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L’INTERO discorso di Draghi sui ritardi e gli errori dell’Europa / Le risposte di Draghi al termine della sua audizione in Parlamento ( (Vista Agenzia Televisiva Nazionale)

“È un grande piacere avere l’occasione di 
approfondire con voi i contenuti del Rapporto 
sul Futuro della Competitività Europea. 

Ringrazio i Presidenti per l’invito. E ringrazio tutti voi per l’interesse e per i contributi che sono certo arricchiranno un dibattito che ritengo decisivo per il futuro dei cittadini italiani ed europei.

Tra l’altro, è la prima volta che torno in Parlamento dopo la fine del mio mandato da Presidente del Consiglio. Lo faccio con un po’ di emozione e con tanta gratitudine per quello che questa istituzione ha saputo fare in anni molto complicati per il Paese – e per quanto sta ancora facendo.

Quando la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, mi ha chiesto di redigere un Rapporto sulla Competitività, i ritardi accumulati dall’Unione apparivano già preoccupanti. L’Unione Europea ha garantito per decenni ai suoi cittadini pace, prosperità, solidarietà e, insieme all’alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza.

Questi sono i valori costituenti della nostra società europea. Questi valori sono oggi posti in discussione. La nostra prosperità, già minacciata dalla bassa crescita per molti anni, si basava su un ordine delle relazioni internazionali e commerciali oggi sconvolto dalle politiche protezionistiche del nostro maggiore partner. I dazi, le tariffe e le altre politiche commerciali che sono state annunciate avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee”.

Così Mario Draghi in audizione davanti alle Commissioni riunite di Camera e Senato.

Ma l’intesa non può cancellare i bimbi rapiti e l’orrore di Bucha (lastampa.it)

di Anna Zafesova

Massacro di Bucha, uno dei peggiori crimini russi 
in Ucraina fra quelli scoperti sinora. 

Gli Usa, per ordine di Trump, smettono di indagare su questi crimini e di perseguire i criminali russi, nel nome “della pace” con Putin. Trump sempre più vicino a Putin!

Vladimir Putin e Donald Trump sarebbero «a pochi passi dalla pace», come afferma la portavoce della Casa Bianca, e in attesa della telefonata di oggi si scambiano dei gesti di reciproca cortesia. Il padrone del Cremlino ha ieri esonerato, con un decreto ad hoc, alcuni fondi di investimento americani dal divieto di vendere i titoli russi in loro possesso, introdotto dalla Russia per le entità finanziare dei “Paesi ostili”, cioè occidentali.

Il regalo di Trump è meno tangibile materialmente, ma molto più prezioso: gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Icpa, il centro internazionale che indaga sul crimine di aggressione contro l’Ucraina. Fondato sotto l’egida dell’Eurojust, l’agenzia europea per la cooperazione nella giustizia penale, questo organismo è stato creato per perseguire la dirigenza della Russia – insieme a quella dei suoi alleati, Belarus, Corea del Nord e Iran – per il crimine dell’invasione dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti erano l’unico Paese non europeo ad aver inviato all’Aja un procuratore speciale che collaborava nelle indagini con gli investigatori ucraini e di varie nazioni dell’Unione Europea, insieme alla Corte penale internazionale (che ha già incriminato Putin per la deportazione dei bambini ucraini in Russia).

I lavori del team europeo ovviamente proseguiranno, ma è un segnale importante che la Casa Bianca manda a Putin: a differenza di Joe Biden, non lo considera un “killer”, né un nemico del mondo libero. E non si tratta soltanto della diffidenza di Washington verso gli organismi internazionali multilaterali, arrivata al massimo storico con l’arrivo di Trump: il New York Times riferisce che l’amministrazione repubblicana ha anche dato l’ordine di ridurre l’impegno del WarCAT, il team messo in piedi dall’America stessa già nel 2022 allo scopo di far rispondere i russi responsabili dei crimini di guerra.

Non solo reati contro il diritto internazionale quindi, come l’aggressione militare e la violazione della sovranità dell’Ucraina, ma crimini contro i civili, come la strage di civili a Bucha (e in tante altre città ucraine finite sotto l’occupazione russa), le torture, le violenze e i rapimenti.

Una decisione che arriva proprio il giorno dopo il terzo anniversario del bombardamento russo del teatro di Mariupol, dove si nascondevano centinaia di civili. Quando il WarCAT era stato fondato, il procuratore generale statunitense dell’epoca Merrick B. Garland aveva promesso che «non ci sarà un posto dove i criminali di guerra potranno nascondersi se hanno commesso atrocità in Ucraina».

I magistrati americani avevano garantito, sia direttamente sia con perizie, aiuto logistico e addestramento, la giustizia ucraina. Ora, il loro impegno verrà ridotto, con la solita scusa della «necessità di rivedere l’impiego delle risorse», utilizzata in tutti i tagli ordinati dall’amministrazione Trump, inclusa la decisione, di qualche giorno fa, di cancellare i finanziamenti per il team americano impegnato nella ricerca dei minori ucraini deportati in Russia.

Poi è arrivata la decisione di chiudere Radio Liberty, fondamentale risorsa di informazione in Russia e molti Paesi ex sovietici, e infine il gesto dimostrativo di sfilarsi dagli organismi di giustizia internazionale che vorrebbero portare Putin all’Aja.

Per Washington, non è più un criminale: un messaggio che va ad aggiungersi ai numerosi lanciati da Trump a indirizzo del dittatore russo, al quale continua ad aprire crediti di fiducia nella speranza di persuaderlo alla tregua.

Quanto ci possa riuscire non è chiaro: ufficialmente, non si sa nulla sul contenuto delle condizioni supplementari consegnate la settimana scorsa a Steve Witcoff, il negoziatore americano che Putin ha fatto attendere per ben otto ore prima di convocarlo al Cremlino.

Un gesto chiaramente intenzionale, mentre i vari esponenti di Mosca, propagandisti e diplomatici, continuano a criticare – almeno in pubblico – l’idea stessa della tregua come una pausa che andrebbe a vantaggio degli ucraini.

L’avanzata dei militari russi nella regione di Kursk e la ripresa, seppure lenta, dell’offensiva nella regione di Zaporizzhia, fanno pensare a Mosca di avere il coltello dalla parte del manico, e quindi di poter ottenere di più ponendo condizioni sempre nuove e procrastinando l’ipotetico vertice dei due presidenti, cui Trump tiene probabilmente molto più di Putin.

Anche il Cremlino però non ha molto tempo a disposizione: secondo alcune fonti anonime della Banca Centrale russa, verso giugno gli effetti economici delle sanzioni, della spesa militare e dell’inflazione potrebbero andare fuori controllo.

E infatti, secondo alcune indiscrezioni, Putin vorrebbe parlare con gli americani anche di affari, in particolare della possibilità di vendere alcuni asset europei delle società petrolifere russe agli americani: come a Kyiv, anche a Mosca hanno già capito che il business interessa l’amministrazione trumpiana molto più delle vittime dei crimini di guerra.

«Picierno appesa», «Sopprimiamo Calenda»: nuove minacce fuori da un liceo di Genova: le scritte con la firma filorussa (open.online)

di Ugo Milano

Il leader di Azione ha risposto sui social con 
l'indirizzo della sede nazionale del suo partito
Nuove minacce contro il leader di Azione, Carlo Calenda, e l’eurodeputata del Pd, Pina Picierno.
Sui muri esterni di un liceo di Genova sono apparse scritte minacciose contro i due politici italiani: «Picierno appesa», «Calenda traditore», «Sopprimiamo Calenda». A condividere alcune foto delle scritte è lo stesso Calenda, che sui social commenta ironicamente: «C’è un bel clima».
E poi invita gli autori delle scritte a presentarsi alla sede di Azione a Roma: «Ripeto. Corso Vittorio Emanuele II, 21. Provateci codardelli».

Immagine

I precedenti

Non è la prima volta che Calenda e Picierno sono vittime di minacce di questo genere. Pochi giorni fa, il leader di Azione aveva condiviso sui social la scritta intimidatoria «Calenda infame» comparsa fuori dalla scuola del figlio a Roma.

L’eurodeputata del Pd, che è anche vicepresidente del Parlamento europeo, era stata attaccata invece da Vladimir Solovyev, presentatore tv russo considerato vicino a Vladimir Putin, che l’ha definita una «bestia schifosa» e un’«idiota patentata».

Trump e Putin si dividono il mondo come a Yalta. Stop attacchi alle centrali: le richieste dello Zar, la trattativa sugli asset ucraini e il cessate il fuoco all’orizzonte (ilriformista.it)

di Paolo Guzzanti

La chiamata

Il cessate il fuoco ci sarà, ma sarà parziale e avrà come obiettivo quello di salvaguardare gli impianti energetici come quello di Zaporizhzhya per mettere in salvo, oltre alle vite umane, i ricchissimi beni minerari ucraini che saranno sfruttati – a quanto sembra – non solo dagli americani ma anche dai russi, con i padroni di casa ucraini ai margini.

Non si sparerà sul mare, per ora, e nelle aree degli impianti che servono a tutti, prima di arrivare a un vero cessate il fuoco. Quindi, centrali a parte, la guerra continua salvo che sul Mar Nero e sugli impianti. Ci sarà un immediato scambio di alcune centinaia di prigionieri caldeggiato da Zelensky per riportare a casa un po’ dei suoi uomini. Putin ha ottenuto la cessazione dell’invio di armi americane e non è stato detto nulla su quelle europee.

Il comunicato

Il comunicato russo dopo il colloquio telefonico durato più di due ore viene declamato dal primo l’inviato speciale del presidente russo, Kirill Dmitriev, che annuncia: “Sotto la guida del Presidente Vladimir Putin e del presidente Donald Trump oggi il mondo è diventato un posto molto più sicuro” e poi ha esclamato: “Storico!”.

Anche le Nazioni Unite, che in questi tre anni di aggressione a uno Stato europeo hanno taciuto, salvo belati, hanno ritrovato entusiasmo espresso dal portavoce Farhan Haq che ha sobriamente sottolineato “quanto sia importante che la leadership degli Stati Uniti e della Federazione Russa siano in contatto”.

L’accordo

Dopo le 18 su Kiev piombava la depressione e l’impressione che la Russia avesse trionfato prendendosi tutto e che la sovranità dell’Ucraina fosse confiscata con il divieto di entrare nella Nato e nell’Unione Europea. Molte le voci di una cessione ai russi anche del vitale porto di Odessa. Trump coglie una indiscussa vittoria avendo in mano la delega (e la sconfitta) di Zelensky.

Alle 19 l’agenzia di stampa russa Novosti dava la notizia secondo cui “gruppi di esperti americani e russi lavoreranno per raggiungere un accordo di pace”. L’Ucraina non ha voce in capitolo. I due leader mondiali dell’Est dell’Ovest, Vladimir Putin e Donald Trump hanno dunque raggiunto un accordo sull’Ucraina che prelude a una nuova divisione del mondo e non soltanto al cessate il fuoco. Le relazioni americane con la Russia saranno ricostruite e influenzeranno il mondo.

I russi concedono un mezzo cessate il fuoco purché gli ucraini rinuncino alle centrali energetiche per lo sfruttamento delle risorse ucraine. Non si capisce bene quale quota dei beni minerari dell’Ucraina andranno all’Ucraina stessa. Tutto sembra per ora deciso soltanto dal duopolio Mosca- Washington. 

Sembra evidente che l’Ucraina sia costretta ad accettare di cedere più o meno quel venti per cento del suo territorio. Volodymyr Zelensky ha annunciato che oggi andrà in Finlandia per nuovi accordi militari non solo con Helsinki ma anche con le Repubbliche Baltiche e la Svezia.
La telefonata è iniziata alle 16 ora italiana con uno stuolo di interpreti bilingui, consiglieri militari ed economici.

Come a Yalta, Crimea 1945

Se ne parlerà come fino ad oggi si è parlato degli accordi di Yalta, in Crimea nel 1945, come uno dei momenti più gravi della storia. A Yalta il primo ministro inglese Winston Churchill e il sovietico Jozef Stalin – il Presidente americano Franklin Roosevelt era in gravissime condizioni e mentalmente assente – divisero il mondo nelle due sfere d’influenza sovietica e americana, poi teatro della guerra fredda.

Steve Witkoff, inviato speciale di Trump per il Medio Oriente e poi gradualmente ha sostituito il generale Keir Kellogg. È stato lui a guidare la trattativa globale per la ricostruzione dei legami fra Mosca e Washington. E Witkoff ha detto soltanto che la distanza fra le due posizioni si era ridotta.

Zelensky accusava la Russia di imprimere una ulteriore accelerazione alla sua avanzata in Ucraina mentre tergiversava sulle richieste e pretese per iniziare la trattativa. L’esercito russo è riuscito a cacciare quasi completamente le truppe ucraine dall’oblast russo di Kursk.

Trump aveva scritto lunedì sul suo “Truth Social” che lo scopo della telefonata con Putin era quello di arrivare al cessate il fuoco “dopo aver raggiunto molti accordi parziali che autorizzavano a una ragionevole speranza, ma non di più”.

Le richieste di Putin

Putin non vuole che durante i 30 giorni del cessate il fuoco l’Ucraina sia provvista di armi occidentali, senza poter dare alcuna garanzia di reciprocità: la Russia seguiterebbe ad armarsi e preparare l’assalto finale. La parte americana riconosce la Crimea come conquista russa ma si è svolta una minuziosa e faticosissima trattativa sugli assets ucraini, di cui la Russia reclama alcune centrali elettriche.

È un gran calderone e non ha nulla a che fare, questo accordo commerciale fra russi e americani, con la grande speranza di pace che il mondo intero si aspettava col fiato sospeso.