L’ematologo, il vaccino e i tumori (butac.it)

di 

Sulle pagine di alcuni giornali online nelle scorse settimane sono state riportate le parole di un ematologo, il dottor Corrado Perricone, che parla di vaccino anti-COVID e cancro. 

Titolava la testata Il Roma, il primo novembre:

Perché il vaccino anticovid 19 ad mRNA può causare il cancro

Sulla testata l’intervento dell’ematologo è descritto come opinione, visto che mancano i fatti che dimostrino quanto sostenuto da Perricone. Ad oggi, come più volte abbiamo ripetuto su queste pagine, non esistono dati che dimostrino un aumento significativo dei casi di cancro attribuibili ai vaccini mRNA.

Le associazioni che si occupano di studi sulla diffusione dei tumori in Italia, come AIOM e AIRC, hanno difatti evidenziato come l’aumento delle diagnosi (e non dei casi) sia legato a miglioramenti nello screening e nei metodi diagnostici, non all’uso dei vaccini.

L’aumento degli anticorpi IgG4 è una risposta immunitaria normale e non indica un danno al sistema immunitario o un aumento del rischio di cancro. L’idea che ci sia un collegamento tra IgG4 e malattie viene da uno studio tedesco che però non riporta quei risultati come verificati, e come diciamo spesso in questi casi dare a intendere diversamente è sbagliato.

Come anche la teoria secondo cui la proteina Spike presente nei vaccini mRNA sopprimerebbe il meccanismo di riparazione del DNA NHEJ (Non-Homologous End-Joining) non è supportata da studi scientifici riconosciuti. Purtroppo ci si annoia a ripeterlo, ma a oggi le autorità sanitarie internazionali – che non sono le case farmaceutiche, anche se molti sembrano non rendersene conto – confermano la sicurezza dei vaccini mRNA.

Le affermazioni dell’ematologo italiano sono le sue opinioni personali, che una testata giornalistica seria non dovrebbe riportare se non spiegando chiaramente quanto vi abbiamo riassunto qui sopra.

In conclusione ci tengo a riportare una cosa che a molti non è chiarissima. BUTAC si occupa di fact-checking, ovvero verifica dei fatti, e quanto riportato qui sopra è appunto un fatto, supportato da studi e pareri autorevoli. A volte nelle mail di critica che riceviamo ci scrivete che “tanto noi andiamo dietro al mainstream e difendiamo sempre i potenti”, ecco, questa è una balla. Di quelle grosse, e che chiunque dotato di spirito critico e capacità di analisi saprebbe smontare in poco.

 Basterebbe vedere quante volte abbiamo attaccato i “giornaloni” e i giornalisti, e vedere come funzionano gli articoli di fact-checking per rendersene conto.

Ma ormai abbiamo fatto il callo a questi attacchi, e siamo consci della poca utilità di articoli come questo: i nostri lettori abituali non ne hanno bisogno, i nostri detrattori non andranno più in là del titolo e del meme.

Il personaggio – Clancy, la vicesindaca finita nella bufera «Io in piazza, un dovere» (corrierebologna.it)

di Olivio Romanini

Giovane e la più votata, un passato nei movimenti

BOLOGNA Di lotta e di governo.

Sabato scorso in piazza con i collettivi che hanno cercato di sfondare il cordone delle forze dell’ordine anche se naturalmente a giusta distanza dagli scontri e ieri tra i banchi del Consiglio comunale di Bologna al suo posto a spiegare perché non prende neanche in considerazione l’ipotesi delle dimissioni chieste dall’opposizione.

In questi giorni in cui Bologna è tornata al centro dei riflettori i fari si sono accesi soprattutto su Emily Marion Clancy, la vicesindaca di Matteo Lepore: italo canadese, la più giovane eletta nel 2016 quando aveva solo 25 anni e la più votata nel 2021, un risultato che le ha spalancato le porte della giunta. Fa parte di Coalizione civica, una formazione che sta alla sinistra del sindaco e del Pd e che ha una lunga storia di rapporti con collettivi, centri sociali e movimenti sotto le Due Torri.

Il sindaco fedele al motto «Pas d’ennemis à gauche» ha chiesto alla sua ala sinistra una prova di responsabilità e di governo dopo anni, soprattutto nell’era Cofferati, passati liberi e felici all’opposizione e Clancy rappresenta la figura simbolo di questo innesto non sempre facile. Il governo della città ha le sue fatiche quotidiane, il movimentismo si concede altre libertà e altri spazi.

E Clancy prova a dimenarsi tra i due mondi e anche se più volte è stata contestata dalla sua base sociale, ha imparato l’arte del compromesso. Studi al liceo Minghetti, laurea in Giurisprudenza tra Bologna e il King’s College di Londra, ha passato la gioventù a fare la dj per Radio Città del Capo, storica emittente bolognese ma anche in club e locali cittadini.

E poi è arrivata l’attrazione per la politica, negli anni di Nichi Vendola. È cresciuta con le tre «B», Bowie, Beach Boys, Beatles ma quei tempi sono lontani e ora, impegnata in politica e da due giorni al centro delle polemiche, deve sentire una musica diversa.

Ieri è dovuto intervenire il sindaco Lepore a difenderla: «La vicesindaca ha tutto il mio sostegno. Giustamente i consiglieri comunali, come la giunta, frequentano la città per controllare e vedere quello che succede. Non ha commesso reati, non ha fatto nulla».

Se il sindaco l’ha buttata un po’ in tribuna (Coalizione civica ha partecipato alla contro-manifestazione anche con i consiglieri comunali e lei era lì per ragioni politiche) la risposta di Clancy in consiglio comunale è stata invece un esempio perfetto di equilibrio politico, una risposta democristiana, si sarebbe detto un tempo.

«Ero in piazza sia la mattina che il pomeriggio perché la presenza delle istituzioni in queste occasioni non è una semplice formalità, è un dovere democratico».

Di lotta e di governo, appunto.