Ovvero, come il virus contagiò la pubblicità (doppiozero.com)

di Dario Mangano

Che il virus fosse contagioso l’avevamo capito. 
In due mesi di pandemia abbiamo cambiato tutta 
la nostra vita proprio in funzione di questa sua 
spaventosa capacità di diffusione. 

Non parlo solo di mascherine, distanza sociale e tutto il resto, ma anche di altre dimensioni dell’esistenza in cui il maledetto si è intrufolato senza difficoltà, espandendosi poi a dismisura come fa nei corpi dei poveri malcapitati che lo contraggono. Fra queste la pubblicità è una di quelle che merita più attenzione, e per un motivo preciso: il suo ruolo è quello di fare da cuscinetto tra l’economia che tanto ci preoccupa e la socialità in generale.

Se vogliamo farci un’idea di quanto profonda sia la linea di demarcazione fra il nostro passato e il futuro che ci attende, per paradossale che possa sembrare, sono proprio gli spot che dobbiamo studiare. Ma andiamo con ordine.

Dicevamo dei discorsi sociali: nessuno, lo sappiamo, ha il coraggio né, spesso, la voglia di parlare d’altro che del Covid. Vogliamo sapere tutto: quanti morti, quanti guariti, quanti in terapia intensiva, cosa dice l’ultimo DPCM, se si può uscire e con quale autocertificazione, se le mascherine si possono riutilizzare, chi sono i parenti eccetera eccetera … leggi tutto

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