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Ecco come funziona la propaganda putiniana in Italia (e chi la finanzia) (linkiesta.it)

di

Dalla Russia con disonore

La campagna di affissioni «La Russia non è il mio nemico» in giro per le città italiane è solo l’ultimo tassello di una complessa rete che il Cremlino ha pianificato nel nostro Paese per modificare l’orientamento dell’opinione pubblica.

Primo di tre articoli

Non c’è una strategia lineare, non c’è un unico canale di approvvigionamento e soprattutto non c’è un esecutore unico ma una galassia di sigle, piccoli gruppi formali e informali, consolati onorari, ex deputati, consiglieri regionali, giornalisti, influencer e analisti dietro all’imponente propaganda putiniana in Italia.

Quello che da molti anni il nostro Paese vive e che si è acutizzato dall’invasione estesa dell’Ucraina è frutto dell’applicazione delle cosiddette «misure attive». Lo spiega a Linkiesta, un ex diplomatico russo che per anni ha lavorato a Roma e ora si occupa di protezione dei dissidenti nei Paesi del Baltico: «Le misure attive sono una serie di operazioni riservate che hanno lo scopo di rovesciare e sovvertire un Paese e la sua opinione pubblica, sono di difficile individuazione perché coinvolgono tanti piani diversi tra di loro, con soggetti lontani ma che sono unificati da uno scopo unico. Per esempio sul caso dei manifesti propagandistici questo è molto chiaro».

E ripercorrendo l’inizio di questa vicenda troviamo molti protagonisti che da almeno due anni e mezzo sono il perno di questa modalità operativa. Ad esempio il primo evento in cui il manifesto della campagna “La Russia non è il mio nemico” fa capolino è il 1 giugno di quest’anno, in occasione della conferenza sulla figura di Marco Polo promossa, tra le altre, da due entità finanziate direttamente dal Cremlino, il Movimento Russofilo Internazionale e l’Associazione Veneto Russia capitanata da Palmarino Zoccatelli.

Il Movimento è stata fondato a Mosca nel 2023 alla presenza del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, della sua portavoce Maria Zakharova, dell’oligarca-filantropo Konstantin Malofeev e il leader del movimento russofilo bulgaro Nikolai Malinov. Il movimento essendo finanziato da Malofeev è sottoposto a sanzioni, ma come racconta la nostra fonte «grazie alle matrioske associative e a un giro di soldi contanti e sponsorizzazioni di azienda in odore di sanzioni, il movimento anche in Italia fa girare molti soldi».

Aziende come la Albrigi Tecnologie che è sponsor ufficiale dell’associazione Veneto Russia di Zoccatelli, che fatturava all’ombra del Cremlino milioni di euro e che ora cerca di dare sostegno alla campagna contro le sanzioni. «Spesso le operazioni di finanziamento sono svolte direttamente dalle aziende che hanno ancora interessi in Russia o da privati che hanno partite di giro.

Ma la fonte madre è sempre in via Gaeta, lì esiste una rete, anzi una ragnatela di associazioni, fondazioni, enti caritatevoli i cui nomi sono facilmente reperibili. Per esempio, il Rossotrudnichestvo, l’Istituto russo di scienza e cultura, uno degli istituti che è finanziato dall’ambasciata, con centinaia di migliaia di euro all’anno, a Roma il suo responsabile Oleg Ossipov è una sorta di bancomat per tutti i filoputiniani, fuori dalla sede c’era quasi la fila.

E poi sua figlia è stata assunta al Senato, capite, al Senato della Repubblica italiana».

Il riferimento è a Irina Ossipova, assunta dopo regolare concorso presso la seconda istituzione italiana; sul caso ci furono molte polemiche.

Ma come funziona, esattamente la redistribuzione delle risorse tra la galassia putiana in Italia? Dalle carte che abbiamo visionato in esclusiva si comprende la presenza di una struttura concentrica dove l’Ambasciata russa finanzia i suoi centri di cultura, le associazioni, i consolati, insomma le strutture ufficiali che provvedono a smistare a loro volta ad altre associazioni o privati cittadini somme di denaro variabili che servono per mantenere le strutture putiniane, fare convegni, lanciare campagne come quella dei 6×3.

«Questo schema è universale e difficilmente tracciabile, anche se è possibile con pazienza –dice l’ex funzionario – i soldi sono dati sotto forma di gettoni di presenza. I finanziamenti a questi enti ufficiali che danno il via a tutto il circolo di finanziamento di solito erano effettuati tramite bonifici, ma dopo l’invasione del 2022 si è tornato al vecchio metodo dei borsoni. Da qualche tempo però hanno sposato anche metodi diversi».

I metodi di cui parla la nostra fonte sono messi in evidenza anche dalle dichiarazioni di questi giorni dei responsabili della campagna romana di affissioni e vanno dalla cosiddetta colletta fino al metodo hawala ovvero il prestito d’onore.

Potendo contare su una rete imprenditoriale molto vasta, garantita anche dai numerosi uffici dei consoli onorari su tutto il territorio nazionale, che a loro volta hanno nel corso del tempo aperto associazioni tra imprese, una delle tecniche più usate di finanziamento consiste nel versamento di piccole società, cooperative o professionisti, che vengono rifondate successivamente da commesse parallele maggiorate della parte investita.

E poi c’è la rete, Telegram e le criptovalute, un universo di cui si avvalgono soprattutto i propagandisti travestiti da giornalisti.

(1. continua)

I baby boomer fanno la differenziata, i loro figli (giovani ed ecologisti) no (ilfoglio.it)

di Antonio Pascale

Ecologia mancata

Secondo un sondaggio britannico, i cittadini fra i 60 e i 78 anni sono molto più attenti al riciclo rispetto alla Gen Z, la cui spiccata sensibilità ambientale rimane solo teorica.

Ma per risolvere la questione ecologica servono obiettivi concreti e compromessi, specialmente nelle grandi città

Nel Regno Unito, l’azienda DS Smith ha commissionato un sondaggio per capire cosa pensano i cittadini della raccolta differenziataIl risultato è che, soprattutto fra i giovanissimi, differenziare e riciclare stanca. Per la precisione, l’Inghilterra è l’unico posto del Regno Unito che non mostra miglioramenti nella gestione dei rifiuti.

Non solo nel 2022 ha mantenuto un tasso di riciclaggio del 43,4 per cento, ma appunto – dice il sondaggio – i ragazzi sotto i 27 anni non spiccano nella buona pratica. Al contrario dei baby boomer, cioè dei cittadini compresi tra i 60 e i 78 anni, che invece sanno come gestire bottiglie di cartone, carta e plastica. La generazione Z teoricamente è molto sensibile all’ambiente, da questa generazione vengono fuori avanguardie che portano avanti mozioni che riguardano la sensibilità animale.

Nella pratica, però, questa generazione si stressa quando si tratta di buttare le bottiglie di plastica nell’apposito contenitore. Uno può fare ironia sui giovani, così sensibili ma così teorici. Che sì, parlano con ardore e passione, ma di cose astratte  e poi si rivelano mancanti nell’agire pratico. Qualche animo spartano può rimproverare i giovani ricordando il famoso speech dell’ammiraglio William McRaven agli studenti universitari del Texas: “Se volete cambiare il mondo cominciate col rifarvi il letto”.

Un discorso virale, milioni e milioni di visualizzazioni, ma che al sottoscritto fa un po’ paura. Il fatto è che alla fine giovani e anziani, tutti noi siamo legati alla questione energetica. Voglio dire che anche per riciclare correttamente ci vuole impegno, conoscenza perfetta dei materiali, e tanto tempo a disposizione. Energia, insomma.

Prendete a mo’ di esempio un caso un po’ estremo: quello di Kamikatsu. Un comune di 2.042 abitanti che a partire da qualche anno ha imposto per legge la raccolta differenziata “rifiuti zero spaccato”. Va bene, è un paese giapponese immerso nel verde, si può capire, ma hanno abolito il servizio pubblico di raccolta.

Questo vuol dire che i rifiuti organici devono essere selezionati in casa e ogni famiglia deve produrre compost da utilizzare nel proprio giardino. Tutto il resto dei rifiuti va portato all’isola ecologica, ma attenzione, dopo aver tolto le etichette dalle bottiglie, lavato e asciugato ogni rifiuto, smontati gli “oggetti” così da riporre i differenti materiali in trentaquattro diversi contenitori. C’è il cassonetto per le sole penne biro, per i rasoi multiuso, per i lacci delle scarpe, le chiusure lampo, eccetera.

Ora, in un caso siffatto, anche io che sono della generazione baby boomer e sono ossessionato dai materiali, io che pratico la raccolta differenziata prima ancora che ci fosse la raccolta differenziata, mi sentirei il protagonista di un racconto di Kafka, uno che imbarca in un’impresa che mai vedrà la fine.

La questione ecologica è veramente importante e tanto andrebbe fatto. Dobbiamo però porci obiettivi concreti, accettare dei compromessi tra il riciclo perfetto in un piccolo paese e quello che può avvenire in una megalopoli, con etnie diverse e culture varie.

Ci vorrebbero delle euristiche che ci aiutassero a gestire la questione ecologica, altrimenti un po’ l’ansia per il cambiamento climatico, un po’ il lavoro per smaltire decine di materiali di cui è composto un oggetto, alla fine praticheremmo tutti meditazione trascendentale per prepararci ad affrontare il quotidiano stress ecologico.

Poi, presi come siamo dal nostro benessere personale, finiremmo per buttare tutto nel primo cestino che vediamo.