Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in maniera efficiente e a svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consensi sottostanti. I cookie categorizzatati come “Necessari” vengono memorizzati sul tuo browser in quanto essenziali per consentire le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivi

I cookie necessari sono fondamentali per le funzioni di base del sito Web e il sito Web non funzionerà nel modo previsto senza di essi. Questi cookie non memorizzano dati identificativi personali.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie funzionali aiutano a svolgere determinate funzionalità come la condivisione del contenuto del sito Web su piattaforme di social media, la raccolta di feedback e altre funzionalità di terze parti.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie analitici vengono utilizzati per comprendere come i visitatori interagiscono con il sito Web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche di numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici di prestazione chiave del sito Web che aiutano a fornire ai visitatori un'esperienza utente migliore.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci pubblicitari personalizzati in base alle pagine visitate in precedenza e per analizzare l'efficacia della campagna pubblicitaria.

Nessun cookie da visualizzare.

Fin dove arriva la responsabilità delle piattaforme (lavoce.info)

di  

Si possono conciliare libertà di espressione ed 
esigenze di privacy degli utenti con una 
regolamentazione dei contenuti pubblicati 
sulle piattaforme social? 

Ecco cosa ci insegnano in proposito l’arresto di Pavel Durov e il blocco di X-Twitter in Brasile.

Tra esigenze di privacy e notizie di reati

Nessuno dovrebbe stupirsi del fatto che negli ultimi anni – al crescere della rilevanza economica, politica e sociale dei social media – si sia parimenti fatto più intenso il dibattito pubblico sulle responsabilità dei soggetti che possiedono e gestiscono tali piattaforme.

Prescindendo in maniera decisa dall’illusione ideologica secondo cui il problema non riguarda i mass media tradizionali (giornali, radio e televisioni), un primo ordine di preoccupazioni a proposito dei social media come Facebook, Instagram, X/Twitter, LinkedIn e TikTok, insieme con le messaggistiche come Whatsapp e Telegram, riguarda il rischio di diffusione di fake news, che potrebbero avere effetti negativi rilevanti sulle scelte individuali (un esempio eclatante: cure “alternative” spacciate per efficaci per patologie gravi come quelle oncologiche) e sulle scelte collettive (quali informazioni ricevono gli elettori durante le campagne elettorali?).

Qualora poi reati gravi avvengano sfruttando i canali comunicativi costituiti dai social network, si pone un evidente problema relativo al conflitto – non più potenziale ma reale – tra le esigenze di privacy dei soggetti che usano i social network e le app di messaggistica da un lato, e gli obblighi di comunicazione alle autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza dei diversi paesi in capo a chi gestisce le piattaforme e riceva notizie di questi reati.

L’arresto di Durov

Per quanto concerne il secondo tema, è vicenda che risale allo scorso agosto l’arresto a Parigi di Pavel Durov, fondatore di Telegram nel 2013 insieme al fratello Nikolaj. Durov è stato poi rilasciato dietro pagamento di una sostanziosa cauzione, ma resta sottoposto all’obbligo di soggiornare in Francia in attesa del processo.

Il fondatore di Telegram è accusato di dodici capi di imputazione, connessi essenzialmente al rifiuto di collaborare con la polizia francese in un’indagine sull’utilizzo di Telegram per compiere abusi sessuali su minori.

Nel contempo, la Commissione europea sta verificando se Durov abbia altresì violato il Digital Services Act (Dsa) fornendo numeri falsi sugli utenti di Telegram al fine di evitare la soglia dei 45 milioni che comporterebbe adempimenti maggiori da parte della sua piattaforma.

La necessità di trovare un compromesso tra le due esigenze (privacy degli utenti e cooperazione con le autorità di un paese in caso di reati) sembra relativamente gestibile in una tipologia di casi simili a questo: in particolare, è difficile credere a tutele assolute della privacy di fronte a reati come l’abuso su minori e lo stesso principio dovrebbe applicarsi quando social network e app di messaggistica vengono usati per scopi terroristici.

D’altro canto, la questione diventa profondamente più complicata quando – come nel problema dei tre corpi in astronomia – alle due tematiche confliggenti della privacy e della prevenzione o repressione di comportamenti criminali si aggiunge il terzo tema relativo alle intenzioni dei governi che agiscono contro i social network.

Quale giudizio formulare quando un governo autocratico mette sotto pressione i social network al fine di non avere ostacoli nel reprimere ogni forma di opposizione, cioè per ottenere informazioni rilevanti su chi fa resistenza al regime attraverso le piattaforme social?

Così come nello studio dell’economia pubblica – grazie al contributo essenziale della scuola della public choice di James Buchanan e Gordon Tullock – si è abbandonata l’idea, per taluni consolatoria, secondo cui l’intervento pubblico nell’economia è sempre deciso e amministrato da soggetti benevolenti, in maniera simile qui si dovrebbe abbandonare la valutazione assolutistica secondo cui i social network debbano necessariamente “inchinarsi” alle autorità politiche in quanto portatrici di un disegno necessariamente benevolente teso alla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.

Twitter bloccato in Brasile

Sotto questo profilo, un secondo episodio piuttosto rilevante è quello che ha riguardato, sempre nel mese di agosto, il social network X-Twitter, che è stato bloccato in Brasile dal giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes, a motivo della diffusione di contenuti ritenuti disinformativi e dell’assenza di un legale rappresentante di X-Twitter nel territorio brasiliano.

Chiunque utilizzi la piattaforma ha potuto verificare quanto aggressivamente Elon Musk, il suo proprietario, abbia contro-attaccato la figura del giudice de Moraes, perfino paragonandolo al malefico Voldemort della saga di Harry Potter. Sospendendo il giudizio su chi sia il cattivo in questa vicenda giudiziaria, dal punto di vista concreto va rilevato come i due contendenti siano poi arrivati a un accordo, nella forma della nomina di un legale rappresentante di X in Brasile e dell’eliminazione di contenuti disinformativi, a cui è seguita l’8 ottobre la riattivazione di X nel paese.

Come evolveranno tali questioni nel futuro? La mia opinione è che resteranno largamente delusi coloro i quali ideologicamente “tifano” per una delle due posizioni estreme, cioè una deresponsabilizzazione totale dei proprietari di social network sulla base della loro presunta neutralità e della tutela assoluta della privacy degli utenti, oppure dall’altro lato una regolamentazione statale estesa e intrusiva sui contenuti pubblicati, a danno della libertà degli utenti, i quali – sia detto senza ironia – potrebbero avere persino il diritto di leggersi le fake news.

Anche tenendo conto della dialettica politica e mediatica tra le forze in campo – come nel caso di X-Twitter in Brasile –, ritengo probabile il raggiungimento di un compromesso che è esattamente basato sull’idea che tutte le esigenze poste in campo sono legittime ma confliggenti, e dunque nessuna prevarrà in maniera assolutistica fino a cancellare le altre.

Non è forse questo il ruolo della politica?

(Nick Fancher)

No comment

L'intervento dal Ministro alla Buchmesse

“Posso dire che siamo qui per riaffermare la centralità di quel che si può chiamare pensiero solare, il punto d’incontro tra la rigidità delle ideologie, della battaglia delle idee, che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo”

“Quella luce in cui la nostra filosofia del limite rende compatibili e feconde le parole Giustizia e Libertà”. 

Il reato universale vista New York Times: “Italia paese nero dei diritti” (ildubbio.news)

di Francesca Spasiano

Il quotidiano statunitense dedica la sua apertura 
alla nuova legge sulla maternità surrogata. 

E analizza la mossa di Meloni per “accontentare la base”

Su un angusto volo Ryanair non possiamo far a meno di notare che la passeggera seduta di fianco sta consultando un po’ sbigottita i titoli di giornale prima del decollo. Ancora più confusa, vediamo la stessa cercare su Wikipedia il significato di “maternità surrogata”.

E così immaginiamo lo stupore dei molti, che prima di sentirlo diventare un reato universale, ignoravano il significato della pratica denominata “gestazione per altri” (Gpa). Oppure, per i detrattori, “utero in affitto”.

Da oggi non si potrà più far finta di nulla. Perché l’Italia in questo è assolutamente pioniera: è il primo paese a rendere la surrogata un crimine punibile per il cittadino italiano anche se commesso all’estero (qui spieghiamo in che modo).

Già illegale in Italia da 20 anni, come previsto dalla legge 40 del 2004, ora la Gpa diventa dunque un crimine internazionale. E di fatti se ne è accorto anche il New York Times, che a differenza di alcuni giornali italiani dedica alla notizia la sua apertura.

La nuova legge approvata ieri dal Senato ha ottenuto il via libera tra le accese proteste delle opposizioni. Che con le dovute differenze, tra chi è favorevole e contrario alla pratica in quanto tale, bolla la norma come una “legge manifesto” frutto del “furore ideologico” della destra. Che l’ha fortemente voluta, a cominciare da Giorgia Meloni, che l’aveva già presentata nella scorsa legislatura.

La stessa premier che, una volta incassata la legge, plaude a all’approvazione di un provvedimento che definisce “una norma di buonsenso contro la mercificazione del corpo femminile e dei bambini”. 

Il New York Times, invece, non la vede tanto così. “La legge si rivolge anche a un numero relativamente piccolo di famiglie in un paese che già lotta con un basso tasso di natalità. La maggior parte delle coppie italiane che usano la maternità surrogata sono ritenute eterosessuali, e possono anche essere influenzati negativamente dalla legge, dicono gli esperti del settore.

Ma poiché le coppie gay hanno bisogno di un terzo per avere figli, molti ritengono che la legge li renda particolarmente vulnerabil. Inoltre, solo le coppie eterosessuali possono adottare in Italia, il che significa che gli italiani gay hanno poche opzioni per iniziare una famiglia”.

E ancora: “Secondo gli analisti, questa legge rappresenta per Meloni un modo per affermare i propri ideali conservatori e fare appello alla sua base politica, che si oppone in modo sproporzionato alla maternità surrogata e all’adozione da parte delle coppie gay. L’Italia, sede del Vaticano, è già in basso nella classifica dell’Europa in quanto a diritti civili, e – secondo i critici italiani –  imponendo ulteriori restrizioni alle famiglie gay, Meloni ha preso una linea particolarmente dura”.

“Meloni, che ha le sue radici politiche in un partito post-fascista, ha sorpreso molti da quando ha assunto l’incarico allineandosi su posizioni atlantiste su alcune questioni chiave, come l’economia e il sostegno per l’Ucraina”, spiega il quotidiano. E dunque, inasprire le posizioni su temi come l’aborto e i diritti gay, sarebbe un modo per accontentare la propria base elettorale.

Un fatto “particolarmente allarmante” secondo i critici, scrive il Nyt, “in quanto l’Italia era già stata dietro la maggior parte dei paesi europei in termini di diritti Lgbt prima che il governo Meloni prendesse il potere. Insieme all’Ungheria e alla Repubblica Ceca, l’Italia è tra i pochi paesi dell’Unione europea a non riconoscere il matrimonio omosessuale”.

Finita qui? Più o meno. “In teoria, chiunque può segnalare una famiglia sospettata di aver avuto un figlio tramite surrogazione, aprendo la strada a possibili procedimenti penali. Tuttavia, gli esperti dicono che qualsiasi processo potrebbe innescare contestazioni costituzionali.

Inoltre, l’Italia si troverebbe di fronte alla prospettiva di cercare di perseguire persone per crimini commessi in un paese dove le loro azioni erano legali, creando potenzialmente tensioni diplomatiche”. Con quali paesi? Gli Stati Uniti, per dirne uno.

Cremona, radiato dall’Ordine dei medici l’odontoiatra no-vax Tiziano Talamazzi: il vaccino? “Un veleno” (rtl.it)

L'odontoiatra cremonese, noto per le sue posizioni 
no-vax, è stato sospeso dal suo lavoro. 

Il medico ha già avviato un ricorso contro la decisione

Tiziano Talamazzi, 70 anni, odontoiatra e medico con oltre 40 anni di carriera, è stato radiato dall’Ordine dei Medici per la sua posizione no-vax.

Dal momento in cui i vaccini sono stati sviluppati, Talamazzi esprimeva opinioni contro il farmaco anti-Covid, da lui definito “un veleno” per i pazienti.

La decisione è stata presa nella tarda serata di ieri, dopo una lunga riunione. Talamazzi si è presentato con tre avvocati per difendere la propria posizione, ma non ha rilasciato dichiarazioni dopo la sentenza, coprendosi il volto con la mano mentre usciva dalla sede dell’Ordine di Cremona.

Nonostante la radiazione, potrà continuare ad esercitare la professione fino a quando il provvedimento non sarà reso definitivo.

La teoria no-vax e i pazienti “danneggiati dal vaccino”

Talamazzi, specializzato anche in ematologia clinica, ha sostenuto pubblicamente che il vaccino anti-Covid causerebbe gravi danni agli organi come reni, testicoli e ovaie, oltre a trombosi, impotenza e aborti spontanei.

Secondo il medico, molti dei suoi pazienti avrebbero riportato danni proprio a causa del vaccino. Per questo motivo, offriva loro cure a base di integratori, al costo di 228 euro, sviluppati dal farmacista Mattia Testa, anch’egli sospeso dall’Ordine di Milano per le sue posizioni no-vax. Non è la prima volta che Talamazzi finisce sotto i riflettori per le sue controverse convinzioni.

Secondo indiscrezioni molti dei pazienti che seguivano le terapie a base di integratori proposte da Talamazzi avrebbero abbandonato i percorsi vaccinali ufficiali, fidandosi delle sue teorie no-vax.

Questo ha sollevato forti preoccupazioni tra gli esperti di sanità pubblica, in quanto la sua influenza su una parte della popolazione potrebbe aver contribuito a ridurre le coperture vaccinali nella zona di Cremona, aggravando i rischi legati alla pandemia.

La commissione disciplinare e il verdetto

“La commissione ha esaminato con attenzione e giudizio la posizione del dottor Talamazzi, rispettando il suo diritto alla difesa”, ha dichiarato Pietro Signorini, presidente della commissione disciplinare dell’Albo medici.

Durante l’inchiesta, i pareri degli esperti hanno smontato completamente le tesi del medico, definendole prive di alcun contenuto scientifico.

Nonostante la severità della sanzione, Talamazzi ha già annunciato tramite i suoi legali l’intenzione di presentare ricorso.

L’ Ordine dei Medici ha voluto sottolineare l’importanza di tutelare la deontologia professionale e, soprattutto, la salute pubblica: “È fondamentale proteggere i pazienti da false informazioni che possono mettere a rischio la loro vita e il loro benessere”, ha concluso Signorini.

Cosa succederà ora?

Il medico no-vax ha ora 30 giorni per presentare ricorso, mentre la commissione ha lo stesso tempo per depositare le motivazioni del provvedimento.

Nel frattempo, Talamazzi potrà continuare a praticare la professione, anche se l’ombra della radiazione peserà fino alla decisione definitiva.