di CARLO CANEPA, LAURA LOGUERCIO
Dall’immigrazione alla legge di Bilancio, passando per la querela contro Saviano,
Il 17 dicembre, durante la festa dei dieci anni di Fratelli d’Italia a Roma, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata dal giornalista Roberto Inciocchi, ha presentato la terza puntata della sua rubrica “Gli appunti di Giorgia”, dove racconta quanto fatto finora dal governo.
Dall’immigrazione alla legge di Bilancio, passando per la querela contro Saviano, abbiamo verificato dieci dichiarazioni della presidente del Consiglio: in alcuni casi è stata precisa, in altri ha commesso errori.
Le retromarce di Fratelli d’Italia
Non è vero: al governo Fratelli d’Italia ha approvato alcune misure in contraddizione con quanto promesso in passato ai suoi elettori. Vediamo almeno due esempi.
Nel 2019 Meloni aveva più volte ripetuto che le accise sui carburanti andassero «progressivamente abolite». L’11 novembre scorso il governo Meloni ha prorogato, in un primo momento, fino alla fine del 2023 il taglio alle accise introdotto a marzo dal governo Draghi.
Ma dieci giorni dopo ha cambiato idea, riducendo il taglio per il mese di dicembre. In concreto, dal 1° dicembre le accise sui carburanti sono aumentate di 10 centesimi rispetto al periodo precedente, rimanendo comunque a un livello più basso rispetto a quello precedente al taglio voluto dal governo Draghi.
Rimanendo sul fronte dell’energia, nel 2016 Meloni aveva fatto campagna elettorale per il sì al referendum abrogativo sulle trivelle per l’estrazione di gas. Dopo poche settimane dall’insediamento, il suo governo ha introdotto una norma per aumentare proprio l’estrazione di gas in mare, per far fronte ai rincari energetici.
In quanto è stata scritta la legge di Bilancio
«La manovra è stata fatta dopo 30 giorni dalla nascita del governo» (min. 17:50)
I numeri tornano: il governo Meloni si è insediato il 22 ottobre, mentre il disegno di legge di Bilancio per il 2023 è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella notte tra il 21 e il 22 novembre, quindi 30 giorni dopo. Il testo è stato poi presentato in Parlamento il 29 novembre e l’esame in Commissione Bilancio alla Camera è iniziato il 1° dicembre. Per evitare l’esercizio provvisorio, la legge di Bilancio dovrà essere approvata da entrambe le camere entro il 31 dicembre.
La rivalutazione delle pensioni
Meloni ha ragione, anche se questo non vuol dire che le pensioni minime più che raddoppieranno. Con il disegno di legge di Bilancio, il governo ha deciso di modificare (art. 58), per il 2023 e il 2024, il meccanismo con cui il valore delle pensioni viene adeguato alla crescita dell’inflazione.
Non tutte le pensioni aumenteranno allo stesso modo: quelle con un valore fino a 2.100 euro aumenteranno tutte del 7,3 per cento (una percentuale stabilita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), mentre quelle superiori ai 2.100 euro aumenteranno con percentuali inferiori, che si abbassano via via al crescere del valore della pensione.
Per le pensioni minime, la rivalutazione sarà più generosa rispetto alle altre: nel 2023 cresceranno non del 7,3 per cento (quella che sarebbe una rivalutazione al 100 per cento), ma dell’8,8 per cento, con un +1,5 per cento in più (ecco perché si parla di rivalutazione al 120 per cento). Numeri alla mano, il prossimo anno una pensione minima da circa 525 euro salirà così a 571 euro, invece che a 564 euro.
Il 18 dicembre, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha poi annunciato che le pensioni minime per chi ha almeno 75 anni di età saliranno fino a 600 euro al mese.
Il taglio del cuneo fiscale
È vero. Questa norma è contenuta nell’articolo 52 del disegno di legge di Bilancio, ora all’esame della Camera, che ha rinnovato per il 2023 la riduzione del cuneo fiscale (ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga) del 2 per cento, introdotta dal governo Draghi per i redditi fino a 35 mila euro annui.