Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in maniera efficiente e a svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consensi sottostanti. I cookie categorizzatati come “Necessari” vengono memorizzati sul tuo browser in quanto essenziali per consentire le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivi

I cookie necessari sono fondamentali per le funzioni di base del sito Web e il sito Web non funzionerà nel modo previsto senza di essi. Questi cookie non memorizzano dati identificativi personali.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie funzionali aiutano a svolgere determinate funzionalità come la condivisione del contenuto del sito Web su piattaforme di social media, la raccolta di feedback e altre funzionalità di terze parti.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie analitici vengono utilizzati per comprendere come i visitatori interagiscono con il sito Web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche di numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici di prestazione chiave del sito Web che aiutano a fornire ai visitatori un'esperienza utente migliore.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci pubblicitari personalizzati in base alle pagine visitate in precedenza e per analizzare l'efficacia della campagna pubblicitaria.

Nessun cookie da visualizzare.

L’indecisione di Meloni sui temi più importanti è il solito doppio gioco, che ormai ha stufato (linkiesta.it)

di

L’indolente Giorgia

La premier si atteggia a leader europeista o trumpiana a seconda del momento. Ma questo non fare scelte non è saggezza, è solo una mancanza di linea politica che non fa bene al governo né all’Italia

Va bene, Palazzo Chigi ha smentito alcune ricostruzioni giornalistiche secondo le quali Giorgia Meloni a cena con i suoi sodali a Bruxelles avrebbe detto, contenta di sé, di aver fatto «impazzire la sinistra» con l’intemerata contro il Manifesto di Ventotene. E bisogna prenderne atto.

Eppure è indiscutibile che, forse non lei, ma certo tanti suoi seguaci disseminati tra Parlamento e alcune redazioni – ormai un unico squadrone – in queste ore sogghignino, taluni sghignazzino, persuasi che con quell’attacco a Altiero Spinelli la premier abbia fregato tutti. Ma fregato chi?

Caduta la cartapesta del comizio anti-antifascista nell’aula sorda e grigia di Montecitorio restano due cose: l’inasprimento degli animi di mezzo Paese, cosa che in generale non serve mai a chi governa, e soprattutto l’indecifrabilità della linea politica del governo.

Che è dovuta da una parte alla furbizia della premier – che continua a fare due parti in commedia, la trumpiana in generale e l’europeista sull’Ucraina in particolare –, e dall’altra parte alla persistenza dell’antieuropeismo di Matteo Salvini, che si sta rivelando una spina nel fianco più dura del previsto.

Il risultato è che non si capisce quale sia la posizione del governo italiano. Ma per fortuna di Meloni questa mancanza di chiarezza va a collocarsi in un clima europeo che, dopo giornate rutilanti, appare improvvisamente come sfilacciato, tale da non consentire quello scatto in termini di concretezza che sarebbe auspicabile.

Non è il caso di drammatizzare: il Consiglio europeo che si sta tenendo nella capitale belga non è chiamato a decisioni storiche, e comunque la discussione non è sul se andare avanti sul ReArm Europe ma sul come: politicamente in Europa nessuno si sta tirando indietro.

Dunque il problema non è che la premier non abbia «un mandato» ad andare avanti, come le aveva gentilmente fatto notare il leghista Riccardo Molinari, quanto il fatto che effettivamente Meloni non sta facendo nulla per compattare il governo su una posizione univoca e netta, ritenendo, a torto, che l’indeterminatezza sia la bussola giusta per navigare tra opposte esigenze, l’ossequio a Trump e la fedeltà all’Unione europea.

Nel quadro di un assenso che lei ha già dato al Piano, la presidente del Consiglio ogni tanto mostra scetticismo e qualche contrarietà. Insomma dà l’impressione di menare il can per l’aia in attesa degli eventi: un anti-decisionismo che non è saggezza temporeggiatrice ma che odora di doppiezza. C’è da sperare che non sia così perché è l’Italia a non fare bella figura.

Meglio va invece sull’Ucraina, un capitolo sul quale la presidente del Consiglio non è mai arretrata. Ieri il Consiglio europeo ha confermato il suo «continuo e incrollabile sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale», garantendo il sostegno finanziario su base volontaria a Kyjiv, dove il presidente Volodymyr Zelensky sta muovendosi ogni giorno per arrivare a un primo risultato, ovviamente ostacolato a suon di bombe da Vladimir Putin, ma potendo contare anche sull’iniziativa di Keir Starmer, il leader più determinato a dar man forte all’Ucraina.

Il premier inglese ha spiegato che l’incontro di ieri della “coalizione di volenterosi” ha riguardato la trasformazione dell’idea di sostegno all’Ucraina in «piani militari». Starmer ha sottolineato che «adesso stiamo lavorando a ritmo sostenuto, perché non sappiamo se si troverà un accordo. Spero vivamente di sì, ma se ci sarà un accordo, è davvero importante che saremo in grado di reagire immediatamente».

Ecco che vuol dire un leader che decide, altro che i comizi contro gli antifascisti.

Weber contro tutti: “Stufi di Orban, da Trump bugie sull’Ucraina” (eunews.it)

di Emanuele Bonini

Il presidente del Ppe cerca compromessi con 
alleati con cui è diventato difficile dialogare. 

Tajani: “Sì a difesa comune, non toccheremo coesione”

Come Ppe siamo stufi di Viktor Orban”. Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo, sancisce lo strappo con il primo ministro ungherese e ormai sempre più ex partner. Orban, estromesso dal partito dal 2021, ha superato il limite con la continua minaccia di veti, l’ultimo dei quali sul vertice del Consiglio europeo di oggi (6 marzo) dedicato a difesa e Ucraina.

“Oggi è tempo di mostrare voglia di compromesso”, scandisce Weber al suo arrivo per la riunione del Ppe che precede il summit. Ma non si consuma solo lo strappo con Budapest: Weber attacca anche il presidente degli Stati Uniti, definendolo bugiardo.

Siamo scioccati dalle bugie di Trump. Incolpare l’Ucraina di aver iniziato la guerra è una bugia”, dice ancora il presidente del Ppe, che comunque non vuole scaricare quello che considera ancora un partner strategico. “Crediamo nella cooperazione transatlantica“, che però va rilanciata.

Ben venga quindi l’idea di un summit Ue-Usa come proposto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “C’è la necessità di ricominciare, di parlarsi l’un l’altro”, afferma sostenendo di fatto l’iniziativa di governo.

A proposito di governo, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rassicura circa la tenuta della maggioranza. “Non ci sono divisioni”, assicura, e ribadisce che Forza Italia sostiene convintamente il piano per la difesa della Commissione europea.

“L’Europa delle difesa era il grande sogno di De Gasperi, e poi di Berlusconi”. sottolinea. Quindi rassicura le regioni: “Non useremo i fondi di coesione” per sostenere la difesa.

 (Il presidente del Ppe, Manfred Weber – Bruxelles, 6 marzo 2025. Foto: Emanuele Bonini per Eunews)

Quasi 50 morti vicino all’isola di Lampedusa. Ma il governo tace (ilmanifesto.it)

di Giansandro Merli

Migranti

Il naufragio è avvenuto martedì pomeriggio. La prima, e unica, comunicazione ufficiale solo ieri dalla guardia costiera. Dieci i superstiti, che hanno raccontato di essere fuggiti dalle violenze in Tunisia

Tra l’arrivo dei cadaveri al molo Favaloro e la diffusione di notizie dalle autorità italiane è passato quasi un giorno. Eppure l’ultimo naufragio avvenuto martedì a sud-ovest di Lampedusa è costato la vita a ben 46 persone. Sei i corpi recuperati, quaranta quelli dispersi. Cinque uomini e cinque donne di Costa d’Avorio, Camerun, Mali e Guinea Conakry sono sopravvissuti.

Due persone erano state trasferite sull’isola con urgenza da una motovedetta della guardia costiera. «Un ragazzo del Camerun di 18 anni, che ha perso il fratello di 12, sostiene fossero a meno di 20 chilometri dall’isola. Ci ha raccontato che avevano provato a chiamare i soccorsi ma nessuno è arrivato in tempo. In mare sono rimasti cinque giorni», afferma Francesca Saccomandi, operatrice di Mediterranea Hope, progetto della Federazione delle chiese evangeliche valdesi che offre assistenza al molo. Il barcone era partito dalle coste tunisine di Sfax.

«HA DETTO che non aveva scelta. Sapeva che il meteo sarebbe potuto peggiorare [è successo solo ieri, ndr] ma la situazione in Tunisia è talmente violenta e le partenze così ridotte che si trattava dell’unica possibilità di raggiungere l’Europa, lasciando la zona di El Amra, vicino Sfax, dove era rimasto intrappolato 11 mesi con altre migliaia di migranti», riferisce Saccomandi.

La storia riassume bene gli effetti dell’accordo tra l’Ue e il presidente tunisino Kais Saied: maggiore razzismo e violenza contro i cittadini stranieri, traversate più difficili e pericolose. Il ragazzo è arrivato al poliambulatorio dell’isola in stato di choc, con un braccio gonfio ed evidenti difficoltà a camminare.

Le altre otto persone sono state sbarcate successivamente da una motovedetta della guardia di finanza. Erano circa le 16.30 di martedì pomeriggio. La prima, e unica, comunicazione ufficiale è arrivata alle 12.26 di mercoledì con un comunicato della guardia costiera: «Sono in corso le operazioni di ricerca coordinate dalla Guardia Costiera di Palermo al largo di Lampedusa, avviate a seguito della segnalazione, nella giornata di ieri, di un gommone con migranti a bordo in precario stato di galleggiabilità».

Nessuna coordinata del ritrovamento, nessun orario, nessuna immagine, nessuna informazione su chi e come ha segnalato le persone in pericolo. Così la dinamica esatta, su cui indaga la polizia, resta tutta da chiarire.

IL SILENZIO delle autorità è stato accompagnato dal silenzio politico. Gli esponenti del governo non hanno rilasciato dichiarazioni. Del resto basta che i corpi non si vedano, non siano trascinati a riva o fotografati sul molo perché le istituzioni nazionali facciano finta di nulla.

L’unico a parlare è stato il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino che ha citato il «dramma affrontato e gestito» ma ci ha tenuto soprattutto a ringraziare la destra per l’impegno verso l’isola, dove da domenica sono arrivate 470 persone, e il miglioramento del sistema di sbarco, ricezione e trasferimento dei migranti.

Ad alzare la voce solo alcune organizzazioni umanitarie. «I morti in mare sono un dito puntato contro la nostra incapacità di immaginare un futuro in grado di dare speranza e orizzonti di vita a tutti», ha detto don Marco Pagniello, direttore Caritas. «Non possiamo abituarci a queste morti – ha affermato Giorgia D’Errico, direttrice Relazioni istituzionali di Save the Children – Rinnoviamo l’appello per l’attivazione di un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso».

L’Unicef sottolinea che tra i dispersi ci sono anche minori, mentre il Comitato 3 ottobre, nato dopo la strage del 2011, chiede che ai morti sia prelevato il dna per identificarli «come avverrebbe se il naufragio avesse visto coinvolti dei turisti e non delle persone migranti».

Quasi 50 morti vicino all’isola di Lampedusa. Ma il governo tace (Barcone in difficoltà soccorso da Open Arms (foto d’archivio) – Bruno Thevenin/Ap photo)