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Identità di genere e logica binaria: e se rinunciassimo al dato sul sesso? (ildubbio.news)

di Lorenzo d’Avack

La nostra legge non ammette “terze vie” anagrafiche. 

Ma sempre più Stati valutano di rimuovere le informazioni sul sesso dai documenti di identità

Nel nostro Paese vige la regola giuridica (legge n. 16/ 1982) che sia inammissibile la rettificazione del sesso verso un genere non binario (maschio/ femmina). La regola si basa sul principio che tale registrazione anagrafica con attribuzione di un genere terzo, al momento della registrazione del nato, richiederebbe un intervento legislativo sistematico, data la pervasività della logica binaria dell’ordinamento italiano.

Il problema è nato in relazione ai casi di bambini che nascono con ambiguità sessuali, ove non vi è corrispondenza tra la dimensione genetica, ormonale, fenotipica e dei caratteri sessuali maschili e femminili: i cosiddetti disturbi della differenziazione sessuale, che alcuni chiamano intersessualità.

La legge in vigore nel nostro Paese, come detto, è legata unicamente al sesso, cioè alle caratteristiche fisiche che fanno sì che alla nascita una persona venga identificata come maschio o come femmina, dando poi per scontate una serie di conseguenze sulla vita dell’individuo. Si afferma così un ordine binario dei sessi profondamente radicato e accettato nella nostra società, influenzata da diverse pratiche culturali, da contesti storici, da esperienze biologiche e dalle attitudini che ne conseguono.

Se si vuole pensare ad un intervento legislativo nella registrazione binaria del nato che consenta di attribuire maggiore tempo nel decidere a quale categoria sessuale (M- F) debba appartenere o di modificare in futuro lo status, possiamo pensare a diverse soluzioni.

Nei “casi difficili” ed eccezionali, dove mancano indicazioni obiettive (genetiche, ormonali, fenotipiche ecc.) sul piano medico per l’assegnazione sessuale maschile o femminile, si ritiene opportuno che l’attuale normativa italiana sia integrata con una “annotazione” riservata, fondata su rigorosa certificazione medica, non dell’incerta attribuzione sessuale del neonato, ma della patologia di cui egli/ ella soffre.

Questa soluzione consentirebbe di registrare da subito il sesso del nuovo nato/ a, ma darebbe ai genitori o in seguito alla persona coinvolta nella registrazione del proprio sesso, la possibilità in qualsiasi momento di rinunciare a questa registrazione, considerando che la sua identità di genere non corrisponde a quella ritenuta dai titolari dell’autorità parentale nel momento in cui hanno preso la decisione in suo nome.

Una seconda ipotesi è quella di rinunciare a qualsiasi registrazione obbligata del sesso al momento della nascita. Questa opzione, di fatto, implica che il campo riservato al sesso potrebbe essere lasciato vuoto per un tempo più o meno prolungato e soltanto in seguito verrebbe data la possibilità ai genitori stessi o al minore, divenuto in grado di intendere e di volere, di procedere all’iscrizione binaria del sesso.

La regola in questo caso è che il campo riservato al sesso non può restare vuoto indefinitamente e che prima o dopo la registrazione binaria verrà mantenuta. La possibilità di lasciare sospesa l’iscrizione del sesso deve essere accompagnata con delle misure che garantiscano la protezione della vita privata, la minore discriminazione del soggetto, soprattutto nell’ambiente sociale in cui vive (es. nel contesto scolastico).

In genere la tendenza ad abolire il binario classico conduce verso l’ipotesi (c. d. trinaria) di introdurre una o diverse nuove categorie sessuali, oltre a quella maschile o femminile  ad esempio: “diversi”; “altro”; “X”). Categoria/ categorie che potrebbero rinforzare la legittimità e i diritti delle persone che non intendono appunto rientrare nel binario, in quanto nascono con caratteri ambigui e vogliono continuare ad esserlo (intersessuali) o decidono di modificare solo parzialmente il corpo rifiutandosi di identificarsi nelle caratteristiche proposte dai ruoli di genere dominanti (M/ F) e che rivendicano l’esistenza di altre possibilità esistenti tra essi.

Qualora si tratti di aggiungere un’unica categoria essa non può riflettere tutte le diversità delle identità di genere e, pertanto, per evitare altre discriminazioni dovrà comunque risultare sufficientemente ampia nei suoi contenuti, così da poter includere il maggior numero possibile di differenti identità di genere.

Comunque, una nuova categoria di iscrizione con diverse possibili opzioni potrebbe rimanere pur sempre un vantaggio, come avviene in India, Germania, Malta, Australia e in altri Paesi, in quanto consente la visibilità di persone intersex e di persone che hanno un’identità di genere non binario all’interno della società, e questo può contribuire alla loro accettazione e promuovere una ragionata riflessione dello Stato sull’opportunità o meno del carattere binario della società.

Una terza ipotesi potrebbe essere quella più consona alle teorie gender di un “abbandono generale dell’iscrizione del sesso”, particolarmente idonea a osteggiare la discriminazione delle persone con identità di genere non binaria, delle persone trans e delle persone intersessuate e permetterebbe di promuovere nei diversi campi un uguale trattamento e analoga protezione della sfera privata. Pertanto, da un punto di vista etico si deve necessariamente esaminare la possibilità di un abbandono generale di ogni iscrizione ufficiale basata sul sesso.

Gli appelli a considerare l’importanza o meno dell’iscrizione del sesso nel registro dello Stato Civile occupa un posto sempre più importante nell’ambito del dibattito internazionale che invita gli Stati a sopprimere progressivamente le informazioni relative al sesso dai documenti di identità, considerate non necessarie per lo Stato civile. Alcuni Paesi sono portati già adesso a rinunciare a menzionare il sesso sulla carta d’identità.

Non mettere in prevalenza il sesso, come carattere fondamentale della persona, garantirebbe che tutte le varianti dell’identità di genere possono essere prese in considerazione senza discriminazioni e una tale opzione sarà più compatibile con le esigenze di protezione della vita privata.

Certo è che nel valutare l’opportunità o meno di una registrazione binaria, trinaria o senza riferimento al sesso va soprattutto considerato il rispetto della “dignità umana”. Il rispetto della dignità umana, in quanto principio giuridico ed etico fondamentale, segna un’importanza di primo piano nell’attuale discussione.

Prevale soprattutto l’esigenza che tutti gli esseri umani debbano essere trattati e rispettati come liberi e uguali di fronte al diritto. Questa esigenza include quella di dare a ciascuna persona la possibilità di vivere in accordo con la propria identità. Le attuali disposizioni relative agli obblighi dei registri che creano 1’ ostacolo a questa esigenza generale dovrebbero essere rimosse.

Furlan (Pd): “Jobs Act superato. Due referendum inutili” (quotidiano.net)

di COSIMO ROSSI

La senatrice Anna Maria Furlan: “Ritengo che i due 
quesiti sull’articolo 18 siano inutili. Sono già 
stati superati dalle sentenze”

Senatrice Anna Maria Furlan, da ex segretaria della Cisl che siede sui banchi del Pd, cosa pensa dei 4 referendum sul lavoro approvati dalla Consulta?

“Personalmente ritengo che i due quesiti sull’articolo 18 siano inutili. Intanto sono già stati superati dalle sentenze. Oggi il tema vero si chiama formazione, anche individuale: per creare coesione tra percorsi formativi, professionalità, capacità e competenze, in modo che soprattutto giovani e donne – che restano gli anelli deboli – siano protagonisti e non costretti a subire le grandi trasformazioni delle imprese, come la digitalizzazione e la transizione energetica, che ci auguriamo proceda”.

E gli altri due questi sulle responsabilità delle imprese appaltanti e per limitare la liberalizzazione dei contratti a termine?

“La catena infinita dei subappalti genera grandi infortuni e morti sul lavoro. Credo perciò che sia un quesito assolutamente sacrosanto. Sono d’accordo anche che vadano definite le causali per i rinnovi dei contratti a tempo determinato: a ogni provvedimento sul lavoro si allarga la precarietà”.

L’aula della Camera sta per esaminare la legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alle attività di impresa. Come valuta testo varato?

“È un legge in attuazione della Costituzione promossa dalla Cisl con oltre 400mila firme, che rappresenta un modo nuovo e diverso di concepire le relazioni industriali e il protagonismo dei lavoratori. In paesi come la Germania ha reso le imprese più competitive e salari più robusti. Purtroppo il testo originale è stato mutilato in modo consistente dalla maggioranza su questioni importanti, come le forme partecipative nelle aziende a partecipazione pubblica e del settore bancario. Così come è stato indebolito il ruolo della contrattazione per le scelte partecipative, affidandole alla volontà esclusiva delle imprese. Ciò detto, mi auguro che sosterremo comunque questa iniziativa popolare anche col nostro voto, perché sfonda finalmente un muro”.