Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in maniera efficiente e a svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consensi sottostanti. I cookie categorizzatati come “Necessari” vengono memorizzati sul tuo browser in quanto essenziali per consentire le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivi

I cookie necessari sono fondamentali per le funzioni di base del sito Web e il sito Web non funzionerà nel modo previsto senza di essi. Questi cookie non memorizzano dati identificativi personali.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie funzionali aiutano a svolgere determinate funzionalità come la condivisione del contenuto del sito Web su piattaforme di social media, la raccolta di feedback e altre funzionalità di terze parti.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie analitici vengono utilizzati per comprendere come i visitatori interagiscono con il sito Web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche di numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici di prestazione chiave del sito Web che aiutano a fornire ai visitatori un'esperienza utente migliore.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci pubblicitari personalizzati in base alle pagine visitate in precedenza e per analizzare l'efficacia della campagna pubblicitaria.

Nessun cookie da visualizzare.

L’Europa ha dato protezione internazionale a 1 milione di siriani in fuga dalla guerra. Alcuni paesi vogliono espellerli (politico.eu)

di Giovanna Coi Lucia Mackenzie

L'Italia e l'Austria stanno spingendo per 
ridefinire la Siria come un paese "sicuro", 

anche se il blocco accoglie ogni anno migliaia di rifugiati siriani in fuga dalla guerra.

Meloni, Orbán e la trumpizzazione dello stato di diritto (linkiesta.it)

di

M, la populista del secolo

La premier e i suoi attaccano i magistrati seguendo gli stilemi classici del berlusconismo, ma con un tasso di politicità generale in più, trovando nel complotto delle toghe il punto di caduta e la valvola di sfogo di tutte le paranoie della maggioranza populista

Abbiamo dunque scoperto il melonismo come fase suprema del berlusconismo. Forse più tosta, potenzialmente più inquietante. Perché Silvio Berlusconi, stringi stringi, attaccava la magistratura soprattutto per difendere sé stesso e le proprie aziende: era un uso fondamentalmente personale della battaglia contro i pubblici ministeri e poco gl’importava del garantismo come filosofia di un diritto inteso civilmente, o dello stato delle carceri, o dei diritti dei poveri cristi.

Magari i berlusconiani più intelligenti la mettevano così, ma non lui.

Con il melonismo-salvinismo la questione è diversa. Premier e vicepremier attaccano la magistratura seguendo certo gli stilemi classici del berlusconismo (vogliono rovesciare il governo «eletto dal popolo»), ma con un tasso di politicità generale in più. La magistratura non è solo contro la premier, ma contro una politica. Pertanto, «si facciano eleggere».

Di qui il naturale passo successivo è la mobilitazione dei propri elettori contro il «partito dei magistrati»: Silvio ci andò molto vicino – ricordiamo l’adunata dei suoi parlamentari sulla scalinata del palazzo di giustizia di Milano – ma non arrivò al punto di rottura.

Come Berlusconi, Meloni mobilita un pezzo di Italia con la televisione, brandendo la Rai molto più di Silvio (altro che Aventino bisognerebbe fare), e tocca a Carlo Nordio, il «garantista», fare la parte del giacobino ma nel senso reazionario del termine.

«Noi rispondiamo al popolo, se il popolo non è d’accordo con quello che facciano noi andiamo a casa», ha detto il ministro. E no, mentre governate non siete legibus solutus, caro ministro «garantista»: questo è trumpismo.

Da parte sua Matteo Salvini a Palermo ha penosamente imitato il padrone della Fininvest, ma siamo sempre nell’ambito di una questione personale (infatti c’erano solo i leghisti), mentre la presidente del Consiglio dà l’idea di voler sfidare l’ordine della magistratura «in ogni modo», come diceva il Caimano di Nanni Moretti  – quando si dice corsi e ricorsi – anche se per ora solo con il Tg1 e l’arma del decreto legge, quello che verrà varato domani, ma tutto lascia supporre che la cosa non si fermerà qui.

Il fatto è che Meloni ha individuato il punto di caduta di tutte le sue paranoie e in questo senso la magistratura è la perfetta sua valvola di sfogo. Per ora ha spaccato l’Italia. Sapendo che sulla questione generale dell’immigrazione una buona parte del Paese è con lei, quella parte che detesta i giudici e l’Europa, gli «imputati» della premier, perché alla fine a mezza Italia e forse più importa poco di leggi e sentenze e il messaggio vittimistico di Meloni passa eccome.

Per tutte queste ragioni stiamo assistendo a una sorta di «trumpizzazione» della destra italiana nel senso di un uso massiccio della falsificazione della realtà non ancora violento. Ma nessuno può giurare che la situazione non degeneri.