La disinformazione russa accelera verso le elezioni (politico.com)

di Mohar Chatterjee

Tecnologia

Un nuovo rapporto tiene traccia degli sforzi per seminare discordia negli Stati Uniti, anche oltre martedì.

Le macchine per il voto sono preparate per l'uso il giorno delle elezioni presso il magazzino della divisione elettorale della contea di Allegheny. (Le macchine per il voto sono preparate per l’uso il giorno delle elezioni presso il magazzino della divisione elettorale della contea di Allegheny, il 30 ottobre 2024, a Pittsburgh. | Matt Freed/AP)

La disinformazione fa parte del panorama politico americano ormai da anni e, anche alla vigilia delle elezioni del 2024, potrebbe ancora accelerare.

Diverse campagne di disinformazione russe rivolte alle elezioni statunitensi hanno intensificato i loro sforzi per seminare discordia sul processo elettorale e sulle questioni interne scottanti, secondo i risultati esclusivi condivisi con POLITICO da un gruppo di ricerca sulla disinformazione russa.

La ricerca è di Antibot4Navalny, un gruppo di volontari anonimi. (Il gruppo afferma che almeno una parte del suo team ha sede in Russia, una rarità nel mondo della ricerca sulla disinformazione). Il gruppo, citato da Wired, dal New York Times e dalla società di intelligence Recorded Future, ha iniziato a monitorare le troll farm russe nel 2018. Questa è la prima elezione degli Stati Uniti che ha monitorato, ha detto un ricercatore in un’intervista su Signal.

L’analista ha condiviso i risultati basati su uno studio di due importanti campagne di disinformazione sostenute dalla Russia e rivolte agli Stati Uniti prima del giorno delle elezioni. Una campagna, chiamata Matrioska, ha diffuso notizie false sull’arresto da parte dell’FBI di gruppi che commettono brogli elettorali, secondo Antibot4Navalny, così come false narrazioni secondo cui le autorità statunitensi si stanno preparando per la guerra civile e che le carceri negli stati in bilico hanno truccato il voto dei detenuti.

Una seconda campagna sostenuta dalla Russia chiamata Doppelganger è operativa da anni ed è stata sanzionata dall’UE; in queste elezioni, ha puntato i suoi incarichi a indebolire la vicepresidente Kamala Harris, ha detto il ricercatore.

Insieme, i risultati mostrano che le campagne sostenute da Mosca stanno pubblicando più frequentemente negli ultimi giorni prima delle elezioni e che stanno monitorando da vicino le principali notizie negli Stati Uniti per adattare il loro messaggio. Antibot e molti altri ricercatori dicono che l’ingerenza è quasi certo che continuerà dopo il giorno delle elezioni.

Questo articolo è apparso per la prima volta su Digital Future Daily, la newsletter pomeridiana di POLITICO su come la tecnologia e il potere stanno plasmando il nostro mondo. Iscriviti qui.

Come per le campagne precedenti, e in linea con decenni di sforzi di propaganda russa, l’obiettivo non è solo quello di sostenere un partito politico: è quello di destabilizzare il processo americano nel suo complesso. “Non è di per sé l’elezione di Trump l’obiettivo finale dello Stato russo, ma aumentare le divisioni partigiane, l’ansia e la paura; tutto per rendere le élite statunitensi più concentrate sulle questioni interne, prestando meno attenzione agli aiuti all’Ucraina”, ha scritto Antibot4Navalny a POLITICO.

I funzionari elettorali statali e le aziende tecnologiche si stanno affrettando a contrastare la minaccia russa in continua evoluzione.

Adrian Fontes, segretario di Stato dell’Arizona, ha recentemente dichiarato al podcast POLITICO Tech che la disinformazione è diventata “molto più intensa di quanto non fosse nel 2020, perché nel 2020 i cattivi non erano così organizzati. Non avevano le loro tattiche affinate. Si sono allenati nel 2022 per quello che stanno facendo questa volta. Siamo anche molto più bravi a rispondere”.

Un portavoce di Microsoft ha confermato che la società ha monitorato da vicino sia Matryoshka che Doppelganger.

“La storia ha dimostrato che sono agili e capaci di inserire contenuti ingannevoli e distribuirli rapidamente nei momenti chiave di confusione del pubblico”, ha scritto il portavoce.

Le due campagne evidenziate da Antibot4Navalny fanno parte di un panorama più ampio di targeting straniero delle elezioni statunitensi. La scorsa settimana, un video di 20 secondi su X mostrava un migrante haitiano che diceva che intendeva votare per Harris in due contee della Georgia. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno smentito il video, con il segretario di Stato repubblicano della Georgia Brad Raffensperger che lo ha definito “ovviamente falso” e “probabile” una produzione di troll russi.

È improbabile che le campagne di disinformazione si fermino il giorno delle elezioni. A ottobre, l’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale ha dichiarato di aspettarsi che “gli attori stranieri continuino a condurre operazioni di influenza attraverso l’insediamento denigrando la democrazia degli Stati Uniti, anche mettendo in discussione i risultati delle elezioni”.

Antibot4Navalny afferma di prevedere che entrambe le operazioni di influenza che sta monitorando continueranno ben oltre il giorno delle elezioni.

Jon Bateman, esperto di tecnologia e influenza globale presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha affermato che l’ingerenza nel periodo delicato intorno alle elezioni e prima che il prossimo presidente presti giuramento potrebbe avere un impatto fuori misura.

“Forse c’è un qualche tipo di contenuto generato dall’intelligenza artificiale o falso che viene facilmente smentito dalle autorità tradizionali, ma è una foglia di fico sufficiente per consentire a un gruppo di persone al Congresso di rifiutarsi di certificare un’elezione, ad esempio”, ha detto Bateman. “Solo qualcosa che può confondere le acque ed essere sfruttato intenzionalmente”.

Con la popolazione che invecchia la 104 non basta più (lavoce.info)

di  e 

Cresce la quota di lavoratori che usufruisce 
dei permessi retribuiti garantiti dalla legge 104. 

Li richiedono in prevalenza le donne. Mentre le differenze territoriali non seguono il tradizionale divario Nord-Sud. Per l’assistenza servono più strumenti.

Aumentano le richieste di permessi retribuiti per l’assistenza

Che l’Italia stia diventando sempre più un paese di vecchi ce lo dicono i dati, compresi quelli sull’uso dei permessi a favore di chi ha familiari in condizione di disabilità, disciplinati dalla legge n. 104 del 1992. La normativa prevede diverse forme di sostegno per i lavoratori, tra cui tre giorni di permessi al mese per chi assiste genitori o parenti con disabilità grave, pienamente retribuiti e fruibili sia in modalità oraria che giornaliera.

Analizzando i dati sulle richieste di permessi retribuiti, suddivise per genere e settore, emerge un trend fortemente crescente: la percentuale di lavoratori che ne usufruisce nel settore privato extra-agricolo è passata dallo 0,26 per cento nel 2005 al 2,3 per cento nel 2022 (figura 1).

L’aumento può essere attribuito a diverse cause, tra cui l’invecchiamento della popolazione e il peggioramento delle condizioni di salute in età avanzata. Infatti, con l’allungarsi della vita, cresce anche la probabilità di dover assistere genitori o familiari non autosufficienti. Secondo i dati Istat del 2021, il 28,4 per cento degli over 65 soffre di gravi limitazioni motorie, sensoriali o cognitive e il 10,6 per cento riferisce difficoltà significative nelle attività quotidiane.

Queste limitazioni aumentano con l’età: se solo l’1,6 per cento delle persone sotto i 44 anni denuncia gravi difficoltà nelle attività quotidiane, la percentuale sale al 3,7 per cento per la fascia 45-64 anni, al 7,1 per cento per i 65-74 anni e raggiunge il 20 per cento tra gli over 74 (Istat, 2023).

Le richieste arrivano più dalle donne che dagli uomini

Dalla figura 1 è evidente che l’incidenza nell’utilizzo dei permessi è maggiore tra le lavoratrici e il gap tra l’incidenza del ricorso alla misura tra lavoratrici e lavoratori tende ad ampliarsi nel corso del tempo. Se nel 2005 il divario era di soli 0,06 punti percentuali, nel 2022 raggiunge quasi 0,7 punti percentuali, suggerendo che all’incremento nella domanda di lavoro di cura sono chiamate a rispondere in misura maggiore le donne rispetto agli uomini.

Figura 1

(Nota: la figura riporta, per ogni anno, il rapporto tra lavoratori che hanno usato i permessi e riposi giornalieri a favore di familiari (genitori e/o parenti) con disabilità grave rispetto al numero totale di lavoratori occupati nel settore privato extra-agricolo. Fonte dati: Archivi Uniemens Inps)

Le differenze territoriali

Le nostre analisi evidenziano notevoli differenze territoriali, a conferma della grande diversità che caratterizza l’Italia sia sotto il profilo socio-demografico che di offerta di servizi per gli anziani e disabili, e che si riflette anche nelle esigenze di assistenza.

I dati mostrano variazioni significative nell’utilizzo dei permessi della legge 104, con una distribuzione territoriale che, come indicato nella mappa sottostante, presenta differenze rilevanti, ma non ricalca il tradizionale divario Nord-Sud.

L’incidenza maggiore si riscontra in alcune province del Centro e del Nord. Al primo posto c’è Perugia con una percentuale del 4,44 per cento, seguita da Roma e Terni rispettivamente con il 3,73 e il 3,55 per cento, mentre la provincia con l’incidenza più bassa risulta Bolzano con un valore dello 0,69 per cento, seguita da Agrigento e Prato (rispettivamente 0,74 per cento e 0,85 per cento).

I fattori che spiegano la variabilità territoriale possono essere legati alle caratteristiche delle imprese e del mercato del lavoro locale (i lavoratori potrebbero avere una maggiore propensione a utilizzare i benefici previsti dalla 104 quando hanno contratti a tempo indeterminato e quando sono occupati in imprese di più grande dimensione) e anche alle condizioni locali in termini di presenza di reti di aiuto intergenerazionale da parte di familiari non occupati o di disponibilità di altre forme di assistenza.

Figura 2

(Nota: la mappa riporta a livello provinciale il rapporto tra lavoratori che hanno usato riposi giornalieri a favore di familiari (genitori e/o parenti) con disabilità grave rispetto al numero totale di lavoratori occupati nel settore privato extra-agricolo.
Fonte dati: Archivi Uniemens Inps)

L’assistenza alle persone non autosufficienti

Questi dati evidenziano chiaramente come l’attuale struttura demografica dell’Italia stia generando una crescente domanda di assistenza per le persone non autosufficienti. Mostrano, inoltre, come la domanda e i corrispondenti strumenti di risposta possano avere differenziazioni territoriali piuttosto marcate.

Ad esempio, nei comuni delle aree interne (quelle che soffrono maggiormente dello spopolamento) si registrano alte percentuali di popolazione ultraottantenne e un accesso più difficile ai servizi di assistenza. Inoltre, come evidenziato da diverse ricerche (si veda qui), l’offerta dei servizi pubblici è spesso frammentata e disomogenea, con servizi di assistenza domiciliare che risultano limitati non solo nel numero di persone bisognose che riescono a raggiungere, ma anche in termini di intensità e qualità del sostegno effettivamente fornito.

Uno scenario così complesso richiede risposte adeguate da parte delle istituzioni e della società civile, che devono affrontare sfide sempre più pressanti legate alla cura dei familiari anziani e disabili. Strumenti come la 104, pur restando cruciali, difficilmente saranno sufficienti, considerando che nel corso del tempo la dimensione delle famiglie si è ridotta e con essa la platea di coloro che possono richiederli.

È fondamentale avviare una pianificazione territoriale che permetta di dotare ciascuna comunità delle reti di supporto necessarie per rispondere alle esigenze di assistenza, specialmente in aree con alta concentrazione di popolazione anziana.

Le differenze territoriali e di genere, inoltre, sottolineano limportanza di politiche che tengano conto anche del carico di cura sproporzionato che grava sulle donne. Bisognerà ottimizzare l’efficienza dei servizi pubblici esistenti, riducendo frammentazioni e disomogeneità e garantendo una gestione coordinata tra diverse amministrazioni e istituzioni locali.

Tuttavia, migliorare i servizi richiederà inevitabilmente anche un aumento delle risorse, una sfida considerevole vista la limitata capacità di spesa pubblica. Si potrebbe pensare allintegrazione di capitali privati e alla creazione di sistemi assicurativi misti per la long-term care, ma anche in questo caso, data la forte pressione fiscale che grava sui lavoratori italiani, non sarà facile trovare soluzioni sostenibili che non acuiscano ulteriormente il carico fiscale.

Le opinioni qui espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

Questo articolo viene pubblicato in contemporanea su Menabò di Etica ed Economia.

Quel grumo mediatico-giudiziario che l’ha giurata a Chiara Colosimo (ildubbio.news)

di Davide Varì

La presidente della Commissione antimafia ha osato 
chiedere un passo di lato a De Raho e Scarpinato e 
ora Il Fatto di Travaglio tira fuori i “dossier” 
sullo zio

Aveva previsto tutto, Chiara Colosimo: aveva messo in conto il fango dei giornali allineati con un pezzo di magistratura italiana, e l’attacco politico di chi, in Parlamento, difende le rendite di posizioni di quel grumo di potere giudiziario.

Nulla di nuovo: è il prezzo che paga chiunque provi a ficcare il naso in “cose che non lo riguardano”.

Parliamo del romanzo delle stragi mafiose, naturalmente. Di un racconto nato sulla scia della presunta “trattativa Stato-mafia” che – smontato capitolo dopo capitolo dalle sentenze di questi ultimi anni – inizia a far acqua da tutte le parti.

E ora, chi prova a riscrivere quel racconto, rischia grosso.

Anche se lo fa coi documenti di chi morì sotto il fuoco mafioso. E parliamo di quel Paolo Borsellino che, nei file desecretati da Colosimo dopo 32 anni di buio pesto, indica in modo inequivocabile il dossier Mafia-Appalti come l’origine della morte di Falcone e – drammatico ma lucidissimo premonitore – la causa della sua stessa fine.

Dunque Chiara Colosimo ha osato rimuovere la polvere – meglio, la sabbia – che in questi anni si è posata sul dossier Mafia-appalti, e subito è scattato l’attacco. Il Fatto Quotidiano ha colpito con le solite “scottanti rivelazioni” che sanno di muffa, rispolverando vecchie storie già viste, già consumate. Come la famosa foto con l’ex militante dei Nar Ciavardini, tirata fuori per l’ennesima volta come se fosse la prova di chissà quali legami indicibili.

E poi, come da copione, arriva l’affondo, lo “scoop” che “nessuno si aspetta” uscito da chissà quale cassetto: il vecchio zio di Colosimo dimenticato da anni. E sì perché quando non c’è più nulla da scavare, allora si passa al famigerato “reato di parentela”. Ed ecco spuntare dal passato uno zio e i suoi presunti rapporti con la ‘ndrangheta.

L’attacco ha un tempismo quantomeno sospetto, solo poche settimane fa la presidente della Commissione Antimafia ha osato chiedere “chiarimenti” sul ruolo di due figure particolarmente rilevanti: gli ex procuratori Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato. I due hanno lavorato per anni su inchieste e dossier che la Commissione ora intende riesaminare e scandagliare. Naturalmente chi ha condotto indagini in prima persona si trova ora in una posizione di chiarissimo conflitto di interesse che Colosimo ha osato sottolineare. Una lesa maestà intollerabile.

E allora, come spesso accade in Italia, alla prima mossa di chi mette in discussione il potere dell’Antimafia “ufficiale”, si risponde con la macchina del fango. Il messaggio è chiaro: chi tocca i fili è “fuori”.

Il punto è che la presidente Colosimo sta provando a restituire alla Commissione Antimafia il ruolo di organismo politico e di controllo che dovrebbe avere. Ha l’ambizione di renderla autonoma e libera dal ruolo di “ancella” delle procure. Tutto questo per scrivere una nuova storia della mafia e dell’antimafia.

Già, proprio così: Chiara Colosimo è accusata di voler riscrivere la storia dei rapporti tra Cosa Nostra e pezzi delle istituzioni. Tutte le istituzioni, procure comprese (vedi la recente, pesantissima indagine che ha colpito gli ex magistrati Pignatone e Natoli). E Colosimo vuol riscrivere quel romanzo perché le sentenze hanno dimostrato che la ricostruzione offerta dalla cosiddetta “trattativa Stato-mafia” era del tutto inadeguata a spiegare le stragi del ’92-’93. E qui torniamo al dossier “Mafia-appalti” che molti vorrebbero archiviare per sempre.

Ora ci chiediamo: chi ha paura di quel dossier? E perché c’è una parte della magistratura che resiste? Non abbiamo risposte, non ancora almeno.

Ma nessuno si illuda: alle domande, noi, non rinunceremo mai.

L’attacco del governo ai giudici colpisce i rapporti con l’Europa (linkiesta.it)

di Francesco Cundari

Modello ungherese

Se per Giorgia Meloni e Matteo Salvini il semplice rispetto del diritto dell’Ue è un atto eversivo contro la politica, forse è il caso di sapere cosa ne pensi quel Raffaele Fitto che dovrebbe far parte della Commissione.

Come dimostra il caso di Donald Trump, il momento in cui i leader con tendenze autoritarie o illiberali gettano davvero la maschera, e si dimostrano più pericolosi, non è quando si sentono all’apice del trionfo, ma quando si sentono all’angolo.

La loro vera natura non si vede da come esultano per le vittorie, ma dal modo in cui si confrontano con i fallimenti. E la reazione del governo italiano al conclamato, prevedibilissimo e ampiamente previsto fallimento del protocollo albanese sull’immigrazione è quanto mai rivelatrice.

Dopo che ieri il tribunale di Catania ha annullato il trattenimento di cinque migranti, mentre a Roma un altro tribunale, dopo quello di Bologna, si appellava alla Corte di giustizia europea, il governo è tornato ad attaccare i magistrati, in modi che ricordano assai più l’Ungheria di Viktor Orbán che le battaglie di Silvio Berlusconi.

Per giunta, alle sette di sera, un comunicato di Palazzo Chigi ha fatto sapere che Giorgia Meloni aveva ricevuto il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli. Scelta che i giornali definiscono pudicamente «irrituale», considerando che presidente del Csm è il Capo dello Stato, il quale negli stessi articoli è descritto infatti come assai «stupito».

Tanto più che giusto ieri mattina gran parte del Csm aveva depositato la richiesta di una pratica a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati del tribunale di Bologna, i primi a rinviare alla Corte di giustizia europea il decreto sui Paesi sicuri.

Di qui gli attacchi forsennati del governo, dalla stessa Meloni, che subito aveva definito l’atto del tribunale un «volantino propagandistico», al vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, che ieri è tornato ad attaccare i giudici definendoli «comunisti».

Una reazione a dir poco sproporzionata, di fronte a un atto che gli stessi avvocati penalisti hanno difeso come ineccepibile («particolarmente prudente e particolarmente accurato nel rispettare le indicazioni che vengono dalle norme internazionali e dalla giurisprudenza sovranazionale», lo ha definito il presidente delle Camere penali) per non dire scontato, come ha ricordato anche l’Associazione italiana studiosi di diritto dell’Unione europea.

Ma se per il governo italiano il semplice rispetto del diritto europeo costituisce un inaccettabile attacco alla politica, per non dire un atto eversivo (di «eversione» ha parlato esplicitamente un autorevole esponente di Fratelli d’Italia, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli) sarebbe forse il caso di conoscere il parere di Raffaele Fitto, la cui audizione al Parlamento europeo è fissata per martedì prossimo, considerato l’importante ruolo non solo di commissario ma anche di vicepresidente che dovrebbe andare a ricoprire proprio nella nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen.

Se posso permettermi un suggerimento, almeno una domandina al riguardo penso che sarebbe certamente utile a dissipare molti possibili equivoci.

Il loculo in affitto a Bologna, 600 euro per sei metri quadri: Pozzetto invidioso, politica si scandalizza ma è complice (ilriformista.it)

Vivere in un loculo dove in appena sei metri quadri 
trovi bagno con doccia, mini-cucina, letto singolo, 
sedie da campeggio e tavolino, un armadio ristretto 
e un piccolo frigorifero che funziona anche 
da comodino.

Il loculo in affitto a Bologna, 600 euro per sei metri quadri: Pozzetto invidioso, politica si scandalizza ma è complice

Un appartamento “grazioso e affacciato sul cortile di un palazzo storico” in zona Santo Stefano a Bologna al prezzo di 600 euro al mese.

Una cifra monstre che fotografa come meglio non poteva l’emergenza casa che esiste oggi in Italia nonostante le favole raccontate dalla politica. A confronto il monolocale di Renato Pozzetto nel film “Il ragazzo di campagna” sembra una reggia…

La caccia al tesoro per trovare un loculo

Il prezzo dei fitti è lievitato nel giro di pochi anni, trovare case disponibili nel centro delle principali città italiane diventa quasi una caccia al tesoro grazie alla riconversione (spesso abusivamente perché i controlli latitano) di immobili in case vacanza o bed and breakfast.

Così chi trova casa la paga a peso d’oro e spesso si accontenta anche di situazioni disumane come quella appena descritta all’inizio dell’articolo.

C’è chi se la prende con le agenzie immobiliari, spesso assai spregiudicate nel loro modo di valorizzare anche una bettola, ma è il mercato bellezza. E chi lo condiziona? Le scelte politiche di un Paese che da anni si è piegato quasi esclusivamente al turismo, non aumentando i salari (quelli in Italia sono tra i più bassi in Europa se rapportati al costo della vita) e di fatto obbligando studenti, lavoratori e famiglie a vivere in appartamenti sempre più piccoli, dove spesso l’alternativa è rincasare solo per dormire.

Il decreto salva casa di Salvini, le ripercussioni e i controlli che non ci sono

Dopo il video scandalo (pubblicato da Repubblica) del loculo in affitto a Bologna, ecco che puntuale arriva l’indignazione di addetti ai lavori e politici politicanti.

Per Massimiliano Bonini, presidente provinciale della Fiaip Bologna, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali, “ci vuole obiettività e trasparenza, rifiutandosi di lavorare con immobili improponibili”. Verrebbe da chiedersi però perché non vengono effettuati controlli costanti e accurati su annunci simili salvo poi intervenire solo a bufera scoppiata. Intanto l’agenzia immobiliare in questione ha compiuto un gesto di grande umanità rimuovendo l’annuncio del ‘buco’ in affitto.

“Senza voler additare o difendere nessuno, si può dire che gli appartamenti molto piccoli possono essere la risultanza di frazionamenti — ha aggiunto Bonini —. Un tempo c’erano meno controlli, dunque non vorrei fossimo in presenza di un lascito di immobile frazionato. Difficile pensare possa avere l’abitabilità, ma senza documenti l’ultima parola non è detta”.

Dalle associazioni di categoria alla politica, dove l’indignazione regna sovrana. Per la ministra dell’Università Anna Maria Bernini “è una indecenza” il loculo in fitto in centro a Bologna, una cosa che “non si può ripetere”.

Il vicepremeir Matteo Salvini, operativo in qualsiasi polemica (probabilmente per distrarsi dal dramma infrastrutture che vive l’Italia, a partire dalle ferrovie). Sul decreto salva-casa, voluto proprio dal leader della Lega per consentire di sanare piccole irregolarità edilizie e costruttive, deroga alle altezze e superfici in materia di agibilità, agevolando i cambi destinazione d’uso ed il recupero dei sottotetti, precisa che “non possono scendere sotto i 20 metri quadri. Situazioni come quelle che emergono dalle cronache sono illegali e al limite del disumano”.