Genova, condannati gli stalker del medico Matteo Bassetti (lastampa.it)

Decise sanzioni per i membri del canale Telegram 
«Basta Dittatura». 

Altri quattro membri del canale saranno processati a febbraio

Cinque condanne, con pene variabili dagli otto mesi a un anno e quattro mesi, oltre a due patteggiamenti. Sono queste le sanzioni decise per i membri del canale Telegram «Basta Dittatura», accusati di stalking nei confronti del medico genovese Matteo Bassetti.

Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Genova ha emesso le condanne per stalking di gruppo e istigazione a delinquere. I condannati dovranno anche risarcire il medico.

Oltre a queste sentenze, quattro altri membri del canale, che hanno scelto il rito ordinario, saranno processati a febbraio. «È una bella soddisfazione» ha commentato il medico, affiancato dall’avvocata Rachele De Stefanis. Nei giorni scorsi, un’altra condanna era stata emessa contro un esponente no vax per molestie verso Bassetti.

«Ringrazio la digos e la Procura di Genova. Ho sempre ritenuto che la via migliore fosse quella legale, e giustizia sta arrivando. Proseguiremo su questa strada, contro chi vive di minacce e insulti», ha concluso Bassetti.

Il canone (aumentato dalla destra) che paga le sparate di Ranucci contro Israele (huffingtonpost.it)

Qualcuno mi dica perché sono costretto, grazie 
all’odiosa gabella di Stato detta anche canone, 
di contribuire allo stipendio del conduttore 
di Report

Primo: nessuno osi censurare e toccare Sigfrido Ranucci e la sua creatura Report.

Secondo: nessuno tocchi me se dico che il sunnominato è il peggio del peggio del peggio del giornalismo, quello che manda al massacro persone e reputazioni, che trasforma la pretesa di un’inchiesta in un linciaggio e un programma televisivo in un tribunale del popolo.

Terzo: qualcuno mi dica perché sono costretto, grazie all’odiosa gabella di Stato detta anche canone, di contribuire allo stipendio del peggio del peggio del peggio del giornalismo.

Sentite l’ultima. Ranucci, che è il peggio del peggio del peggio del giornalismo italiano, è però anche molto furbo e ha scoperto che con un uso sensazionalistico e piccantino delle anticipazioni della prossima puntata (tipo quella su Alessandro Giuli coinvolto in una vicenda tipo Boccia ma “al maschile”: capito bene il messaggio, voi della bettola?), si crea molta attesa e ottimi risultati di share.

Adesso l’anticipazione di domenica prossima, la solita grottesca fuffa, stavolta pericolosa. Anticipano due servizi: “Israele come laboratorio politico dell’estrema destra internazionale” e poi “Gaza come laboratorio per testare le armi”. Capito l’antifona? Si insinua che lo Stato degli ebrei sia il cuore delle formazioni nazifasciste (estrema destra internazionale).

Ma è la riproduzione esatta di un dogma dell’antisemitismo contemporaneo: lo Stato ebraico nuovo carnefice, genocida come il nazismo, dunque laboratorio per tutti i seguaci del genocidio nazista. In più uno Stato che “testa” sui bambini palestinesi nuove armi. Uno Stato mostro, a capo di un’internazionale di criminali.

Sono liberale, e odio la censura. Vorrei solo che abolissero la gabella del canone per non costringermi a co-finanziare questa roba (e invece la destra italiana l’ha appena aumentata, per la gioia di del peggio del peggio del peggio del giornalismo italiano).

Report verso il martirio di Ranucci (startmag.it)

di Battista Falconi

Report tuona ma non piove. Il maltempo però 
prosegue... Il corsivo di Battista Falconi

Dopo tanto tuonare, Report è andata in onda ieri sera con precipitazioni scarse: i servizi sul ministro Alessandro Giuli, in particolare, non hanno che rimesso assieme notizie già circolate, tra l’altro proprio per bocca di Sigfrido Ranucci che aveva promosso la puntata di ieri sera come una Madonna pellegrina.

Il parziale flop, però, non deve e non può tranquillizzare più di tanto il governo né, più ampiamente, coloro che assistono con perplessità alla deriva assunta da una certa informazione in Italia.

Cominciamo col dire che, su Alessandro Giuli e sulla maggioranza in generale, l’insistenza non terminerà certo qui. Report non si fermerà né si accontenterà e, nell’esercizio della propria libertà, tornerà ad additare pecche presunte o reali, di diversa gravità, commesse da esponenti del centrodestra.

Non solo, per carità: il successore di Milena Gabanelli non è affatto stupido e, in una linea editoriale di evidente faziosità, assesta con abilità e furbizia sporadici buffetti ad altri obiettivi, così da vantare un’imparzialità di facciata.

Qui sta il primo vulnus. Ci troviamo in una situazione analoga a quella della magistratura, accusata dal centrodestra di costituire nella sua indipendenza un corpo dello Stato “avversario” dell’esecutivo: è vero, no, più o meno?

Il problema non è questo, irrisolvibile poiché soggettivo, ma l’insindacabilità dell’attività del magistrato, così come di quella del giornalista (i media costituiscono di fatto un altro potere dello Stato, ancorché non statuito da Montesquieu). Vedi il caso di Paolo Corsini, accusato di aver dato dell’“infame” a Corrado Formigli, con il quale ha chiarito di non essere disposto a scusarsi preferendo, se costretto, lasciare il proprio posto di direttore degli approfondimenti Rai.

Corsini si considera perseguitato da Piazza pulita. A torto o a ragione, non sappiamo dire. Ma non possiamo disconoscere che le modalità aggressive di certi programmi, testate e cronisti travalicano il ruolo di “cani da guardia della democrazia”, per usare una tronfia espressione cara ad alcuni organismi di categoria, rischiando di sconfinare in quelli di rabbiosi pit bull da combattimento.

Una volta che ci si trova un microfono sotto il naso con una petulante richiesta di risposta è obiettivamente difficile mantenere la calma e qualunque reazione immortalata dalla telecamera, anche quando non scomposta e inopportuna come pare quella di Corsini, l’immagine che emergerà è tendenzialmente quella del reo inconfesso. Ma è davvero questo che ci attendiamo dal giornalismo come contributo alla crescita della democrazia, alla ricerca della verità, alla completezza dell’informazione?

In particolare, il dubbio si pone quando il giornalista lavora alle dipendenze di un editore pubblico. Le “linee” che portano in taluni casi a esercitare una parzialità insindacabile sono concordate tra direttore responsabile ed editore: se quest’ultimo deve dare conto ai cittadini nella loro generalità, come accade per la Rai, ci si attenderebbe un maggiore controllo.

Che evitasse, per esempio, di trasmettere un servizio sulla Liguria nel momento in cui la Regione è al voto, ancorché la palese inopportunità non sconfini nell’infrazione alle norme sul silenzio elettorale, come Ranucci ha ripetuto in questi giorni, nei quali ha provocatoriamente anticipato i servizi di ieri, nell’intento presumibile di farsi “cacciare” o “censurare” e partecipare alle Olimpiadi del martirio che tanto appassionano i conduttori televisivi.

Ranucci e la sporcificazione fatta sul nulla (ilfoglio.it)

di Maurizio Crippa

Una settimana di "dileggio all'olio di ricino", di 
"pre-news" che come il "pre-crime" predice e 
condanna prima degli eventi stessi. 

Poi Report è andato in onda, e ha mostrato il nulla, il niente. Ma un niente maleodorante, che corrompe la vita pubblica

“Sveleremo un nuovo caso Boccia, che potrebbe essere al maschile”. “Giuli? Meglio che domenica guardi la partita”, sghignazzava Ranucci. “A Gennaro mando un saluto. E’ uno dei pochi che sa cos’è la dignità”. “Può portare alle dimissioni?”, “questo non l’ho detto. “Giuli ha detto che ha delle prove, se le ha, le mostrasse”.

Una settimana così, una settimana a spedire pizzini e insinuazioni, anche molto pesanti perché riguardavano non solo la politica, ma i comportamenti privati e le scelte di vita di persone. E i giornali che si mettono sull’attenti, anzi con la lingua penzoloni aspettando l’osso: “Che cosa svelerà Report?”. I “precog” della pre-news che annuncia colpe e determina le dimissioni, li abbiamo definiti.

Poi domenica la tanto strombazzata  pubblicizzata trasmissione Report di Sigfrido Ranucci è andata in onda. Ebbene? Niente. Per una settimana si sono ascoltate porcherie e insinuazioni da trivio omofobico, preconizzazioni di terremoti politici in arrivo.

Niente, solo fuffa, già visto. Ma il “dileggio all’olio di ricino” per dirla con Giuliano Ferrara, corrompe e lascia la schifezza maleodorante della sporcificazione della vita pubblica. Come ha scritto Aldo Grasso, per questa robaccia “non si parli di servizio pubblico”.