con il programma del concerto di ieri sera era annunciata la presenza dei Gesta Bellica, noti per una canzone dedicata al Boia delle Fosse Ardeatine Eric Priebke: “Lui non risponde alle vostre menzogne / Lui non si spiega non lo farà mai / La sua fedeltà è più forte del Fuoco / Liberate il capitano!” è il ritornello.

In un’altra canzone il gruppo inneggia ai neonazisti del Veneto Fronte Skinheads, gli organizzatori dell’evento dei Blood and Honour italiani: “Una croce ed un leone, una stirpe per una nazione / Una celtica ed un leone, una forza della loro unione / Una croce ed un leone per la memoria e la tradizione”.

Sempre nel loro repertorio c’è anche un inno alla difesa del bunker di Hitler nella battaglia di Berlino, un vero e proprio “mito” per la vasta galassia nera: “Mille camerati, venuti da tutta Europa / Sono qui con me, sacrificando la propria vita”. Il riferimento è alla Waffen-SS, la legione straniera del corpo di élite di Adolf Hitler.

Il network Blood and Honour (B&H) è nato all’interno della galassia neonazista inglese degli anni 80, inizialmente per la diffusione della musica di area e per l’organizzazione di concerti. Il fondatore, Ian Stuart Donaldson, era il leader indiscusso del gruppo. Blood and Honour, fin dalla fondazione, ha sempre avuto una forte matrice razzista e antisemita e un riferimento ideologico chiaro – e rivendicato – al nazionalsocialismo.

La creazione della sigla rappresentò una svolta a destra rispetto al National Front, ritenuto troppo morbido sul tema della discriminazione razziale. Dopo la morte di Donaldson, il controllo dell’organizzazione è stato preso da Combat 18 (il numero rappresenta la prima lettera dell’alfabeto, A, e l’ottava, H, acronimo di Adolf Hitler), il lato “militare” della rete neonazista.

In Italia B&H è stata fin dall’inizio rappresentata dal Veneto Fronte Skinheads, organizzazione da sempre tollerata. In altri paesi Blood and Honour è ritenuta eversiva ed è stata oggetto di provvedimenti di scioglimento. In Germania è stata messa la bando 24 anni fa, sulla scia di un allarme già all’epoca alto rispetto ai gruppi neonazisti.

Gli appuntamenti italiani – particolarmente frequenti nella zona di Verona – sono un punto di riferimento per molti militanti europei, soprattutto per i componenti delle band nazirock. I concerti sono ormai da anni lo strumento principale per la radicalizzazione dei giovanissimi. Gli eventi diventano spesso l’occasione per il rafforzamento dei legami internazionali, veri e propri network radicali. Non è facilissimo capire l’estensione di queste organizzazioni in Europa e in Italia.

Nel nostro Paese sui social sono attivi quasi un centinaio di militanti, molti dei quali con un ruolo attivo all’interno dell’organizzazione, anche a livello internazionale. Esistono circoli aperti senza grandi problemi, come quello del movimento “Dodici raggi” di Arzate, dove sul bancone del bar appare una svastica in ferro. Diversi locali – come pub e piccoli ristoranti – sono conosciuti come punti di ritrovo della sezione italiana di B&H. In Italia è presente anche l’ala più dura, militare, i Combat 18.

Sono stati messi fuorilegge in Germania nel 2003 e in Inghilterra nel 2000. Scotland Yard e il servizio segreto interno MI5 all’inizio degli anni 2000 colpirono il gruppo con più di 100 arresti, perquisendo e chiudendo quattordici sedi in tutto il Paese. Secondo le indagini inglesi C18 era legato alle azioni illegali e violente di molti gruppi hooligans.

L’organizzazione del concerto di ieri sera in provincia di Verona sembra non aver preoccupato più di tanto le autorità italiane. Alcune fonti istituzionali consultate dalla Stampa hanno definito l’evento come “uno dei tanti organizzati in questa area”.

Un basso profilo era stato mantenuto anche lo scorso anno, quando il concerto/raduno neonazista aveva visto la partecipazione di più di mille militanti, molti dei quali arrivati dalla Germania.

Nessuna pattuglia, salvo un’auto in borghese, sorvegliava il posto.

Chiusa la campagna elettorale in Austria: estrema destra avanti nei sondaggi (euronews.com)

di Euronews Agenzie:  AP, EBU

Elezioni

I sondaggi mostrano il Partito della Libertà di estrema destra (Freiheitliche Partei Österreich) in testa, con una previsione di oltre il 28% in quella che potrebbe essere la loro prima vittoria elettorale, ma trovare partner di coalizione potrebbe essere difficile

La maggior parte dei partiti politici austriaci ha tenuto gli ultimi comizi elettorali in vista delle elezioni parlamentari di domenica.

I sondaggi mostrano il Partito della Libertà dell’Austria (Freiheitliche Partei Österreich) di estrema destra in testa, con una previsione di oltre il 28% in quella che potrebbe essere la sua prima vittoria elettorale.

Parlando a un comizio nel centro di Vienna, il leader del partito Herbert Kickl ha chiesto una “remigrazione” su larga scala degli immigrati irregolari.

“Non è accettabile che dobbiamo proteggere il nostro popolo da chi viene qui in cerca di protezione. Allora c’è qualcosa che non va nel sistema. Ed è per questo che abbiamo finalmente bisogno della remigrazione. Non so nemmeno perché questa parola sia così malvagia”, ha detto Kickl davanti ai sostenitori acclamanti. Per remigrazione si intende l’espulsione forzata o le deportazioni di massa di immigrati irregolari.

Nella sua politica ha promosso una strategia “Austria first”, affermando che il suo obiettivo non è quello di “salvare il mondo intero”. Kickl, ex ministro dell’Interno e stratega della campagna elettorale di lunga data, alla guida del Partito della Libertà dal 2021, punta alla poltrona di cancelliere, ma se il suo partito non riuscisse a ottenere la maggioranza assoluta, trovare partner di coalizione potrebbe essere difficile.

I partiti austriaci temono l’avanzata dell’estrema destra

Al secondo posto, con circa il 24%, c’è il Partito Popolare Austriaco (Österreichische Volkspartei), liberal-conservatore, guidato dal cancelliere in carica Karl Nehammer. Durante il suo comizio elettorale di venerdì, Nehammer ha lanciato un avvertimento agli elettori preoccupati dalla prospettiva di una vittoria del Partito della Libertà.

“Ogni voto, ad esempio per un piccolo partito, comporta il rischio che Herbert Kickl diventi cancelliere”, ha dichiarato. “Questo significa che chi vuole evitare che ciò accada ha un’unica opzione, ovvero votare per Karl Nehammer”, ha aggiunto.

Nehammer ha escluso di entrare in coalizione con Kickl, che si è attirato critiche dopo aver usato il termine “Volkskanzler”, o cancelliere del popolo, usato dai nazisti per descrivere Adolf Hitler.

“Ho detto chiaramente con chi non è possibile formare un governo responsabile e valido. L’attuale leader dell’FPÖ (Partito della Libertà dell’Austria) non soddisfa questi criteri. Per questo l’ho escluso”, ha dichiarato.

I socialdemocratici e gli altri partiti minori

Il Partito Socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Österreichs), guidato da Andreas Babler, è al terzo posto e dovrebbe ottenere circa il 20% dei voti. Gli ultimi comizi della campagna elettorale in vista del voto di domenica dovrebbero tenersi sabato. Completano la top five NEOS, i Verdi e il partito BIER.

Il NEOS è nato una decina di anni fa dalla fusione con il Forum liberale e ha fatto una campagna elettorale con la promessa di assumere 20mila nuovi insegnanti, ridurre gli oneri fiscali per i cittadini e aumentare la trasparenza politica.

La leader del partito Beate Meinl-Resinger ha dichiarato che le persone di tutte le età sono entusiaste delle proposte del suo partito. “Voglio che guardiamo avanti, che guardiamo al futuro e che creiamo di nuovo ottimismo e fiducia in Austria, per dire che le cose andranno meglio e che c’è un futuro migliore di oggi”, ha detto.

A pari merito con NEOS nei sondaggi ci sono i Verdi (Die Grünen), guidati da Werner Kogler, che ricopre anche la carica di vice-cancelliere. Durante il comizio elettorale del suo partito, venerdì, ha elogiato i risultati ottenuti dai Verdi come partito minore della coalizione di governo. “Quando mai c’è stata una squadra di governo così forte da parte di un gruppo parlamentare in questa Repubblica? Ma ora, naturalmente, si tratta del futuro”, ha detto ai sostenitori a Vienna.

Gli errori e le omissioni nella “arringa social” di Matteo Salvini sul caso Open Arms (open.online)

di David Puente

FACT-CHECKING

Cosa ha detto Matteo Salvini nel suo video e cosa c’è scritto nella requisitoria della Procura di Palermo

Il 14 settembre, il pm di Palermo ha richiesto sei anni di reclusione per Matteo Salvini nel caso Open Arms del 2019. Il Ministro delle Infrastrutture, che all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di Ministro dell’Interno, ha reagito con un video diffuso sui social in cui si è dichiarato «colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani». Tuttavia, il suo intervento contiene diverse inesattezze e omissioni sull’intera vicenda.

Ciò che Salvini dice e non dice

Matteo Salvini sostiene di essere «sotto processo e a rischio carcere perché in Parlamento la sinistra ha deciso che difendere i confini italiani è un reato». Questa dichiarazione contiene già due informazioni fuorvianti e due omissioni riguardo al suo caso.

La prima omissione e informazione fuorviante

L’omissione riguarda i veri reati per i quali Matteo Salvini è accusato, ossia sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito, nel 2019, lo sbarco di 147 migranti dalla Open Arms a Lampedusa. Pertanto, risulta fuorviante affermare che sia accusato di aver “difeso i confini italiani”.

I reati contestati non hanno nulla a che fare con la tutela dei confini del nostro Paese. Inoltre, non vi erano (e non vi sono tuttora) elementi per considerare pericoloso per il nostro Paese lo sbarco della Open Arms e dei 147 migranti a Lampedusa.

La seconda omissione e informazione fuorviante

La seconda dichiarazione fuorviante riguarda l’accusa alla “sinistra”, facendo intendere che quest’ultima lo abbia già in qualche modo condannato o lo voglia far condannare. Per spiegare meglio questo punto, bisogna evidenziare la seconda omissione di Matteo Salvini. Nel video, infatti, non menziona mai il Tribunale dei Ministri, l’unico organo competente a giudicare i reati contestati ai ministri.

È stato proprio il questo Tribunale a richiedere l’autorizzazione al Parlamento per procedere contro l’allora Ministro dell’Interno. Inoltre, è solo questo organo a poter stabilire la colpevolezza o l’innocenza di Salvini. L’autorizzazione a procedere è stata concessa anche grazie al voto del Movimento 5 Stelle, che all’epoca era alleato della Lega nel governo Conte I.

Una terza omissione e informazione fuorviante

Nel video, Salvini sostiene di aver soccorso malati, donne incinte e minori. Tuttavia, secondo i fatti e le stesse dichiarazioni critiche di Salvini, i minori sono stati fatti sbarcare solo il 18 agosto 2019.

Come riportato da Open il 17 agosto 2019, fu Giuseppe Conte a chiedere al suo vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno di permettere lo sbarco dei minori. Ecco la risposta di Matteo Salvini, dove metteva in dubbio l’età dei migranti: «Avendo già rimesso in precedenza a Te, in ragione delle tue funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento che l’ordinamento attribuisce al Presidente del Consiglio, la valutazione dell’adozione di provvedimenti anche in difformità del mio orientamento, prendo atto che disponi che vengano sbarcati i (presunti) minori attualmente a bordo della nave Open Arms».

Dati e date sbagliate

In merito alla narrazione su Open Arms, Matteo Salvini riporta un dato scorretto sul numero delle persone a bordo, sostenendo che vi fossero «164 clandestini». Tuttavia, secondo la requisitoria della Procura di Palermo nel caso Open Arms, si parla di «147 migranti».

A differenza di Salvini, vengono definiti migranti e non clandestini. Quest’ultimo termine è utilizzato impropriamente per indicare i migranti irregolari, che potrebbero ottenere lo status di richiedenti asilo una volta presentata la richiesta giungendo nel territorio italiano.

Un altro errore commesso da Salvini riguarda la data di arrivo della Open Arms in prossimità delle coste italiane. Secondo il Ministro, l’imbarcazione sarebbe arrivata «davanti alle coste siciliane» il 20 agosto 2019. In realtà, come riportato nella requisitoria della Procura di Palermo, la Open Arms era giunta «in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 e il 15 agosto 2019».

Le accuse a Open Arms e il viaggio in Spagna

Salvini sostiene che «per più di 20 giorni di navigazione nel Mediterraneo» la Open Arms avrebbe “trattenuto” «a bordo tutti questi clandestini, quando per raggiungere la Spagna sarebbero bastate 72 ore». Inoltre, afferma che l’organizzazione avrebbe «rifiutato per ben due volte lo sbarco dei clandestini in due porti messi a disposizione dalla Spagna» e avrebbe «rifiutato addirittura il soccorso di una nave militare inviata dal governo spagnolo».

Secondo Open Arms, non c’erano le condizioni per dirigersi verso la Spagna. Della stessa opinione era il comandante della marina Gregorio De Falco, come riportato nella requisitoria: «a fronte della sua esperienza, all’udienza del 15 settembre 2023 ha riferito che la Open Arms, in quelle condizioni, non era in grado di navigare ulteriormente e che “non avrebbe avuto senso giuridico, logico, umano, mandarli in Spagna”».

Nella requisitoria vengono riportate le parole del capitano della Guardia di Finanza Edoardo Anedda, riprese durante l’udienza del 17 dicembre 2021: «…il primo Pos proposto fu il porto di Algeciras, che si trova, diciamo, oltre lo stretto di Gibilterra, in Spagna, chiaramente il più lontano possibile, spagnolo, dalla posizione in cui si trovava la Open Arms e sicuramente in quelle condizioni era una distanza troppo lunga da percorrere, tant’è che successivamente la Spagna, evidentemente a seguito di alcune interlocuzioni anche a livello centrale, propose poi il porto di Mahon, quindi di Minorca, che è il porto più vicino, spagnolo, rispetto alla posizione in cui si trovava la Open Arms, però allo stesso modo, insomma, stiamo parlando di distanze piuttosto importanti, soprattutto considerato che, se non erro, il porto spagnolo fu individuato in data 18 agosto, fu proposto in data 18 agosto 2019, quindi stiamo parlando sempre di migranti, per i migranti soccorsi l’1 agosto, cioè dopo 18 giorni, quindi dopo 18 giorni intraprendere un ulteriore viaggio che sarebbe stato di almeno altri sette giorni, insomma, non … a mio avviso non c’erano le condizioni per farlo, in sicurezza».