Manovra, nuova stretta sugli immigrati: niente detrazioni per i figli a carico e “tassa” di 600 euro sulla cittadinanza (ilsole24ore.com)

di Marco Mobili

DDL di Bilancio

Nel disegno di legge depositato alla Camera stop agli sconti del Fisco se il lavoratore non è Ue o dello spazio economico europeo. Diventa caro chiedere di diventare italiani

Doppia stretta della manovra sugli immigrati: stop alle detrazioni fiscali e “tassa” sui procedimenti per ottenere la cittadinanza.

Nel testo depositato alla Camera, con cui si avvia ufficialmente la sessione di bilancio destinata a chiudersi a fine anno, compaiono nel capitolo fiscale e in quello sulla giustizia due commi dedicati uno al lavoratore straniero extra Ue che trasferisce la sua residenza in Italia ma lascia a casa i figli e uno a chi richiede la cittadinanza italiana.

Stop agli sconti del Fisco

L’articolo 2 del disegno di bilancio, con cui viene ridisegnato l’impatto degli sconti fiscali del Fisco, l’ultimo codicillo lo dedica ai lavoratori stranieri. In particolare, viene disposto che dal 1° gennaio 2025 le detrazioni per familiari a carico non spettano ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione o di uno Stato che aderisce all’accordo sullo spazio economico europeo per i familiari residenti all’estero.

Oltre alla stessa Italia fanno parte di questo Spazio economico europeo paesi come Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Repubblica d’Irlanda, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito.

 Per fare un esempio una badante o un badante Ucraini che lavorano in Italia, in regola con le dichiarazioni e le tasse da pagare in Italia, non potranno ridurre il peso delle imposte dovute utilizzando le detrazioni per i familiari rimasti nel Paese d’origine.
Traducendo le norme a cui fa riferimento la norma i due lavoratori del nostro esempio non potrebbero utilizzare nel calcolo delle imposte dovute gli sconti riconosciuti a tutti i lavoratori per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato o ancora i 950 euro spettanti per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni, nonché per ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata.

La nuova “tassa” sulla cittadinanza

Scorrendo il testo del Ddl, fermandosi all’articolo 106, ci si imbatte nella seconda norma mirata sugli immigrati e. In questo capitolo la leva non è più quella fiscale ma è quella della giustizia e dei balzelli che lo stato richiede a chi instaura un contenzioso.

In particolare viene previsto che dal prossimo 1° gennaio 2025, per le controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana il contributo unificato è fissato in 600 euro. Somma che si va ovviamente ad aggiungere ai 250 euro e ai 16 euro di marca da bollo che che richiede la cittadinanza italiana deve versare all’atto di presentare la domanda.

Il contributo, come dispone sempre la nuova norma, sarà dovuto per ciascuna parte ricorrente, anche se la domanda è presentata congiuntamente nello stesso giudizio.

Report, il Watergate de Noantri! (ildubbio.news)

di Davide Varì

Tutti i giornali amici erano pronti a rilanciare 
gli scoop e noi tutti, ansiosi e con un filo di 
malcelata preoccupazione, eravamo convinti che 
il Palazzo sarebbe venuto giù come un castello 
di carta. 

E invece…

Avevano promesso rivelazioni scottanti, addirittura sconvolgenti. Tutti i giornali amici erano pronti a rilanciare gli scoop e noi tutti, ansiosi e con un filo di malcelata preoccupazione, eravamo convinti che il Palazzo sarebbe venuto giù come un castello di carta. E invece… E invece nulla, una “fetecchia”, avrebbe detto Totò.

Insomma, dall’annunciatissima puntata di Report ci aspettavamo un nuovo scandalo Watergate e invece ci hanno propinato una minestrina tiepida e insipida. A cominciare dai 700 mila euro stanziati per la mostra del Futurismo che – attenzione, attenzione – sono cresciuti fino a 1 milione. Che poi, a conti fatti, era questo lo scandalo? Un ritocco economico e un progetto di restyling culturale, su cui si può certamente discutere ma non di certo gridare al complotto.

Ma il piatto forte della serata, ci hanno detto, doveva essere il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che sembrava destinato a seguire le orme si Sangiuliano. Invece, il ministro ne è uscito indenne: il massimo che si è visto è stata qualche scaramuccia sul suo contributo alla stesura del programma della Lega nel 2018. E questo dovrebbe far tremare i palazzi della politica?

E poi, il Maxxi, ovviamente. Sì, perché era qui che il nodo doveva venire al pettine. Le inefficienze nella gestione del museo, il super contributo ministeriale rifiutato dall’allora direttore, la questione delle consulenze al compagno del capo di gabinetto, Francesco Spano

Storie trite e ritrite, già lette, già digerite. E quelle chat di Fratelli d’Italia, in cui si sarebbero scambiati epiteti e commenti coloriti su Spano? Una commedia degli equivoci che ha portato alle sue dimissioni, ma che non ha certo cambiato il corso della storia. Eppure, c’era ancora spazio per un po’ di pathos noir.

Un servizio ha tirato fuori la vicenda di “La cattura di San Pietro”, il quadro di Rutilio Manetti rubato e, secondo il restauratore Lino Frongia, modificato con l’aggiunta di una candela per coprire il furto. Il quadro è poi riapparso in una mostra curata da Vittorio Sgarbi. Un colpo di scena che ha il sapore delle storie di provincia, più che delle grandi inchieste d’inizio stagione.

Il gran finale? Una retrospettiva sulla corruzione in Liguria, con Giovanni Toti, che si dimette per un’inchiesta che lo collega alla mafia siciliana, e il sindaco Marco Bucci, non indagato ma con una scia di sospetti che aleggiano su di lui e su certi interessi del PD locale. Un mix di tutto un po’, che sembrava dover riservare chissà quali sorprese, ma che ha lasciato il nulla in bocca. Ma è davvero questo il giornalismo d’inchiesta? “Arideteci Michele Santoro!”.