La frociaggine è finita quando anche i busoni hanno cominciato a piazzare i congiunti (linkiesta.it)

di

L’avvelenata

Mutatis mutandis

La profezia di Checco Zalone si è avverata: gli omosessuali sono tali e quali a noi. La prossima battaglia culturale sarà quella di non usare parole a casaccio come pederasta, sentiment o radical chic

Nessuno sa chi abbia detto la battuta più adatta a commentare la questione-Giuli. Se la guglate, vi esce un mio vecchio articolo che con gran sicumera la attribuisce a Beppe Grillo (ma figuriamoci), e uno di Michele Serra che in modo più dubitativo dice che potrebbe essere di Lenny Bruce (già più probabile).

La battuta parla apparentemente d’altro, rispetto al caso-Giuli, caso che procedo a riassumervi casomai in questi giorni foste impegnati a rileggere Proust (quel pederasta, cit. di chat). Alessandro Giuli arriva al ministero della Cultura a sostituire Sangiuliano, e nomina un suo capo di gabinetto, tal Francesco Spano, che le persone normali non avevano mai sentito nominare e gli analfabeti avevano visto criticato dal varietà “Le iene”, che a quanto leggo nel 2017 aveva deciso fosse uno dei cattivi (una garanzia).

Quando Spano si dimette, noialtri normali – noi che per informarci non ci affidiamo ai varietà coi balletti né a programmi senza balletti ma sempre con inviati la cui idea di giornalismo è sputtanare la gente – apprendiamo innanzitutto due cose: in una chat di governo gli hanno dato del «pederasta»; e Spano avrebbe dato al marito (all’unito civilmente) un incarico al Maxxi.

Sull’esistenza di un ossimoro quale «chat di governo» già mi ero espressa e poi ci torniamo; anche su «pederasta» poi ci torniamo, ma sul marito che appena si sistema trova lavoro anche a te io penso immediatamente a quella battuta che chissà di chi era.

La battuta faceva così: il razzismo sarà finito quando si potrà dire che un negro è uno stronzo. Possiamo dunque dire che la frociaggine (cit. papale) è finita quando anche i busoni hanno cominciato a piazzare i congiunti, realizzando la profezia di Checco Zalone: sono tali e quali a noi, noi normali.

Quando mi hanno detto di «pederasta» ho – io ottimista, io sognatrice, io che vivo in un mondo in cui le parole si usano per quel che significano – chiesto se stessero dicendo che andava coi ragazzini. No, mi hanno detto, è che usano parole degli anni Cinquanta. Ah, dicono «pederasta» per dire «busone», non per dire «pedofilo»: ma tu pensa che sciatteria, chi se la sarebbe mai aspettata.

Michele Serra è rimasto colpito dal fatto che, per giustificare l’epiteto, il tizio che l’ha usato avesse detto d’aver riportato il «sentiment» della base. «Mettere nella stessa frase “pederasta” e “sentiment” è quasi un capolavoro: fotografa un’anima arcaica, incallita nei suoi pregiudizi, dentro un involucro finto-moderno, che dicendo “sentiment” invece di opinione si sente in regola con la neolingua dell’aziendalismo e della pubblicità», ha scritto. Io non sono così convinta.

Io temo che dicano «pederasta» e «sentiment» con la stessa noncuranza con cui dicono «sdoganato» di cose mai state ferme in dogana, o «radical chic» di insegnanti di lettere col mutuo; con la sciatteria con cui parlano una lingua a orecchio della cui offensività ci si preoccupa per le ragioni sbagliate: io sono a favore dell’offendere, ma volontariamente.

Gli abitanti di questo secolo usano le parole talmente a casaccio che quando qualcuno s’offende poi trasecolano, non l’avevano fatto apposta, si scusano sinceramente sorpresi dal fatto che le parole significhino cose precise: loro mica ci hanno messo l’intenzione, è solo che non riescono a fare con cura niente, parlano con la distrazione con cui il chirurgo ti lascia le garze nella pancia e il barista ti fa un cappuccino imbevibile.

Hanno il feticcio della laurea, i dottorati in bio, i genitori che li hanno mantenuti fino a quarant’anni acciocché potessero avere titoli di studio da incorniciare in salotto, ma poi quando Alessandro Giuli dice quattro frasi da studenti di filosofia ridono come tredicenni imbarazzati e dicono «supercazzola». Pietro Germi, scusali, tu che li avevi capiti da prima, tu che li avevi pittati così bene da illuderli di stare dalla loro parte. (Io intanto scuso preventivamente tutti quelli che riterranno di notificarmi che “Amici miei” era di Monicelli).

Naturalmente questa destra serve soprattutto ad alimentare la brutta televisione, compito che alla sinistra di questo disastrato secolo riesce chissà perché assai peggio. Quindi un fiorire di talk su Giuli col capo di gabinetto gay che forse ha piazzato il marito (a quanto capisco si sarebbe limitato a rinnovargli un contratto già in essere da molti anni, ma un po’ mi piange il cuore a privarlo della credenziale che lo rendeva tale e quali a noi, noi italiani etero che piazziamo i parenti).

“Report” promette grandi rivelazioni tra cui «un nuovo caso Boccia» per la prossima puntata («un nuovo caso Boccia» è il nuovo «accattatevill’»), e a me viene in mente quella volta che un americano mi disse che il programma di John Oliver lo guardi pensando «che bravi» finché non parlano di un tema che conosci, e quella è in genere la puntata di fronte alla quale ti chiedi come hai potuto finora credere a questa pecionata (come si dice «pecionata» in inglese, si chiederanno i miei piccoli lettori). «Ah, è il vostro “Report”», avevo risposto io, e lui non aveva capito.

L’altra sera, in quello zoo di vetro intitolato “Otto e mezzo”, si parlava dell’omofobia di quelli che a destra avevano voluto le dimissioni di Spano. In rappresentanza di Facebook – «Non mi aspettavo il successo che questo post ha avuto» – Annalisa Terranova, in rappresentanza di Instagram Andrea Scanzi, in rappresentanza della chat del 25 aprile Massimo Giannini, e in rappresentanza di Provita, unico dei quattro social di cui nessuno sappia il numero degli iscritti, Jacopo Coghe.

«Lei s’immagini, mutatis mutandis», dice Coghe, e a me manca tantissimo Germi («mutatis mutandis» non viene liquidato come supercazzola: tecnicamente lo sarebbe – è un riempitivo sonoro, non aggiunge nulla – ma il latino è un crampo dell’intelletto così diffuso che pare normale).

Centinaia di migliaia di associati, giurava Coghe, sembrando il pubblico di “Ok, il prezzo è giusto” quando urlava «Cento, cento, cento», non riuscendo poi a fornire un numero preciso. Gruber insisteva, ma lui niente, e francamente non capisco perché: gli iscritti di Provita sono come gli streaming di Netflix, puoi millantare qualunque enormità, tanto come ti smentisco?

Non si può trasformare il primo partito d’Italia in un partito confessionale, ammoniva la Terranova, e io sognavo un paese migliore, un secolo migliore, un parterre migliore in cui ci fosse qualcuno di abbastanza spiritoso da rispondere «Certo, mica siamo Israele».

Tutti (tranne Coghe) stigmatizzavano l’uso retrivo di «pederasta», e io pensavo a Tony Blair, che un mese fa ha detto ad Aldo Cazzullo «mi colpisce la disinvoltura con cui oggi molti leader usano Whatsapp, Telegram, Signal e varie piattaforme per comunicare».

L’occidente è finito il giorno in cui, per essere acclamato come statista di vaglia e gigante del pensiero e dell’azione, è bastato capire che forse non era il caso di dire cose istituzionali nelle varie chat dei Finzi Giannini.

(Stanley Dai)

Creatori di contenuti, trollate e analfabetismo digitale (butac.it)

di 

Siamo stati taggati sotto a un post di un profilo X con un seguito di oltre diecimila follower, che riporta un video accompagnato da questo testo:

Abituato a imporre i propri costumi nella metropolitana, un giovane riceve un calcio da un buon patriota francese. Razzismo o meritato?

E, come nel caso del bambino rapito dalla Tesla e portato nel deserto, siamo di fronte a un classico caso di utente della rete che non ha le capacità necessarie per distinguere tra fiction e realtà.

Sia chiaro, vista la mole di video come questi – che solitamente vengono diffusi da creator che hanno compreso quanto le piattaforme diano loro visibilità a contenuti del genere – comprendiamo benissimo come si faccia fatica a distinguere, ed è proprio per questo motivo che vi invitiamo a non condividere a meno che non siate certi al 100% delle informazioni che state contribuendo a far circolare, il rischio è farci immani figuracce e indignarvi per un contenuto fasullo, creato apposta per generare quel tipo di viralità, oppure usarlo come argomentazione per sostenere le vostre posizioni su argomenti controversi, dimostrando di non potervi basare su fatti verificati.

Nel caso specifico siamo di fronte a una celebrità del web belga, Mr Boris Becker (nome d’arte di Bule Mbelu), così noto da avere anche una pagina WikipediaSi tratta di un ballerino e creatore di contenuti che su Instagram ha 2,6 milioni di follower, su TikTok un milione, su YouTube oltre 800mila.

Casi come questo sono la perfetta dimostrazione di quanto sia facile cadere vittime di contenuti costruiti ad arte per alimentare viralità e indignazione e contribuire al disordine informativo.

La capacità di distinguere tra realtà e finzione è sempre più messa alla prova dalla rete di oggi, sia a causa di chi sfrutta le piattaforme social per diffondere falsità a fini di visibilità, sia da chi sta platealmente trollando.

Non crediamo sia necessario aggiungere altro.

Ucraina, Usa, Taiwan. Quei contatti segreti tra Elon Musk e Putin (ildubbio.news)

di Alessandro Fioroni

Il Wall Street Journal rivela che il patron di 
SpaceX avrebbe oscurato il suo  Starlink 
sull’isola per favorire Xi Jinping

Che il super multi miliardario Elon Musk, proprietario di Tesla, SpaceX e X, sia un personaggio contraddittorio e dai tratti sulfurei non è un mistero.

La sua influenza ormai ha abbondantemente travalicato il mondo del business tecnologico e si estende anche su tutto lo scacchiere internazionale comprese le aree di crisi e i suoi risvolti geopolitici.

I suoi rapporti e il sostegno a Donald Trump sono acclarati e ora sono le rivelazioni del quotidiano statunitense Wall Street Journal a gettare una nuova luce, ancora più inquietante se possibile, sul tycoon sudafricano naturalizzato statunitense.

Secondo le fonti investigative del Journal, che cita diversi funzionari ed ex funzionari statunitensi, europei e russi, Musk sarebbe in contatto continuo da almeno due anni con Putin. I colloqui sarebbero continuati quest’anno, proprio quando Musk ha iniziato a intensificare le sue critiche al sostegno militare degli Stati Uniti all’Ucraina ed è stato attivamente coinvolto nella campagna elettorale del candidato repubblicano ed ex presidente che è sempre stato ondivago sull’appoggio a Kiev.

Nell’ottobre 2022, Musk ha anche iniziato a twittare una serie di punti di discussione del Cremlino sulla guerra, che ha presentato come un piano di pace, ma ha scatenato una forte opposizione da parte degli alti funzionari ucraini, nonché dello stesso presidente Volodymyr Zelenskyy. Le conversazioni tra l’imprenditore e il presidente russo dunque avrebbero riguardato non solo questioni personali e affari ma anche le tensioni geopolitiche.

Le fonti interpellate dal giornale finanziario statunitense hanno rivelato alcuni accadimenti come quello che avrebbe visto Putin chiedere a Musk di non attivare il suo servizio Internet satellitare Starlink su Taiwan come favore, per interposta persona al presidente cinese Xi Jinping.

Ma esiste una circostanza che mostrerebbe tutta la spregiudicatezza del proprietario di X, perché l’accesso al suo servizio di tecnologie satellitari è stato fornito gratuitamente all’Ucraina dopo che Putin ha lanciato la sua invasione su vasta scala nel febbraio 2022.

Poi deve essere mutato qualcosa negli intendimenti di Musk, Starlink infatti è stato salutato come uno strumento importante per la capacità dell’Ucraina di combattere contro le forze russe, ma le relazioni tra il magnate tecnologico e le autorità ucraine si sono raffreddate pian piano nel corso della guerra e Musk ha smesso di finanziare i terminali per l’Ucraina e ha persino limitato l’uso di Starlink da parte delle sue forze armate per controllare i droni.

Contemporaneamente sarebbero iniziati i colloqui con il capo del Cremlino. Fino ad arrivare all’inizio di quest’anno quando i rapporti dell’intelligence militare ucraina hanno affermato che il servizio satellitare di Musk veniva addirittura utilizzato dall’esercito russo per individuare le postazioni dei militari di Kiev.

Lo scoop del WSJ arriva in un momento critico della campagna elettorale degli Stati Uniti, con il potere dell’uomo d’affari che, attraverso la sua piattaforma di social network e le sue società tecnologiche come SpaceX, gode di contratti governativi e autorizzazioni di sicurezza di alto livello per le informazioni classificate della Casa Bianca.

Pochi giorni fa, nel corso di un evento elettorale a sostegno di Trump in Pennsylvania, Musk ha menzionato le sue credenziali per l’accesso a informazioni governative riservate: «Ho un’autorizzazione top secret, ma devo dire che come per la maggior parte delle cose di cui sono a conoscenza la ragione per cui le tengono segrete è che sono estremamente noiose». Ma è più che legittimo che i rapporti con Putin, se dimostrati, metterebbero in seria crisi la politica Usa e i suoi alleati.

Per il momento una reazione è arrivata direttamente da Mosca con il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, secondo il quale l’unica comunicazione del Cremlino con Musk è stata una telefonata in cui si e discusso di solo di spazio, così come di tecnologie attuali e future, il tutto in modo generico. Mosca dunque afferma che si tratta di informazioni assolutamente false, quelle pubblicate sul giornale americano. Musk invece non ha ancora reagito alle notizie e nemmeno alle richieste di commento da parte del Wall Street Journal.

Due anni di governo Meloni tra dati e narrativa (lavoce.inf)

di  e 

Due anni di governo Meloni: quali i risultati 
davvero raggiunti? 

Passiamo in rassegna il documento pubblicato dal governo in occasione dei due anni dal suo insediamento. Analizziamo e contestualizziamo le affermazioni del governo in tema di lavoro, economia, migrazioni, Pnrr, sanità e fisco.

Il documento sui due anni di governo Meloni

Sono passati due anni dall’insediamento del governo di Giorgia Meloni: era infatti il 22 ottobre 2022 quando la presidente del Consiglio e i ministri del suo esecutivo hanno giurato di fronte al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e sono ufficialmente entrati in carica.

La sera del 21 ottobre 2024 sul sito del governo è stato caricato un documento dettagliato che ha celebrato i successi raggiunti in questo arco di tempo. In certi casi l’esecutivo si è intestato risultati che poco hanno a che vedere con la sua azione, ma che sono più legati a tendenze economiche internazionali e più di lungo periodo, come il record degli occupati e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il Pil sempre più in crescita e il successo nelle esportazioni, la riduzione dell’inflazione.

Il documento rivendica poi i risultati ottenuti nel contrasto all’immigrazione clandestina, la riforma per un sistema fiscale efficiente, i finanziamenti sempre più consistenti alla sanità e il primato per gli obiettivi raggiunti nel Pnrr.

Quanto di tutto questo è vero e quanto, invece, non lo è o lo è solo in parte?

I dati sul lavoro

La slide che il governo chiama «Una Repubblica fondata sul lavoro» riporta che ad agosto 2024 è stato raggiunto sia il record degli occupati, oltre 24 milioni, che quello del tasso di occupazione, al 62,3 per cento.

I dati sono sì corretti, ma necessitano di alcune contestualizzazioni. La prima è di carattere generale: benché in linea generale sia stimolabile dai governi tramite varie leve, il mercato del lavoro risponde a logiche proprie. Una su tutte il buon andamento dell’economia degli ultimi anni, che poco ha a che fare con l’azione del governo, ma che è legato più alla ripresa post-pandemia.

Ci sono poi alcune precisazioni da fare sui dati: la crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, rappresenta un dato indubbiamente positivo per l’economia italiana.

Nonostante ciò, risulta necessario collocare tale aumento in un contesto più ampio, in cui il mercato del lavoro italiano ha visto diminuire il numero totale dei disoccupati (-5,6 per cento, pari a -97mila unità), ma al tempo stesso ha anche riscontrato una crescita del numero totale degli inattivi (+0,6 per cento, pari a +68mila unità), ossia coloro che non cercano lavoro.

Lo si vede anche dai dati di agosto 2024, gli stessi usati nel documento del governo, da cui emerge che rispetto allo stesso mese del 2023 è diminuito il numero di persone in cerca di lavoro (-18,3 per cento, pari a -355mila unità), mentre è cresciuto quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,9 per cento, pari a +106 mila).

Questa discrepanza fra il dato sugli occupati e le condizioni reali del mercato del lavoro italiano è osservabile anche se si sposta l’attenzione sul fronte femminile. Infatti, il documento del governo parla di come l’Italia sia andata «oltre il tetto di cristallo», metafora che descrive una situazione in cui una persona, all’interno di un’azienda o di una società, trova ostacoli nel progredire nella carriera, in questo caso legate al genere.

Anche qui i dati riportati non sono sbagliati: il tasso di occupazione femminile è salito al 53,5 per cento, con 10 milioni di donne occupate, un livello mai raggiunto finora. Tuttavia, come nel caso precedente, il dato va inserito in un contesto più ampio: nonostante il tasso di occupazione femminile abbia raggiunto dei massimi storici, tale valore si colloca sempre molto al di sotto della media europea, pari al 70,8 per cento, ed è più basso rispetto a quello di altri paesi del sud Europa come la Spagna (66,5 per cento) e la Grecia (60, 1 per cento). Inoltre, seppur il dato comunicato dal governo rappresenti un miglioramento, il tasso di inattività delle donne resta ancora estremamente alto: pari al 42,6 per cento a livello nazionale, contro un 24,3 per cento degli uomini.

Se, infine, ci concentriamo sulle differenze a livello geografico, il report fa leva su come l’occupazione al Sud sia cresciuta più della media nazionale, rendendolo la «locomotiva d’Italia». I dati Istat confermano una crescita del tasso di occupazione al Sud più alto rispetto al resto del paese; tuttavia, gli squilibri territoriali rimangono forti (20 punti percentuali tra Nord e Sud). Il tasso di occupazione, nel secondo trimestre del 2024, nel Mezzogiorno era del 49,3 per cento, mentre al Centro e Nord Italia era rispettivamente del 67,2 e del 69,8 per cento.

«Un’Italia più solida e prospera»

«Il prodotto interno lordo italiano del 2023 è più alto della media europea» si legge nel documento. I dati Eurostat lo confermano: nel 2023 l’Italia è preceduta solo da Germania e Francia per valore di Pil aggregato.  Inoltre, il tasso di crescita del Pil italiano nel quarto trimestre del 2023 è stato dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,6 rispetto al quarto trimestre del 2022. Sia per l’Eurozona sia per l’Unione europea i tassi sono più bassi.

Tuttavia, un dato più utile per valutare la “prosperità” italiana dovrebbe essere il Pil reale pro capite, che fornisce una misura del tenore di vita registrato in media nel paese. In questo caso, è evidente come il valore per l’Italia (28.880 euro pro capite) sia più basso rispetto alla media dell’Unione europea (29.280 euro pro capite).

Nel documento si legge poi che l’Italia ha raggiunto un saldo commerciale positivo nel 2023. Il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale conferma il dato e riporta un avanzo di 34,5 miliardi di euro, rispetto al saldo negativo di 34 miliardi del 2022.

Tuttavia, l’Italia non è quarta a livello mondiale come scritto: secondo i dati World Bank (del 2022) era ottava nel mondo; secondo quelli della World Trade Organization del 2023 era sesta.

Infine, secondo il report del governo l’inflazione in Italia è al di sotto di quella dei paesi dell’Eurozona e dati Eurostat di settembre 2024 lo confermano: l’Italia ha registrato un tasso tendenziale dello 0,7 per cento, più alto solo di quello di Irlanda, Lituania e Slovenia e ben al di sotto della media dell’Eurozona dell’1,7 per cento.

Del calo dell’inflazione il governo si è vantato praticamente da quando è entrato in carica, anche grazie a iniziative di controllo dei prezzi, come il cosiddetto “trimestre anti-inflazione”.

Contrasto agli sbarchi in Italia: e l’Europa?

Un altro punto su cui il governo di Giorgia Meloni ha sempre fatto leva è quello del contrasto all’immigrazione clandestina, in cooperazione con l’Europa. Nel report si fa luce su come sulle coste italiane si sia registrato «- 61 per cento di sbarchi tra il 1° gennaio 2024 e il 21 ottobre 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, e – 30 per cento rispetto allo stesso periodo 2022». I dati riportati sono corretti.

La questione però merita un approfondimento ulteriore: il problema dei flussi irregolari non riguarda solo l’Italia, ma l’Unione europea nel suo complesso; Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen più volte si sono riunite per discutere delle politiche migratorie e di come trovare intese con i paesi africani da cui partono gli scafi.

A questo punto, se ampliamo l’analisi al contesto europeo, è bene notare, come riporta Frontex, che per una diminuzione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale e sulla rotta balcanica (che interessano l’Italia) c’è stato un aumento degli sbarchi nel Mediterraneo orientale (Grecia, +57 per cento tra il 1° gennaio e il 31 luglio rispetto allo stesso periodo del 2023) e occidentale (Spagna + 153 per cento).

Quindi, l’Italia sicuramente ha visto diminuire gli sbarchi clandestini, che però si sono solo diretti verso altre coste, cosicché il problema appare tutt’altro che risolto.

Italia prima per raggiungimento degli obiettivi Pnrr

Il documento mette in evidenza un altro dato di cui negli anni si è parlato moltissimo: quello delle risorse ricevute dall’Europa attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il governo afferma che l’Italia, con 113,5 miliardi di euro ricevuti finora, è prima in Europa per obiettivi raggiunti e per stato di avanzamento.

Tuttavia, l’affermazione è fuorviante: l’Italia è sì la prima per numero di obiettivi raggiunti, ma in termini assoluti e non in termini percentuali. In altre parole, anche se l’Italia ha raggiunto il maggior numero complessivo di traguardi e obiettivi, ciò dipende dal fatto che ne ha negoziati un numero più elevato rispetto ad altri paesi.

Poiché ogni stato ha un numero diverso di obiettivi (milestones e target) stabiliti, è più corretto valutare la percentuale di quelli effettivamente raggiunti in rapporto agli obiettivi totali di ciascun paese, anziché considerare i numeri assoluti. Se procediamo così, l’Italia si classifica al terzo posto per percentuale di obiettivi raggiunti, superata da Francia e Danimarca.

In più, gran parte degli obiettivi raggiunti finora riguarda bandi, approvazioni e stanziamenti, dunque poco di effettivamente concreto: gran parte dei progetti è previsto nel biennio 2025-2026, quando si capirà effettivamente la capacità di realizzazione del Piano.

Più risorse per la sanità

Spostiamo ora l’attenzione su un altro tema molto discusso: i numeri della spesa sanitaria pubblica. Secondo il documento, siamo di fronte a stanziamenti «record» per il Fondo sanitario nazionale, cioè quel fondo tramite cui lo stato finanzia il servizio sanitario: vale 128,9 miliardi nel 2023, in termini nominali, previsto in crescita anche per il 2024 e il 2025.

Nel Documento programmatico di bilancio, inoltre, il governo prevede una spesa sanitaria complessiva al 6,3 per cento del Pil sia nel 2024 che nel 2025, un livello abbastanza in linea coi dati di prima della pandemia, se non più basso: dunque non è un record.

«Un fisco equo ed efficiente»

Nel report viene specificato come il livello di entrate tributarie nel periodo tra gennaio e agosto 2024 sia aumentato di 36,6 miliardi di euro, corrispondente a un +10,6 per cento. Tuttavia, i dati non coincidono con quelli indicati nel comunicato del ministero dell’Economia e delle Finanze di agosto 2024: lì si riporta in maniera chiara che le entrate tributarie sono aumentate di 25,5 miliardi di euro – e non di 36,6 miliardi – rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, che corrisponde a un tasso del 6,9 per cento e non del 10,6 per cento rispetto al dato precedente del 2023.

Una variazione del 10,6 per cento compare nel report del Mef di febbraio 2024, relativo al periodo gennaio-febbraio, ma non coincide con il lasso temporale che viene riportato nel comunicato del governo. È però generalmente vero che negli ultimi anni le entrate sono state molto migliori del previsto: anche in questo caso però c’entra il buon andamento dell’economia (come per esempio, l’effetto generato dal fiscal drag).

Un altro punto non pienamente corretto riguarda l’abolizione del redditometro, lo strumento di accertamento del reddito che consente al fisco la determinazione indiretta del reddito complessivo del contribuente, basandosi sulla sua capacità di spesa.

All’atto pratico, lo si utilizza per valutare la congruità tra il reddito dichiarato dai contribuenti e il loro tenore di vita. La frase inserita nel comunicato del governo è ambigua, in quanto lascia intendere che con un decreto ministeriale lo strumento del redditometro sia stato abolito, quando in realtà non è così.

Con un atto del 23 maggio 2024, il Mef ha rinviato l’entrata in vigore di un nuovo decreto (emanato il 7 maggio 2024), con il quale il governo avrebbe introdotto nuove leggi per poter applicare nuovamente il redditometro. Il decreto che introduce di fatto il redditometro risale al 1973, ed è stato poi modificato nel 2010 (anno in cui tutti e tre i partiti che compongono l’attuale maggioranza facevano parte della coalizione del governo Berlusconi IV).

Nel complesso, quindi, ciò che si può affermare è che molti dei dati riportati dal comunicato in occasione dei due anni di governo non sono sbagliati di per sé, ma sono spesso non contestualizzati e dunque fuorvianti.

Se la politica fa un movimento strano (corriere.it)

di Aldo Grasso

Padiglione Italia

La farsa volge in tragedia.

A Beppe Grillo — il Fondatore, l’Elevato, il Manlevato — è stato dato il benservito: Giuseppe Conte lo ha licenziato nel salotto di Bruno Vespa, come fosse un peso morto, un fastidioso lascito del passato. Lo ha colpito e affondato nel suo punto più debole: togliendogli le palanche.

Una giusta nemesi storica nei confronti di chi invocava un processo di Norimberga per tutti i partiti, di chi, invece, ci ha lasciato un partito non diverso da tutti gli altri e ora si riduce a minacciare una «tremenda vendetta?»

Può darsi, intanto al suo posto si è insediato «l’avvocato del popolo» che sta patrocinando soprattutto sé stesso, la sua carriera, le sue mire politiche. Con la disinvoltura del neofita ha accelerato il processo di disfacimento del «Movimento», trincerandosi dietro ambiziosi propositi: ora il M5S è un partito al servizio di un temerario, di un epigono mosso da immobili furori.

Conte è sfuggente e camaleontico, funambolico ed equilibrista, si posiziona speculando sulle incertezze degli altri, in particolare del Pd di Elly Schlein. Per questo in Italia non esiste un’opposizione efficace.

Le avventure in politica dell’ex comico hanno suscitato molte ironie, ma ora il riso ha lasciato il posto all’imbarazzo.

La farsa ci diverte, la tragedia ci coinvolge.