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Ma quanto è credibile Conte che fa il pacifista? (startmag.it)

di Francesco Damato

Giuseppe Conte come un pesce nell’acqua del mondo 
sottosopra di Trump.

Nel mondo alla rovescia, o sottosopra, in versione Trump, ben più visibile di quello che porta il nome del generale italiano e leghista Roberto Vannacci, si muove come un pesce nell’acqua il presidente delle 5 Stelle, o di quel che rimane, e due volte ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Che, in una intervista al Corriere della Sera, si è liberato della compagnia scomoda del suo ex vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini, nel primo dei suoi due governi, dandogli del “pacifista di comodo”, cioè finto.

“La Lega sostiene con i voti le politiche belliciste del governo. Il loro pacifismo di comodo -ha spiegato Conte- serve solo a dare fastidio a Meloni”. E ancora: “Noi invece siamo sempre stati fedeli alle nostre convinzioni, anche quando siamo finiti ingiustamente nella lista dei filo-putiniani”.

E pazienza se all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, più di tre anni fa, come gli ha ricordato quella villana, evidentemente, dell’intervistatrice Adriana Logroscino, i pentastellati al governo con Mario Draghi a Palazzo Chigi, e Luigi Di Maio al Ministero degli Esteri, approvarono in Parlamento, come fanno oggi i leghisti con la Meloni, il soccorso militare a Zelensky. Per permettergli -ha spiegato oggi Conte parlando di Zelensky- di non perdere la guerra nei soli tre giorni programmati da quell’esagerato di Putin.

Liberatosi dell’ingombrante compagnia di Salvini dandogli del pacifista o trumpiano di comodo, ripeto, Conte si è ritrovato per un po’ insieme con la segretaria del Pd Elly Schlein nelle “critiche al piano di riarmo europeo soprattutto all’interno di un partito che ha varie sensibilità su questo terreno”.

Che hanno infatti polemicamente indotto uno dei fondatori del partito, Luigi Zanda, a reclamare un congresso straordinario per chiarire la linea del Nazareno, e magari cambiare anche segretario.

In particolare, Conte si aspetta ora da Schlein un’opposizione più chiara al “grande piano di investimento” pensato in Europa “sul modello del Next Generation Eu”. Che fu “concepito e attuato per ridare speranza alle giovani generazioni dopo la pandemia”. “Eviterei di accostare -ha detto il presidente pentastellato- le prospettive di difesa e investimenti militari”.

Cioè, la difesa e gli investimenti militari sarebbero politicamente inconciliabili in una visione del mondo alla rovescia o sottosopra, questa volta di Conte, dopo le edizioni giù ricordate di Trump e Vannacci.

Ritardi e distinguo in marcia (corriere.it)

di Paolo Mieli

Kiev, Bruxelles, Roma

Il Piano ReArm Europe presentato la settimana scorsa da Ursula von der Leyen è da considerare una lodevole iniziativa per andare in soccorso dell’Ucraina nel momento in cui le difese stanno cedendo sotto un’impressionante intensificazione dei bombardamenti russi.

È bastato che Donald Trump annunciasse la sospensione degli aiuti a Zelensky (rimasto, secondo il presidente degli Stati Uniti, «senza carte da giocare») perché Putin cogliesse immediatamente il segnale e partisse all’attacco.

Attacco destinato, per adesso, non già a sfondare in direzione di Kiev — come l’autocrate del Cremlino provò a fare tre anni fa — ma a trovarsi di fronte un interlocutore definitivamente sprovvisto di potere negoziale. Ieri Elon Musk ha chiarito di non aver ancora disattivato il sistema Starlink da lui stesso definito «la spina dorsale dell’esercito ucraino». Esercito la cui prima linea, nel caso in cui Musk decidesse di «spegnerlo», crollerebbe all’istante. Sempre a detta del magnate, il quale non si è preoccupato di nascondere che la notizia conteneva una minaccia.

Von der Leyen, Francia e, da fuori del perimetro Ue, Gran Bretagna, si sono immediatamente attivate per mandare a Zelensky il messaggio che l’Europa non lo avrebbe abbandonato. E hanno ottenuto in ciò il consenso pressoché unanime del continente. Peccato che l’iniziativa (ancorché lodevole come si è detto) sia stata presa in terribile ritardo.

Quantomeno per quel che riguarda i tempi della sua possibile attuazione. Dal momento che, anche se il meccanismo si mettesse in moto rapidissimamente come accadde per l’emergenza, è lecito dubitare che la sua efficacia sia tale da consentire al presidente ucraino di ricevere le «carte» che Trump gli ha rinfacciato di non avere.

E, visto che siamo in tema di dubbi, esprimiamo (nella speranza di essere smentiti) qualche perplessità sulla riapertura delle trattative in Arabia Saudita annunciata per la settimana che inizia oggi. Nel senso che il dibattito europeo sull’attuazione del Piano ReArm Europe non ci è parso tale da mettere Putin con le spalle al muro.

Ovvio che tutto possa essere ridefinito, a partire dalla denominazione del Piano, ma l’urgenza è così evidente che alcune obiezioni e messe a punto ci sono sembrate speciose. In momenti come questi non si deve aver paura di tornare alla definizione dei fondamentali di questa storia. Il 24 febbraio 2022 un Paese molto più grande e potente ne ha invaso uno assai più piccolo e indifeso. In un eccesso di realismo (chiamiamolo così) alcuni hanno suggerito al Paese più piccolo di arrendersi all’istante.

Ma quel Paese ha deciso di resistere e l’intero Occidente o quasi, pur consapevole che era pressoché impossibile respingere le truppe russe e farle rientrare nei confini del loro Paese, si è offerto di aiutarlo in questa resistenza. Nella speranza di contenere i danni e far sì che solo una piccola parte dell’Ucraina restasse occupata dai russi. Da un anno, molto prima che Trump fosse eletto presidente degli Stati Uniti, la resistenza ha dato segni dapprima di affaticamento poi di cedimento.

I «realisti» se ne sono rallegrati e hanno trovato in ciò la conferma delle loro «previsioni». Forse era quello — un anno fa o anche prima — il momento di mettere in moto il Piano ReArm Europe . Ma i tempi dei Paesi democratici sono diversi da quelli dei Paesi a regime dittatoriale. Soprattutto, ed è il nostro caso, se si ha a che fare con una costruzione, quella europea, interrotta a metà.

È partita in quel momento una campagna di delegittimazione di Zelensky che è culminata con l’aggressione da lui subita alla Casa Bianca. A questo punto l’Europa si è mossa. Anche perché le è stato chiaro che il disimpegno e le offese di Trump non riguardavano soltanto l’Ucraina.

L’Italia nella circostanza non ha sfigurato. Per merito, a nostro avviso, di un capo dello Stato che si è mostrato inflessibile sui punti di cui si è detto poc’anzi. E di una presidente del Consiglio che — pur tenendosi in equilibrio tra von der Leyen e Trump nonché destabilizzata giorno dopo giorno dal pacifismo salviniano — ha retto. Del centrosinistra non si può dire lo stesso.

Per merito di un provvidenziale articolo di Michele Serra — che, dalle colonne di Repubblica , ha «convocato» una manifestazione a favore dell’Europa — si è attivato un movimento che sembrava dovesse portare il Pd ad un allineamento con i partiti socialisti dell’intero continente.

Dando per scontato che Giuseppe Conte si sarebbe tenuto a distanza dal raduno europeista, mantenendosi in sintonia con l’asse Trump-Putin. Invece all’interno della sinistra (quella per intenderci di provenienza comunista e democristiana) si è scatenato un putiferio di distinguo e precisazioni che in qualche caso ha sfiorato il ridicolo.

La segretaria del Pd Elly Schlein, dopo una tempestiva adesione all’appello di Serra, stava quasi per affogare nell’onda di polemiche che hanno addirittura portato alla richiesta (Luigi Zanda) di un congresso straordinario.

Dall’esperienza passata della Meloni, Schlein avrebbe dovuto apprendere che, quando si è all’opposizione, sulle questioni di principio — come sono ad ogni evidenza quelle connesse a Putin, Trump e Zelensky — si tiene duro. È così che ci si candida a guidare un futuro governo. Stavolta l’ha salvata in extremis Stefano Bonaccini. In tal modo, pur con qualche ammacco, potrà presentarsi gioiosa alla manifestazione di sabato prossimo.

L’agenda vaccinale di RFK Jr renderà l’America di nuovo contagiosa? (nature.com)

di Heidi Ledford

Crescono i timori che malattie infettive come 
il morbillo possano tornare in auge ora che il 
sostenitore anti-vaccino è responsabile del 
sistema sanitario pubblico degli Stati Uniti.

Con l’epicentro di un’epidemia mortale di morbillo a circa 120 chilometri di distanza, Katherine Wells sta cercando di proteggere la sua città natale dal virus altamente contagioso.

Finora, più di 250 persone si sono ammalate in TexasOklahoma e New Mexico, e i bambini infetti che necessitano di cure critiche vengono spesso portati all’ospedale pediatrico di Lubbock, in Texas, dove Wells è il direttore della sanità pubblica. Ogni bambino infetto porta con sé il potenziale per diffondere la malattia ai residenti della città.

Di conseguenza, Wells si è affrettata ad espandere le cliniche per i vaccini della città e a stampare volantini sul morbillo da distribuire presso gli studi medici e gli asili nido. “È il morbillo 24 ore su 24, 7 giorni su 7”, dice. “Sto cercando di non logorare ancora il nostro staff. Questo sarà un lungo viaggio”.

È una scena che alcuni ricercatori di salute pubblica statunitensi temono possa diventare più comune se il ridotto sostegno governativo alla vaccinazione portasse a un’impennata di malattie infettive prevenibili con il vaccino che i medici del paese ora vedono raramente, come il morbillo, la pertosse e la rosolia. Un influente sostenitore anti-vaccino, Robert F. Kennedy, Jr, ora guida il sistema sanitario pubblico degli Stati Uniti, che stava già lottando per recuperare la fiducia perduta e aumentare i tassi di vaccinazione dopo la pandemia di COVID-19. Se i tassi di vaccinazione continueranno a diminuire, le infezioni sporadiche importate dall’estero potrebbero innescare un incendio interno prolungato.

“È abbastanza chiaro: una volta che ci si ritira dal sostenere la vaccinazione, si avranno tassi più bassi”, afferma Lauren Gardner, ingegnere che modella le malattie infettive presso la Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland. È così pericoloso”.

Ritorno virale

Il morbillo è stato dichiarato eliminato dagli Stati Uniti nel 2000, ma si verificano ancora focolai sporadici quando i viaggiatori non vaccinati portano il virus dall’estero. L’epidemia di quest’anno si è rivelata mortale: a febbraio, un bambino di sei anni non vaccinato e altrimenti sano in Texas è diventato la prima persona in un decennio a morire di morbillo negli Stati Uniti. I funzionari stanno valutando un’altra possibile morte per morbillo nel New Mexico.

Almeno il 95% di una popolazione deve essere vaccinata contro il morbillo per raggiungere l’immunità di gregge, per cui una parte sufficiente di una popolazione è immune da non diffondere una malattia. Negli Stati Uniti, il livello è sceso appena al di sotto, al 93% durante la pandemia di COVID-19, e deve ancora riprendersi. Il morbillo è una delle malattie umane più infettive, il che significa che anche un leggero calo della copertura vaccinale può fare una grande differenza, afferma Ashley Gromis, epidemiologo sociale presso la RAND Corporation, un think tank di Santa Monica, in California.

Tre camion blu sono allineati con cartelli che recitano: "Non esitare. Vaccinare".(I ricercatori della sanità pubblica temono che i funzionari dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump ridurranno gli sforzi di vaccinazione nel paese.Credito: Bob Daemmrich/ZUMA Press Wire/Alamy)

L’obiettivo del 95% di vaccinazione presuppone anche che gli individui non vaccinati siano distribuiti uniformemente in tutta la popolazione, afferma. In pratica, questo è raramente il caso. In Texas, circa il 94% dei bambini che entrano nella scuola materna sono vaccinati contro il morbillo. Ma nella regione in cui è iniziata l’attuale epidemia, solo l’82% lo è. “Queste sacche in cui ci sono molti individui suscettibili aiutano la malattia a iniziare a circolare”, afferma Gromis.

Tali numeri significano che gli Stati Uniti sono ora “pericolosamente vicini” a perdere lo status di “eliminazione” per il morbillo, afferma Margaret Doll, epidemiologa presso l’Albany College of Pharmacy and Health Sciences di New York. Data questa prospettiva, è particolarmente importante che i funzionari della sanità pubblica promuovano i vaccini, afferma. “Vorreste che questo messaggio fosse sostenuto dalle nostre principali autorità sanitarie”.

Sistema nel caos

Eppure sembra che stia accadendo il contrario. Durante le prime settimane in carica, la sua amministrazione si è impegnata a ritirare gli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e a tagliare drasticamente l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale.

Entrambe le mosse significheranno più casi di morbillo e altre malattie prevenibili con il vaccino che si verificano in tutto il mondo, afferma Amy Winter, epidemiologa presso l’Università della Georgia ad Atene. “L’aumento dei casi globali aumenterà la pressione sul sistema di vaccinazione degli Stati Uniti”, afferma.

E quel sistema è già stato indebolito: l’amministrazione Trump ha licenziato centinaia di lavoratori dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), la principale agenzia di sanità pubblica della nazione, e ha messo un oppositore di lunga data dei vaccini a capo del dipartimento che lo supervisiona.

Kennedy, un ex avvocato ambientale, ha assicurato ai legislatori durante le sue udienze di conferma che non avrebbe modificato l’attuale politica sui vaccini, ma nelle settimane successive al suo insediamento il 13 febbraio, il CDC ha rinviato una riunione dei suoi consulenti sui vaccini e Kennedy ha detto che indagherà sul programma di vaccinazione infantile raccomandato.

Secondo quanto riferito, il CDC prevede di indagare se i vaccini causano l’autismoun’idea che è stata ampiamente screditata. Alla richiesta di un commento, un portavoce del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (DHHS) ha dichiarato: “Il tasso di autismo nei bambini americani è salito alle stelle. Il CDC non lascerà nulla di intentato nella sua missione di capire cosa sta succedendo esattamente”.

La risposta di Kennedy all’epidemia di morbillo in Texas ha anche messo in allarme alcuni esperti di salute pubblica. Durante le sue audizioni di conferma, Kennedy ha ripetutamente affermato di non essere contrario alla vaccinazione. E dopo aver inizialmente minimizzato la gravità dell’epidemia durante una riunione di gabinetto, Kennedy ha rilasciato una dichiarazione riconoscendo l’importanza della vaccinazione nella prevenzione del morbillo.

Ma ha anche sottolineato una buona alimentazione e il trattamento con vitamina A come modi per ridurre la gravità del morbillo. In un’intervista del 4 marzo, ha elogiato i benefici dell’olio di fegato di merluzzo.

Ciò ha alimentato la confusione in Texas, dove i funzionari della sanità pubblica stanno ascoltando storie di genitori che somministrano ai bambini non vaccinati la vitamina A, che può essere tossica ad alte dosi, piuttosto che farli vaccinare. “Personalmente sono molto preoccupato”, dice Philip Huang, direttore dei servizi sanitari e umani della contea di Dallas in Texas.

“Questi messaggi confusi non sono utili”. Il DHHS degli Stati Uniti non ha risposto a una richiesta di commento sulle osservazioni di Kennedy sulla nutrizione e la vitamina A, o sulle preoccupazioni di futuri focolai di malattie.

I reclutatori ucraini e la disinformazione russa (butac.it)

di 

Ancora una volta, un commento anonimo diventa una “verità” sui social.

Lo condividono in tanti, spesso senza verificare, perché conferma i loro pregiudizi. Ma cosa c’è di vero? Spoiler: poco, se non nulla.

Leggo spesso commenti surreali, di persone che non conoscono nulla della realtà sul campo ma che commentano informandosi sui giornali o alla TV.
Io lavoro in Ucraina da 30 anni, ho un’azienda in Ucraina, purtroppo da 3 anni non riesco fisicamente ad andare lì ma sono ovviamente in contatto costante con chi lavora per me.
Il 2025 è iniziato nel peggiore dei modi, c’è una crisi economica fortissima, mai vista nei 3 anni precedenti, uno dei miei colleghi era in piazza Maidan ai tempi della “rivoluzione arancione”, ci credeva veramente, già però dopo 2-3 anni non ci credeva più perché vedeva corruzione ed oligarchi spadroneggiare come prima.
Oggi questo ragazzo, che ha 40 anni, non prende MAI i mezzi pubblici, non cammina per strada, esce solo con la sua auto perché sa che da un momento all’altro può essere preso dai cosiddetti “reclutatori”, che non sono altro che squadracce che prendono la gente per strada, la arrestano, la mandano a fare 30 giorni di addestramento e poi dritti al fronte.
Ci sono costantemente gruppi di donne ed anziani che tentano di difendere le persone “prelevate” cercando di mettersi fisicamente tra loro ed i “reclutatori” insultandoli in ogni modo.
I tempi in cui gli Ucraini affluivano a fiumi come volontari sono finiti nel 2022, adesso volontari non c’è ne sono più, adesso è caccia all’uomo per le strade per mandare al fronte carne da cannone.
Sarebbe ora di smetterla di raccontare queste terribili favole in cui tutti gli ucraini sono con Zelensky perché è una sciocchezza pazzesca.
Certo, nessun ucraino salterebbe di gioia a cedere i propri territori, ma moltissimi di loro sarebbero ben disposti ad accettare questo sacrificio in cambio della pace e del ritorno ad una vita normale.
Raccontare che “la decisione spetta agli ucraini” è fuorviante perché oggi in Ucraina non è possibile dissentire dalla linea di Zelensky, c’è la legge marziale, i giornali e partiti di opposizione sono stati chiusi e messi fuorilegge, quindi vorrei capire di che volontà parliamo….
La fonte, come tutti quelli che l’hanno ripreso ci tengono e spiegare, è un:
Commento in un post

Ovvero nessun nome e cognome, ma un commento anonimo lasciato chissà dove e chissà da chi. Il fatto che a condividere un contenuto del genere sia qualcuno che mi segue in quanto fact-checker mi lascia come sempre allibito, ma a cosa serve spiegare milioni di volte che i contenuti anonimi non vanno mai condivisi, anche (e a volte soprattutto) se rispecchiano al mille per mille i nostri bias?

Ma questa è un’altra storia, a noi qui interessa mettere in evidenza che il post è un accozzaglia di pregiudizi e fallacie logiche e per questo non andrebbe condiviso, specie da chi vorrebbe schierarsi dalla parte della corretta informazione.

Partiamo dall’inizio, quando si usano ben due bias:

Bias di autorità e bias dell’esperienza personale

Io lavoro in Ucraina da 30 anni, ho un’azienda in Ucraina, purtroppo da 3 anni non riesco fisicamente ad andare lì, ma sono ovviamente in contatto costante con chi lavora per me.

Dire “io lavoro in Ucraina da trent’anni, quindi sono una fonte attendibile su tutto quello che riguarda l’Ucraina anche se non ci metto piede da diversi anni” è come dire “ho vissuto in Italia per decenni, quindi sono più informato degli altri su come si vive in Italia oggi anche se gli unici con cui sono rimasto in contatto sono i miei amici di Lampedusa”. Se non ci vai da tre anni e ti basi solo sui racconti di quelli che conosci, è chiaro che il quadro sarà parziale.

  • Bias dell’esperienza personale → L’autore sovrastima la propria capacità di comprendere la realtà attuale basandosi solo sui suoi contatti. Non essere in loco limita il suo punto di vista.
  • Bias di autorità → Implica che la sua opinione abbia più valore rispetto a chi legge i giornali o guarda la TV, senza fornire dati a sostegno.

I reclutatori

Poi ci viene raccontato del pessimo momento che passa il Paese – abbastanza ovvio, visto che il Paese è stato invaso e c’è una guerra in corso – e si accenna alla questione dei reclutatori, sostenendo che:

…da un momento all’altro può essere preso dai cosiddetti “reclutatori”, che non sono altro che squadracce che prendono la gente per strada, la arrestano, la mandano a fare 30 giorni di addestramento e poi dritti al fronte.

Ma le cose non stanno come vengono raccontate. In Ucraina è in corso una guerra, di quelle vere, ed è vero che per gli ucraini la leva è obbligatoria, oltre al fatto che al momento nel Paese vige la legge marziale. Zelensky ha evitato, per ora, di abbassare troppo l’età per cui il servizio militare è obbligatorio (come invece era stato proposto ad esempio dal governo americano l’anno scorso). L’età di leva erano i 27 anni, abbassati a 25. Come spiegava il Guardian a dicembre 24:

President Volodymyr Zelenskyy has resisted public calls from the Biden administration to lower the age at which men can be mobilised from 25, where it currently stands, to 18, citing the sensitivities of sending younger men to fight in a society that already faces a demographic crisis. But with Russia continuing to find fresh recruits for its grinding advances, the army is struggling to find enough people to fill the gaps at the front.

Inoltre l’addestramento non dura affatto trenta giorni: era lungo tre volte tanto ed ora è stato ulteriormente allungatoSebbene ci siano stati alcuni casi documentati di pratiche di reclutamento più aggressive, è fondamentale documentarsi dalle fonti ufficiali per comprendere appieno la situazione.

 Le autorità ucraine stanno cercando di bilanciare la necessità di rafforzare le forze armate e il rispetto dei diritti dei cittadini, e qualsiasi abuso segnalato dovrebbe essere oggetto di indagine approfondita. In quest’ottica, l’anno scorso sono stati firmati accordi che consentono ai prigionieri di arruolarsi e che quintuplicano le multe per chi sceglie di professarsi obiettore di coscienza o sceglie di disertare, per questo i giovani che sembrano essere in età di leva vengono fermati e controllati. 

Il sostegno della popolazione

A febbraio 2025 è stato realizzato un sondaggio dal Kyiv Institute of Sociology, sondaggio che mirava a quantificare il sostegno della popolazione ucraina nei confronti di Zelensky. Riportava ANSA:

Circa il 57% degli ucraini si fida di Volodymyr Zelensky e ne approva l’operato, secondo un sondaggio pubblicato oggi e condotto dal Kyiv Institute of Sociology (Kiis) fra il 4 e il 9 febbraio, segnando un incremento di 5 punti percentuali rispetto all’ultimo sondaggio di dicembre.

Trump è stato eletto con circa il 49,8% delle preferenze, Harris ha perso con il 48,3%. Zelensky, secondo questo sondaggio, ha molto più sostegno della popolazione di quanto ne abbia un presidente statunitense.

Concludendo

Questo è solo uno dei tanti esempi di come narrazioni anonime e prive di fonti si diffondano sui social, alimentando convinzioni errate e polarizzando il dibattito. La guerra in Ucraina è complessa e andrebbe analizzata con dati verificabili, non con post virali senza fonti.

Ogni volta che leggiamo qualcosa che si allinea perfettamente ai nostri bias, fermiamoci e chiediamoci: è davvero così? O è solo l’ennesimo caso in cui la disinformazione si traveste da testimonianza diretta?