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Cosa c’è nel libro che Meta non vuole sia letto (ilpost.it)

"Careless People" è stato scritto da un'ex 
dipendente molto critica su Mark Zuckerberg e la 
società, a cui è stato vietato di promuoverlo

Meta, la società che controlla Facebook e Instagram, sta facendo di tutto per evitare che Careless People, un libro molto critico nei suoi confronti, continui a essere venduto e diffuso.

La scorsa settimana ha ottenuto in tribunale che l’autrice Sarah Wynn-Williams, una ex dipendente di Facebook, sospenda la promozione del libro in attesa di una decisione sull’eventuale violazione del contratto che aveva firmato con Meta. Nonostante la decisione, il libro continua a essere venduto e la casa editrice Macmillan ha detto di non avere intenzione di ritirarlo.

Careless People era stato messo in vendita lo scorso 11 marzo negli Stati Uniti, senza che ci fossero state particolari anticipazioni nei giorni precedenti e cogliendo di sorpresa diverse persone.

Nel libro sono segnalati presunti casi di molestie da parte di alcuni dirigenti di Facebook nei confronti di Wynn-Williams, ma anche i cambiamenti di approccio da parte del CEO Mark Zuckerberg su molte questioni, dai rapporti con la Cina a quelli politici negli Stati Uniti. Meta sostiene che il libro contenga numerose falsità e che sia denigratorio, e ha ricordato di avere licenziato Wynn-Williams per la sua «scarsa resa».

Wynn-Williams è neozelandese e mentre lavorava all’ambasciata della Nuova Zelanda a Washington, negli Stati Uniti, si era candidata per lavorare a Facebook dove era stata assunta nel 2011. Nei sette anni successivi aveva ricoperto il ruolo di “Director of Public Policy”, con il compito di influenzare le politiche di governi, enti regolatori e altre istituzioni in modo favorevole agli interessi dell’azienda.

Nel 2017 aveva lasciato Facebook e, mentre iniziava una carriera legata al settore dell’intelligenza artificiale, aveva iniziato a pensare a un libro in cui raccogliere le proprie memorie sugli anni trascorsi nell’azienda.

Nel libro, Wynn-Williams dice di avere lavorato in varie occasioni a stretto contatto sia con Zuckerberg sia con Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook fino al 2022 e tra le persone più influenti nel settore tecnologico degli Stati Uniti.

Il titolo stesso del libro, Careless People, fa riferimento a una frase del romanzo Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, in cui due personaggi sono definiti  “gente incurante”: «Sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia noncuranza o in ciò che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano fatto».

Wynn-Williams racconta che nei suoi anni a Facebook ebbe modo di vedere Zuckerberg cambiare, diventando via via più interessato ad avere visibilità, essere apprezzato e adulato. Cita un episodio dove le era stato chiesto di radunare un’enorme folla per accogliere Zuckerberg durante un suo tour in Asia per promuovere l’azienda, ma anche il tentativo di avvicinarsi al presidente cinese Xi Jinping per provare a persuaderlo a sbloccare Facebook in Cina, superando i sistemi di censura che lo rendono inaccessibile nel paese.

L’apertura avrebbe permesso a Facebook di aggiungere centinaia di milioni di nuovi utenti, ma Xi non mostrò particolare interesse anche se – secondo Wynn-Williams – Zuckerberg si era offerto di fare diverse concessioni sul controllo dei contenuti in modo da non violare la censura del governo cinese.

Il libro cita anche il periodo intorno al 2016, quando Facebook decise di fornire assistenza con il proprio personale alla campagna elettorale per Donald Trump, che vinse poi le elezioni contro Hillary Clinton. Wynn-Williams aggiunge che – in seguito al successo di Trump – Zuckerberg valutò seriamente di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti, tenendo alcuni discorsi negli stati in bilico in cui suonava «come un bambino che pensa che un presidente parli in quel modo».

Secondo Wynn-Williams intorno a Zuckerberg si era creata una tale condiscendenza da fargli sovrastimare ampiamente le sue effettive capacità. I suoi collaboratori lo lasciavano vincere ai giochi da tavolo, se dimenticava qualcosa come il passaporto per un viaggio non era colpa sua, ma dei suoi assistenti, e si riferiva ai politici dubbiosi delle politiche adottate dal suo social network come «avversari» da «tirare dalla nostra parte».

Viene anche citata la questione del Myanmar, quando una campagna massiccia di disinformazione condotta tramite le piattaforme di Meta fu tra le cause di migliaia di uccisioni e violenze razziste soprattutto nei confronti della minoranza dei Rohingya. Facebook nel 2018 ammise di avere avuto un ruolo nelle campagne d’odio, ma rifiutò di assumersi tutte le responsabilità.

Altre parti del libro si concentrano su Sandberg, che nel 2013 aveva pubblicato Lean in, un saggio sul ruolo delle donne nelle aziende e sulle loro opportunità di carriera, che aveva avuto un grande successo, anche se i più critici avevano segnalato come le esperienze raccontate derivassero da un’autrice con non pochi privilegi.

Wynn-Williams scrive che lavorandoci insieme cambiò la propria opinione su Sandberg, arrivando alla conclusione che il suo attivismo fosse solo di facciata e che fosse invece molto attenta alle dimostrazioni di «obbedienza e vicinanza» da parte dei suoi collaboratori.

Gli episodi su Sandberg sono vari e spesso legati secondo l’autrice a una certa mancanza di consapevolezza dei limiti e dei confini, tra colleghi di lavoro. In un’occasione Sandberg incaricò la propria assistente Sadie di andare a fare shopping e acquistare «lingerie per entrambe senza limiti di budget e Sadie ubbidì, spendendo 10mila dollari in intimo per Sheryl e 3mila dollari per sé».

Quando Sadie la ringraziò, Sandberg rispose: «Felice di trattare le tue tette come meritano». In un’altra occasione «Sheryl e Sadie fecero a turno a dormire una sul grembo dell’altra» accarezzandosi a vicenda i capelli mentre erano in un lungo viaggio in auto. Wynn-Williams racconta che in occasione di un volo di dodici ore su un jet privato Sandberg riservò per sé l’unico letto disponibile a bordo, insistendo più volte perché Wynn-Williams dormisse con lei.

Altri racconti riguardano Joel Kaplan, repubblicano e con un passato nell’amministrazione di George W. Bush, oggi presidente degli affari globali di Meta e all’epoca già vicepresidente nel medesimo ufficio. Secondo Wynn-Williams durante una festa aziendale Kaplan si strusciò contro di lei dicendole che era “sexy”.

Kaplan chiese poi con insistenza a Wynn-Williams di partecipare a delle videoconferenze, anche se aveva appena avuto il suo secondo figlio e un grave problema di salute durante il parto. Lei lo fece presente all’azienda ma un’indagine interna non portò a rilevare particolari problemi, e la sua segnalazione nei confronti di Kaplan fu chiusa.

Il libro di Wynn-Williams si inserisce in un ampio filone di accuse nei confronti di Meta, sia sulla gestione del proprio personale sia delle piattaforme utilizzate ogni giorno da miliardi di persone per informarsi, comunicare e svagarsi.

Molte delle accuse sono basate su rivelazioni e documenti interni della società, sull’esperienza di ex dipendenti o di persone che ancora lavorano all’interno di Meta e che hanno parlato ai giornalisti mantenendo l’anonimato. In più occasioni l’azienda ha risposto alle accuse e alle critiche, smentendo alcuni problemi o impegnandosi a risolverne altri.

Nel caso di Careless People la società ha cercato da subito di bloccare la diffusione del libro, sostenendo che Wynn-Williams avesse sottoscritto una clausola contrattuale che le avrebbe impedito di fare dichiarazioni negative nei confronti di Meta, una volta concluso il rapporto di lavoro.

Clausole di questo tipo sono frequenti soprattutto nel caso di manager e dirigenti, insieme agli accordi di riservatezza per evitare che svelino informazioni interne delle aziende per cui hanno lavorato. Meta ha quindi chiesto un arbitrato di emergenza, ottenendo un ordine per Wynn-Williams di sospendere la promozione del libro in attesa di ulteriori pronunciamenti.

La decisione non sembra abbia avuto particolari conseguenze. Il libro è ancora disponibile per l’acquisto e continua a essere segnalato sul sito della casa editrice Macmillan. Le polemiche intorno alla sua pubblicazione e il tentativo di Meta di fermarne la diffusione sembra abbiano giovato al libro, che lunedì mattina appariva al quarto posto della classifica generale dei libri più venduti su Amazon negli Stati Uniti.

La casa editrice ha detto di essere: «Inorridita dalle tattiche di Meta volte a mettere a tacere la propria autrice attraverso l’uso di una clausola nel contratto di risoluzione del rapporto lavorativo». Macmillan ha inoltre segnalato di avere eseguito un «approfondito lavoro di editing e verifica» del libro prima di pubblicarlo.

Meta ha descritto Careless People come un «misto di affermazioni obsolete, cose già discusse in precedenza su Meta e accuse false nei confronti dei nostri dirigenti». La società ha anche pubblicato un breve documento nel quale fornisce una versione diversa delle informazioni contenute nel libro, per esempio sull’interesse di Meta verso la Cina e le questioni legate al Myanmar.

In un’intervista data poco prima dell’arbitrato, Wynn-Williams aveva detto di essere colpita dalla scelta di Meta di accusarla di avere pubblicato un libro privo di verifica dei fatti: «Non trovate ironico che si stiano distanziando dal fact-checking eppure una delle vostre domande sia a nome di un portavoce di Meta che tira in ballo il fact-checking? È un’ipocrisia scandalosa. […] Stanno cercando di screditarmi e convincere la gente a non leggere il libro».

La sinistra che si oppone al riarmo rischia di condannarsi all’irrilevanza e di consegnare l’Unione Europea ai regimi autoritari (valigiablu.it)

di

Il Parlamento europeo ha votato la settimana 
scorsa una risoluzione non vincolante che 
stabilisce la linea sulla difesa e il riarmo. 

Le critiche più aspre alla risoluzione della Commissione europea sulla difesa e il riarmo sono arrivate da esponenti del della Sinistra (GUE/NGL).

“Si trovano soldi per i carri armati ma non per gli ospedali”, ha detto l’eurodeputata francese Manon Aubry (La France Insoumise), osservando sarcasticamente: “è come se, all’improvviso, non ci fossero più il riscaldamento globale o la povertà, e l’unica priorità fossero i veicoli blindati”.

Analogamente, Benedetta Scuderi dei Verdi ha sostenuto che “per la corsa al riarmo si mette in discussione tutto” a partire dalla spesa sociale. Altre voci si sono unite al coro, tra cui il co-presidente della Sinistra Martin SchirdewanDanilo Della Valle del Movimento 5 Stelle, partito che ha inscenato una protesta sventolando slogan come “basta armi” o “+ sanità – armi”.

In definitiva, la posizione di questi politici si riduce a: lasciamo che il mondo intorno a noi crolli, che i paesi vengano invasi, tanto non sono affari nostri. Dichiarano di voler preservare il loro modello sociale aumentando il budget per il welfare e limitando la spesa per la sicurezza – un ideale che qualsiasi politico di sinistra condividerebbe.

Ciò che comodamente ignorano è che lo stesso modello sociale che cercano di proteggere è stato reso possibile proprio perché la sicurezza è stata esternalizzata ad altri attori, ovvero gli Stati Uniti. Ma cosa succede quando la sicurezza non è più garantita da questi attori?

Questa è una domanda che non affrontano mai, proponendo invece semplici slogan. La realtà della competizione di potere internazionale – che oggi vive uno dei momenti più drammatici degli ultimi decenni – è semplicemente ignorata.

Mentre la Francia, la Spagna, l’Italia o la Germania non devono affrontare una minaccia militare immediata, per la Polonia, gli Stati Baltici e i Paesi Nordici il pericolo è diretto. Quando il tuo vicino è una delle maggiori potenze militari del mondo, un paese che nell’ultimo decennio ha violato tutti i principali accordi internazionali, bombarda quotidianamente le città ucraine e sorpassa l’Europa nella corsa agli armamenti, la capacità di difendersi non è una “corsa agli armamenti”, ma un prerequisito per la sopravvivenza.

Alla base di questo problema c’è il rifiuto di vedere l’Europa come un progetto condiviso. Ironicamente, questo tipo di opposizione di sinistra alla difesa europea è una forma di nazionalismo camuffato. L’Unione Europea non è mai stata solo un progetto economico, ma un progetto politico e di sicurezza volto a prevenire le guerre, una lezione appresa dalle ripetute catastrofi del passato.

Ciò che rende questa posizione particolarmente dannosa per la sinistra è che rispecchiano l’isolazionismo dei partiti sovranisti di destra. Ciò è chiaramente illustrato dal voto di Alternative für Deutschland a fianco della sinistra. Tuttavia, a differenza della sinistra, la destra è coerentemente isolazionista. La loro posizione è diretta: rifiutano gli impegni militari esterni e si oppongono ai migranti, rafforzando una visione del mondo in cui contano solo gli interessi della loro nazione e nulla al di fuori dei loro confini merita attenzione.

Questa posizione ha almeno il vantaggio della coerenza, che la rende più attraente per gli elettori che credono nell’interesse personale assoluto.

Al contrario, l’isolazionismo selettivo della sinistra – in cui le minacce alla sicurezza vengono ignorate, mentre persistono gli appelli alla solidarietà internazionale su questioni sociali e ambientali – manca di coerenza e non riesce a entrare in sintonia con un pubblico più ampio.

Suscitando sentimenti isolazionisti ed egoistici, la sinistra populista coltiva un terreno emotivo che in ultima analisi avvantaggia la destra. Dopo tutto, se lo stato d’animo politico dominante è quello dell’egocentrismo nazionale, è la destra – non la sinistra – a offrire una visione più chiara.

Tuttavia, bisogna ammettere che le voci critiche di sinistra ed ecologiste che denunciano i piani di riarmo dell’Europa hanno pienamente ragione nel sottolineare che né la crisi climatica né la disuguaglianza sistemica sono scomparse. Si tratta effettivamente di minacce esistenziali per l’umanità. Ma hanno ragione a presentare la capacità militare e il sostegno all’Ucraina come un ostacolo nell’affrontare queste sfide globali?

In realtà, la lotta per la sicurezza e quella contro il cambiamento climatico sono profondamente interconnesse. Prendiamo ad esempio il consumo di combustibili fossili. La dipendenza dell’Europa – e in particolare della Germania – dai combustibili fossili russi a basso costo non è stata solo un disastro ambientale, ma anche una grave responsabilità geopolitica. La dipendenza energetica dalla Russia ha dato al Cremlino uno dei suoi più efficaci strumenti di influenza politica sull’Europa. Ha finanziato la macchina bellica russa e allo stesso tempo ha reso le nazioni europee vulnerabili al ricatto energetico.

Pertanto, il rapido sviluppo di fonti energetiche alternative non è solo un imperativo ambientale: è una necessità geopolitica. È proprio quello che chiedono gli ucraini e gli altri Stati minacciati dall’espansionismo russo. Le democrazie che si affidano a regimi autoritari per una questione così cruciale come l’energia stanno sabotando la propria sovranità e sicurezza.

Come giustamente affermato dall’europarlamentare Li Andersson, anche lei membro del gruppo della Sinistra, l’UE dovrebbe porsi l’obiettivo strategico di ridurre la dipendenza da attori esterni, compresi l’energia e la sfera digitale. Tuttavia, proprio in questo momento, secondo quanto riportato dal sito investigativo iStories le autorità tedesche, russe e statunitensi stanno discutendo la ripresa delle forniture di petrolio e gas russo alla Germania – una mossa che contraddice direttamente la sicurezza e l’indipendenza energetica a lungo termine dell’Europa.

Risolvere le sfide globali come cambiamento climatico e disuguaglianze sociali è senza dubbio una priorità, ma farlo in un quadro di isolamento e sovranismo è una contraddizione. In un mondo in cui il concetto di bene collettivo scompare e la politica è dettata unicamente dalla massimizzazione degli interessi nazionali, le forze che ne traggono vantaggio non sono quelle che sostengono la giustizia climatica o l’uguaglianza sociale.

Al contrario, un mondo del genere è proprio quello che Trump e Putin promuovono apertamente: un mondo in cui la natura e la vita umana sono risorse sacrificabili per il perseguimento del potere statale, al servizio degli autocrati che lo controllano. Questo non significa che le democrazie liberali diano automaticamente priorità alla natura e alla vita umana.

La differenza, tuttavia, è che nei sistemi democratici c’è spazio per l’opposizione e la possibilità di imporre visioni alternative. Basta chiedere agli eco-attivisti e ai sindacalisti russi e cinesi quale sia la loro capacità di lottare per la giustizia sociale e climatica. Negli Stati Uniti, la presidenza Trump ha dimostrato quanto rapidamente i progetti ambientali e sociali possano essere smantellati e i loro valori messi a tacere e criminalizzati.

Né la vita umana né l’ambiente possono essere protetti in uno Stato che rientra nella “zona di interesse” di potenze imperiali autocratiche. L’ironia della sinistra isolazionista è che, rifiutando la cooperazione in materia di sicurezza, sta accelerando la propria irrilevanza politica. In un mondo dominato dalla politica incontrollata delle grandi potenze, loro e i loro valori saranno spinti ai margini, prima politicamente e poi fisicamente.

Il contratto sociale delle nostre società si basa sull’idea che lo Stato esista per proteggere i diritti e le libertà dei suoi cittadini, non per sacrificarli per ambizioni espansionistiche. I regimi autoritari considerano la vita umana come una risorsa sacrificabile da utilizzare per perseguire obiettivi geopolitici. Le democrazie sono vincolate da considerazioni etiche e politiche.

Gli Stati autoritari possiedono un controllo centralizzato sui mezzi di comunicazione e una repressione efficace, che consente loro di condurre guerre con scarsa attenzione all’opinione pubblica. Mentre nelle democrazie i politici, concentrati sui cicli elettorali, danno priorità ai risultati a breve termine rispetto alle strategie a lungo termine.

Pertanto, le società democratiche hanno una vulnerabilità strategica intrinseca quando si confrontano con Stati autoritari aggressivi. Eppure, molte persone preferiscono aggrapparsi alla convinzione che la diplomazia, l’interdipendenza economica o la superiorità morale da sole ci impediranno un’eventuale aggressione militare.

Questo pensiero velleitario porta all’inazione e a una vulnerabilità ancora maggiore che i regimi autoritari sfruttano efficacemente, dipingendo la resistenza ai poteri autocratici come inutile e non vincente.

Gli slogan astratti sulla “abolizione della guerra” rivelano non solo la mancanza di soluzioni pratiche, ma anche la mancanza di volontà di assumersi responsabilità. Permettono invece di sentirsi giusti senza impegnarsi nel difficile lavoro di governo e strategia. Rifiutando di confrontarsi con le realtà militari, questi movimenti diventano spettatori piuttosto che attori, commentando gli eventi piuttosto che plasmarli. Così facendo, in ultima analisi, cedono i compiti critici della sicurezza e della difesa a coloro cui si oppongono ideologicamente.

Invece di ritirarsi in una vuota retorica, la sinistra deve dare forma proattiva alle soluzioni. La sinistra deve unirsi per spingere una strategia di difesa in cui la sicurezza non sia finanziata tagliando i programmi sociali, ma aumentando le tasse sugli ultra ricchi. Come sostiene ancora Li Andersson, “sarebbe un errore storico finanziare tutto questo tagliando il welfare”, poiché una simile mossa non farebbe altro che alimentare l’ascesa dell’estrema destra.

Il passo più immediato ed efficace sarebbe la confisca dei beni russi congelati e il loro rapido reinvestimento in aiuti militari per l’Ucraina. Tuttavia, La France Insoumise, il partito che Manon Aubry rappresenta al Parlamento Europeo, in questi giorni ha votato contro la confisca dei beni russi nel proprio parlamento nazionale. Mentre il Movimento 5 Stelle ha una storia di posizioni pro-Cremlino che includono il voto contrario alle sanzioni alla Russia prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina.

Se la sinistra non agisce concretamente di fronte all’aggressione, non solo perderà credibilità, ma perderà anche il suo ruolo nel plasmare il futuro dell’Europa.

Traduzione dall’originale in inglese a cura di Valigia Blu