Estrema destra tedesca Il grande abbaglio (corriere.it)

di Milena Gabanelli e Mara Gergolet

Nella Germania Est, dominata dal comunismo 
sovietico fino al crollo del Muro, quasi un 
cittadino su tre ha scelto il partito di estrema 
destra Alternative für Deutschland (AfD). 

Alle domande dei giornalisti, i «portavoce» del partito rispondono: «È scritto nel programma».

Siamo andati a vedere, in dettaglio, cosa c’è dentro. L’AfD propone un programma che può sembrare attraente per molti elettori, soprattutto chi è preoccupato per il benessere delle «persone normali» come dicono loro. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela contraddizioni che minacciano i principi fondamentali della Costituzione tedesca e, se applicate, andrebbero a peggiorare anche le condizioni della fascia sociale ed economica a cui appartengono proprio gli elettori della AfD.

La remigrazione di massa

Secondo tutti gli istituti di sondaggio il tema dei migranti è quello che più ha fatto guadagnare consensi all’AfD. Il caso che ha acceso l’attenzione sui loro «piani» estremi è stata una riunione segreta tenuta nel novembre 2023 nel Wannsee, la località dove fu decisa la «Soluzione finale» degli ebrei. Il piano discusso alla presenza di esponenti AfD, ma mai diffuso pubblicamente — e svelato dal collettivo di giornalismo investigativo Correctiv — prevede la «remigrazione» di 2 milioni di persone non sufficientemente «integrate».

Tra queste anche migranti con passaporto tedesco e i loro figli nati in Germania. L’obiettivo dichiarato è di mantenere la «purezza culturale» e alleggerire il carico sul sistema sociale. La «remigrazione» — termine inventato dall’austriaco Martin Sellner — in modi così radicali non figura nel programma ufficiale, ma la parola sì. Le espulsioni devono essere di massa, dicono i leader AfD che chiedono di «abolire il diritto individuale all’asilo» e sostituirlo con una generica «garanzia costituzionale di una legge sull’asilo».

Ma come si attua questo piano? Chi va a prendere queste centinaia di migliaia di persone? Per mandarle dove? Cosa succede ai loro beni, si confiscano? Di questo, la gran parte dei tedeschi ha orrore solo a sentirne parlare, perché rievoca la memoria del nazismo.

Per portarli dove?

Ora, nessun Paese europeo ha tanti rifugiati come la Germania: 3,48 milioni, di cui 1,24 milioni dall’Ucraina. È stata la celebre decisione di Angela Merkel, nell’estate 2015, di non respingere chi premeva ai confini a permettere questi arrivi dai Paesi in guerra. Oggi in Germania vivono 972 mila siriani, 418 mila afghani, 281 mila iracheni. Nel 2024 hanno chiesto asilo altri 104.561 siriani e 53.582 afghani. Ovviamente, rimandare a casa chi fugge dalla guerra non è permesso dalla legge tedesca.

Inoltre per espellere le persone occorre che un altro Paese accetti i rimpatri. Berlino ha intese con Georgia, Macedonia del Nord, Albania, Moldavia, Serbia, Uzbekistan, Marocco, Colombia. Sono in corso trattative con il Kenya, il Kirghizistan e le Filippine. È vero che adesso il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha varato la linea dura (più rimpatri e controlli ai confini Ue), ma è una faccenda estremamente complicata.

Per espellere 28 afghani, condannati per plurimi reati il 30 agosto, Berlino ha negoziato per mesi con i talebani attraverso il Qatar. E stiamo parlando di 28 persone. Una procedura che si sta dimostrando impraticabile perfino in Europa, dove l’accordo di Dublino obbliga i richiedenti asilo a presentare domanda nel primo Paese d’approdo, anche se invece spesso si spostano altrove, in genere verso Nord.

Ebbene, l’Italia da 2 anni non accetta i «dublinanti» dalla Germania: dei 21 mila che ci dovremmo riprendere, secondo il Viminale nel 2023-24 ne abbiamo accettati 13. In sostanza quello che l’AfD propaga non è praticabile.

Le proposte sociali ed economiche

Nel suo programma l’AfD mette in risalto le idee economiche di base. L’obiettivo è la «Germania sovrana», e propone un referendum sull’euro, «noi consigliamo l’abrogazione» . Fine delle sanzioni alla Russia e un miglioramento delle relazioni con Putin. No all’esercito europeo.

Sul clima sono negazionisti: «La politica di protezione del clima del governo federale si basa su modelli climatici ipotetici finora non provati». Più soldi alle famiglie tradizionali, e quindi prestiti senza interessi per comprare casa a chi ha figli, e riduzione del debito per ogni nuovo figlio.

Sostegno alla «classe media» tagliando le tasse: meno scaglioni e una fascia di esenzione totale più alta. Sulle grandi aziende dell’automobile in crisi, dove fra dipendenti e indotto migliaia di lavoratori rischiano il posto, nemmeno una parola. Ma la politica economica AfD è così peculiare che vale la pena di guardarla meglio.

Il paradosso

Come mostrano numerosi studi, a partire da quello di Marcel Fratzscher dell’autorevole Istituto Tedesco per la Ricerca Economica (DIW) — che analizza le proposte di tutti i partiti in Parlamento su 38 temi diversi —, le persone che più sostengono l’AfD sono quelle che subirebbero maggiormente le conseguenze negative delle sue politiche economiche, con perdita di posti di lavoro e servizi.

Per capire di più bisogna considerare il bacino elettorale, classificato negli studi per reddito e livello di istruzione come basso o medio-basso. Ebbene il programma AfD, come dimostra Fratzscher, promuove una politica economica e finanziaria «estremamente neoliberale», più di tutti gli altri partiti. In quasi tutti i campi Alternative für Deutschland vuole i tagli fiscali: riduzione delle imposte di successione, no a un prelievo extra sui grandi patrimoni, e abolizione del «contributo di solidarietà».

Si tratta di un’imposta progressiva che si applica ai redditi alti, fino a un massimo del 5,5% per quelli più elevati, e destinata proprio allo sviluppo dei Land dell’Est — dove l’AfD è votata al 30%! Via tutto, dice l’AfD. Che vuole la riduzione delle tutele per chi è in affitto e, nel 2021, si è opposta all’aumento del salario minimo a 12 euro. Propone poi di ridurre il sussidio sociale. Dagli studi della Familien Unternehmer emerge che molti elettori AfD provengono o lavorano per le imprese familiari — più che da tutte le altre categorie. Il programma ufficiale AfD è per l’abolizione dell’euro.

Però non spiega quali sarebbero i vantaggi del ritorno al marco per le innumerevoli aziende familiari integrate nelle catene del valore europee e globali. La politica commerciale dell’AfD, che punta su isolamento e autarchia, in realtà spezzerebbe la spina dorsale della Germania, nazione esportatrice per eccellenza. E a pagare più di altri le conseguenze dell’indebolimento della Ue, dei tagli fiscali per i ricchi, della riduzione del welfare, sarebbe proprio la fascia sociale più bassa.

L’abbaglio collettivo

Come è possibile allora che un terzo delle persone all’Est e un quinto dei tedeschi — in maggioranza nelle fasce sociali e economiche medio-basse — appoggi qualcosa che li svantaggia? Evidentemente i leader dell’AfD sono riusciti a convincere i loro elettori che la marginalizzazione degli stranieri, un ritorno al nazionalismo e la fine della globalizzazione porterà a loro lavori migliori, più sicurezza, più chance.

Un giornalista della Zeit, Nils Markwardt, ha coniato una nuova parola: «Relazioni di accecamento». Si tratta, dice Markwardt, nella migliore delle ipotesi di una percezione distorta della realtà, nel peggiore di adesione a teorie del complotto estreme, in cui i soggetti si vedono come vittime della politica e della società, autodefinendosi però come maggioranza.

SE LA MEMORIA E’ UNA CARTOLINA SBIADITA (corriere.it)

di Aldo Grasso

Padiglione Italia

L’orrore dei regimi totalitari quasi svaniti in un oblio colpevole

(Carc – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo)

Cartelli in Italia contro Liliana Segre, additata come «agente sionista», in Austria Herbert Kickl vince le elezioni e si definisce «cancelliere del popolo», appellativo un tempo usato per definire Adolf Hitler, in Germania è boom dell’estrema destra: l’AfD vince le elezioni regionali in Turingia e avanza anche in Sassonia.

Cosa sta succedendo? Svaniti nel nulla i documenti scritti e visivi, le drammatiche testimonianze dei sopravvissuti, i «mai più», le gite scolastiche ad Auschwitz?

Nell’arco di due generazioni, l’orrore del nazifascismo, dei totalitarismi in genere, è solo una cartolina sbiadita, un voltare le spalle alla brutalità di un male che non può essere redento, ma solo guardato nella sua atrocità.

Se Antonio Tajani dice che «i rigurgiti neonazisti vanno respinti», Matteo Salvini gli rinfaccia di «aver mangiato pesante» e, nel frattempo, invita oggi a Pontida tutti i «patrioti» del sovranismo.

Parole come dittatura, regime, nazionalismo sono state sostituite da sinonimi più blandi e non rappresentano più un tabù.

Il rapporto fra memoria e oblio è uno dei nessi più inestricabili e complessi che la storia della cultura abbia tramandato: nelle teche, tutto sembra parlare a favore delle testimonianze ma spesso l’oblio si ribella e trasforma nell’arco di due generazioni il retaggio etico della memoria in dimenticanza.

(Carc – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo)