Lo strano caso del consumatore europeo* (lavoce.info)

di

La ripresa dei consumi delle famiglie europee che 
ci si aspettava con il calo di inflazione e dei 
tassi di interesse non si è ancora materializzata. 

Continuano a pesare le politiche di bilancio restrittive e il rallentamento del mercato del lavoro.

I consumi non ripartono

L’inflazione è in calo e si intravede un graduale miglioramento delle prospettive macroeconomiche. Eppure, il recupero dei consumi che quest’anno ci si attendeva da parte delle famiglie europee non si è verificato.

Dalla metà del 2022 a oggi i consumi delle famiglie nell’area dell’euro, in termini reali, sono cresciuti soltanto dell’1,2 per cento, mentre il tasso di risparmio è salito dal 13,1 al 15,7 per cento. Queste dinamiche non sono quelle che ci si aspetterebbe in un contesto in cui i salari reali sono in crescita e la Banca centrale europea sta allentando la stretta monetaria.

Se stimiamo un semplice modello su dati fino al 2019, in cui i consumi sono funzione del reddito disponibile, della ricchezza reale e finanziaria e dei tassi sui mutui, otteniamo una crescita ipotetica dei consumi negli ultimi due anni molto più marcata di quanto non sia stata in realtà (figura 1).

Figura 1 – Crescita dei consumi privati nell’area dell’euro (% crescita annua)

(Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat)

Sicuramente sulla fiacchezza dei consumi incide anche il basso livello di fiducia dei consumatori, che non si è ancora interamente ripresa dallo shock negativo legato all’invasione russa dell’Ucraina. Ciò potrebbe a sua volta essere determinato da una serie di fattori, quali le prospettive del mercato immobiliare, la perdurante incertezza sulle più ampie prospettive macroeconomiche e un persistente effetto negativo dello shock inflazionistico degli ultimi anni.

Quest’ultimo fattore è ben evidente nel confronto tra l’andamento del tasso di inflazione al consumo e la percezione dell’inflazione da parte dei consumatori (figura 2), che mostra un divario inusuale tra le due serie a partire da fine 2022. Il rapido calo dell’inflazione, dunque, sembrerebbe non essere stato interamente percepito dai consumatori, con conseguenti ricadute negative sul clima di fiducia.

Figura 2 – Inflazione effettiva e percepita nell’area dell’euro

(Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat e Commissione europea)

Il confronto con gli Stati Uniti

Un ulteriore ostacolo al consumo, soprattutto nel confronto con gli Stati Uniti, è rappresentato dall’erosione della ricchezza delle famiglie europee che si è registrata negli ultimi due anni a causa dell’inflazione e delle politiche monetarie restrittive.

Come indicato nella figura 3, la ricchezza delle famiglie europee – espressa in termini reali, ovvero al netto dell’inflazione – si è gradualmente riportata sui livelli precedenti alla pandemia, con una conseguente minor propensione alla spesa rispetto alle famiglie statunitensi, la cui ricchezza è invece nuovamente aumentata nello stesso intervallo temporale anche per l’andamento favorevole dei mercati azionari, su cui sono più esposte rispetto a quelle europee.

Figura 3 – Ricchezza delle famiglie in termini reali (T4 2019 = 100)

(Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat e Bea – Bureau of Economic Analysis)

Quali prospettive?

Possibili indicazioni sugli sviluppi di medio termine possono venire dall’unico episodio di “soft landing” che abbiamo per l’area dell’euro, ovvero quello dei primi anni Duemila, quando la Bce ridusse gradualmente i tassi di interesse dal 4,75 al 2 per cento tra il 2001 e il 2003 (figura 4).

Durante quella fase di allentamento, sia la crescita dei consumi privati che la fiducia dei consumatori migliorarono gradualmente, sebbene con un ritardo significativo di uno-due anni rispetto al primo taglio dei tassi.

La ripresa dei consumi fu in parte ostacolata dal rallentamento delle dinamiche del reddito disponibile, dovuto sia alle difficoltà del mercato del lavoro che alla riduzione dei redditi da capitale legata alla crisi finanziaria verificatasi a partire dal quarto trimestre 2001.

Figura 4 – Fase di allentamento monetario 2001-2005

(Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Bce e Eurostat)

La storia potrebbe ripetersi anche in questa fase del ciclo economico, con una ripresa dei consumi, seppur lenta e graduale. I venti contrari in effetti non mancano. In primo luogo, la maggior parte delle economie dell’area dell’euro sta entrando in una fase di consolidamento fiscale, con un incremento della pressione fiscale e una riduzione della spesa pubblica.

Inoltre, gran parte degli osservatori (Bce inclusa) si attende moderazione nella crescita dei salari nominali a partire dal prossimo anno, a causa del calo dell’inflazione e della produttività del lavoro, a cui potrebbe aggiungersi un rallentamento nelle tendenze occupazionali.

Infine, la componente non salariale del reddito delle famiglie potrebbe continuare a contrarsi nei prossimi anni per il ritardo con cui la politica monetaria si trasmette agli oneri di interesse sui mutui, che si adegueranno solo molto gradualmente al calo dei tassi Bce.

Le opinioni espresse in questo articolo sono strettamente personali e riflettono esclusivamente il punto di vista individuale dell’autore.

Joseph Rykwert: gli dèi, gli uomini e l’architettura (doppiozero.com)

di Marco Belpoliti

Architettura

“Se la città deve essere messa con la fisiologia, più che a ogni altra cosa essa assomiglia a un sogno”, così scrive Joseph Rykwert nella prefazione del suo libro più noto L’idea della città: antropologia della forma urbana nel mondo antico, tradotto in italiano nel 1976, da Einaudi (e ora ristampato da Adelphi), ma scritto negli anni Sessanta del Novecento e pubblicato negli Stati Uniti.

Senza i sogni, come ci raccontano i miti e le leggende, le città antiche non sarebbero sorte, e non avrebbero avuto ciascuna una propria specifica forma. Rykwert, nato in Polonia nel 1926 e morto ieri, ha studiato negli anni Quaranta in Gran Bretagna con i grandi ricercatori della prima generazione del Warburg Institute di Londra, in particolare con Rudolf Wittkower, per poi insegnare il resto della sua lunga vita anche negli Stati Uniti.

Dotato d’una capacità di scrittura saggistica che è racconto e fabulazione, lo studioso polacco ha messo in luce come le grandi innovazioni architettoniche e urbanistiche derivino dallo stretto rapporto tra questa disciplina, atta a costruire, e le espressioni religiose del mondo classico, quella greca e romana prima di tutto e, per quanto riguarda quest’ultima, le sue ascendenze etrusche che si compendiano in un “rito” assorbito e rielaborato dalla civiltà costruttiva di Roma, in cui la lettura dei movimenti celesti e delle pratiche religiose erano strettamente intrecciate con i principi giuridici: ordine divino e ordine umano.

Bellissime sono le pagine dedicate a mura, porte, templi, o agli spazi sociali come il foro: forme e simboli che organizzano lo spazio collettivo e quello privato. Senza mai cadere in nostalgie, Rykwert ci ha fatto capire come la morfologia del paesaggio urbano nasca in stretto rapporto con i miti che innervano le pulsioni più profonde delle antiche civiltà.

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Capace di affrontare la lettura dell’architettura modernista, e al tempo stesso a suo agio con la filosofia di Hegel, come  con il disegno di Piranesi o le idee di Leon Battista Alberti, con il pensiero antropologico come con quello sociologico, questo magnifico studioso, che parlava un italiano non solo corretto ma elaborato e colto, è stato un personaggio solitario nella cultura architettonica del Novecento, capace di dialogare con saperi e discipline di cui aveva appreso i primi rudimenti nella Polonia ebraica nell’ambito di quella scienza interpretativa che è il Talmud.

Dotato d’una forza immaginativa davvero unica, come mostra l’altro capolavoro della sua produzione, La casa di Adamo in Paradiso, tradotto da Adelphi nel 1972, si può dire che Rykwert sia stato un materialista religioso, in grado d’accostarsi alle immagini della sfera del sacro sapendovi leggere insieme le strutture più profonde.

Strutturalista senza strutturalismo, aveva una conoscenza profonda dell’architettura di ogni luogo e d’ogni epoca, da quella giapponese a quella australiana, superando le tradizionali divisioni accademiche. In quel libro scandagliava il mito della “prima casa” intesa come archetipo sempre presente e agente sia sul piano immaginativo che su quello simbolico.

Pochi forse sanno che proprio Rykwert è stato uno degli ispiratori delle Città invisibili di Italo Calvino, che non a caso fu tra coloro che vollero la traduzione einaudiana di L’idea di città.

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Tra gli abbozzi e le note vergate dallo scrittore ligure nel corso dell’elaborazione del suo poema in prosa, che tanto ha ispirato il pensiero di architetti e urbanisti, il nome di Rykwert compare accanto all’elenco di temi e oggetti che gli interessavano.

Nel momento in cui si accingeva a scrivere il suo viaggio tra le città del passato e quelle del futuro, un’opera che ha ancora tanto da dirci riguardo al crogiolo di culture e immagini che sono oggi le città del mondo, Calvino pensava alla presenza degli dèi occulti e sconosciuti nelle nostre metropoli.

Ma se si vuole capire cosa sia stata l’architettura per l’umanità bisogna aprire un altro libro di Rykwert dal titolo invitante e insieme misterioso e ossimorico: La colonna danzante (Libri Scheiwiller), il cui emblematico sottotitolo non a caso è: Sull’ordine in architettura.

Un libro che stabilisce la corrispondenza tra gli edifici e il corpo umano, procedendo a una ricostruzione rigorosa e motivata delle successioni formali legate al tema architettonico della colonna, opera tradotta nel 2020 e ben presto scomparsa dagli scaffali delle librerie, che invece dovrebbe essere adottata da tutte le facoltà d’architettura del mondo.

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In uno dei suoi ultimi lavori, La seduzione del luogo: storia e futuro della città (Einaudi 2008), lo studioso polacco ha fatto il punto in modo inequivocabile sulla perdita di quel valore religioso delle città, dove la questione centrale riguarda  il legame che gli uomini e le donne stringono gli uni con gli altri, unione simbolica dissolta e trasformata oggi in un puro valore economico.

Nella prefazione al volume Rykwert spiega come l’architettura non possa essere guidata da ragioni solamente razionali o economiche, ma piuttosto da concetti, sentimenti e soprattutto da desideri. La città intrattiene un rapporto profondo con il conscio e l’inconscio degli esseri umani, e anche con quelli delle società, poiché esistono forme oniriche collettive che attraversano tutte le città.

Senza mai abbandonarsi a forme irrazionali, Rykwert ha dosato con cura i due poli della natura umana, quello della tendenza alla costruzione raziocinante, incarnata per forza di cose in architettura dalle tecniche costruttive, e quello del meraviglioso, che prescinde dagli interessi economici e politici che oggi invece vorrebbero dirigere dall’alto, mentre inevitabilmente emergono forze pullulanti e inafferrabili generate dal basso.

Nella parte del libro intitolata Interrogativi per il nuovo millennio, e nella nuova postfazione scritta per la edizione italiana, Rykwert sottolinea come il proliferare di grattacieli nelle maggiori capitali del mondo – il suo sguardo si appuntava in quel momento sulla città cinese di Shanghai, per lui la New York del nuovo millennio –, sia composto di edifici che aboliscono la forma tradizionale del grattacielo pensato e realizzato nel corso del XX secolo.

Ora all’inizio del XXI secolo queste costruzioni, che hanno racchiuso nel bene e nel male tutta l’energia e lo spirito d’iniziativa che alimentava il sogno americano, cancellano i grandi piani che un tempo contenevano spazi pubblici e commerciali, a vantaggio di forme che all’inizio degli anni Novanta sorgono bruscamente dal marciapiede e si stagliano contro il cielo – rampicanti “a punta di matita” li definisce – i cui ingressi sono sorvegliati da guardie armate.

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La diagnosi di Rykwert, vecchio studioso per nulla incline all’estremismo politico, è che l’architettura non è più il frutto del sogno di un individuo, di un progettista o d’un architetto, ma il risultato di studi professionali guidati dagli interessi economici di chi ne ha finanziato la costruzione. Una mente collettiva e astratta che sembra prescindere dalla necessità di mediare tra le istanze degli individui singoli e quelle dell’intera società.

Salvo rare eccezioni, scrive lo studioso polacco, gli architetti non producono più grandi metafore del mondo e l’edificio oggi più riconoscibile non è né un palazzo governativo, né un parlamento o un ministero, oppure una chiesa, bensì un museo, come mostrano il Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry o il Museo ebraico di Daniel Libeskind a Berlino, edifici che sembrano l’esposizione di sé stessi e non luoghi o spazi dove esporre opere d’arte.

L’impietosa e insieme ricca analisi di Rykwert evidenzia in modo acuto che esiste tra la forma della città e il problema della democrazia partecipativa, oggi così in crisi. Parla di Londra, città dove Rykwert ha deciso di stabilirsi da un certo punto in poi, e scrive: “la democrazia partecipativa sta passando di mano dagli elettori agli azionisti e utenti”.

Il mondo dei “custumers” ha soppiantato quello dei “cittadini” fossero quelli antichi della polis greca e della civitas romana o il mondo agglutinato di mattoni delle città medievali: senza sogni, senza dèi e senza leggi sacre condivise, le città implodono e divengono metropoli espanse senza forma, slabbrate e identiche le une alle altre, come narrano le pagine futuribili di Italo Calvino.

Il nostro è oggi un mondo uniforme, identico da un capo all’altro del globo, che non sogna più, che si divide e confligge, travolto da un elemento economico e commerciale che distrugge la forma stessa del nostro stare insieme in quell’agglomerato imprevedibile e organizzato che sono le nostre città.

In Ucraina spunta il “libro-nero” dei filorussi: nell’elenco anche associazioni modenesi (gazzettadimodena.it)

Il rapporto di Kiev cita diverse realtà cittadine, 
con la foto di un corteo in centro

Il braccio destro dell’europarlamentare leghista Roberto Vannacci, Fabio Filomeni, tenente colonnello degli Incursori dell’Esercito italiano in pensione, come collante nei rapporti di svariate associazioni filo-russe, alcune delle quali modenesi o con figure locali al loro interno.

E un’istantanea della via Emilia, scattata all’altezza del palazzo dei Musei il 18 marzo 2023 durante una manifestazione per promuovere l’uscita dell’Italia dalla Nato – presidio organizzato dal Coordinamento modenese contro la guerra – che riassume in maniera estremamente precisa l’obiettivo del report: definire puntualmente coloro i quali, su richiesta del regime di Mosca, sarebbero soggetti attivi per «destabilizzare – si legge nel documento – l’Unione Europea e la Nato, minare l’unità interna di queste organizzazioni, radicalizzare alcuni gruppi sociali e influenzare la politica dei propri paesi. Esse vogliono inoltre ostacolare varie forme di assistenza all’Ucraina, tra le quali l’aiuto militare».

Nomi e foto di Modena

Compare Modena, con tanto di foto, in una delle 174 pagine del report “Toy Soldiers: Nato military and intelligence officers in Russian active measures”, pubblicato qualche giorno fa dal Centre for Defence Reforms, noto think tank ucraino diretto da Oleksandr V Danylyuk, ex consigliere del ministero della difesa di Kiev.

Nel dossier – il cui titolo recita questo: “Soldatini: ufficiali militari e dell’intelligence della Nato coinvolti in misure attive russe” – vengono nominate esplicitamente associazioni che sarebbero agenti attivi nella promozione di legami tra Russia e Italia in funzione filo-putiniana.

Tre, in particolare, le realtà legate alla città: il già menzionato Coordinamento modenese contro la guerra, l’associazione Russia Emilia-Romagna ed Eurasia, centro di studi nato a Trieste nel 2012.

Il report di Kiev

Si legge nel report che «vale la pena notare come i rappresentanti dell’associazione culturale Russa Emilia-Romagna siano conosciuti per un recente tentativo di giustificare l’occupazione dei territori ucraini attraverso una mostra su Mariupol – prevista a Modena – uno sforzo fallito a causa di forti contraccolpi socio-politici». Inoltre «una delle presentazioni è stata organizzata dal movimento Coordinamento modenese contro la guerra, che ha messo in atto azioni “a sostegno dei bambini del Donbass” e contro il sostegno della Nato all’Ucraina».

Quest’ultimo, che oggi sui social pare si sia trasformato nel Coordinamento modenese per la Palestina, ha pochi riferimenti a persone, ma è legata all’associazione di destra “Terra dei Padri” di Fabio De Maio.

I modenesi

Dell’associazione Russia Emilia-Romagna, invece, si conosce il presidente: è Luca Rossi, che nel 2019 si candidò con la Lega Nord in Consiglio comunale a Modena, risultando non eletto. Balzò poi agli onori della cronaca nel luglio del 2020, dopo aver commentato con un «esistono paesi seri come l’Egitto che non si lasciano condizionare da Ong.

Bye Bye Zaki» l’annuncio del prolungamento della detenzione dello studente dell’Alma Mater di Bologna. Infine il centro di studi Eurasia ha come vicepresidente il modenese Stefano Vernole, già consulente del governo Conte I per i rapporti con la Cina e vicino alla Lega. La rivista, secondo il rapporto, «ha raccontato l’invasione russa con un misto di teorie del complotto e propaganda del Cremlino».