di Simone Pieranni
Con quale animo il dottor Wu uscì dalla stazione ferroviaria e prese a respirare l’aria gelida di un fine dicembre 1910 ad Harbin, non lo sapremo mai.
Possiamo supporre, però, che non avesse un’espressione serena in volto, come ormai accadeva da tempo, dal 1908 per essere precisi.
I fatti, anche a ripensarci anni dopo, erano talmente evidenti che continuare a ripeterseli e scorgere ogni volta la sua limpida innocenza era del tutto inutile, eppure doveva farlo.
Lo faceva da anni, del resto, da quando era arrivato in Cina, dopo un breve passato da stimato medico specializzato nelle malattie dei minatori in Malesia, dove era nato. In particolare aveva studiato a fondo il beriberi, una malattia «sconosciuta» a molti occidentali fino a poco tempo prima e considerata invece «malattia nazionale» in Giappone.
Il dottor Wu aveva finito per empatizzare a tal punto con le disgrazie di quei poveracci seppelliti nelle miniere da andare ben oltre il suo interesse scientifico. La scoperta dell’uso di oppio da parte dei lavoratori lo aveva incoraggiato a organizzare conferenze e a dare vita ad associazioni contro l’importazione della sostanza, vera e propria arma dei «conquistatori occidentali» … leggi tutto