di Irene Soave
La presidente Maia Sandu vede Biden a Varsavia: «Torni presto a trovarci».
Chieste sanzioni europee contro l’oligarca Ilan Sor per le campagne social contro il governo
Non solo la sospensione del trattato Start sul nucleare. Nello stesso discorso di martedì, Vladimir Putin ha revocato anche il decreto 605con cui, il 7 maggio 2012 (presidente già lui stesso), il Cremlino dettava all’esecutivo «Linee guida di politica estera». Riguardavano, tra l’altro, le regioni separatiste filorusse della Transnistria, in Moldavia, e di Abkhazia e Ossezia del Sud, in Georgia.
Preoccupa soprattutto la Transnistria, già «frutteto di Stalin» e motore produttivo ed energetico della Moldavia, russofona sin da quando, nel 1940, Mosca decise di annetterla alla Rss moldava per mitigare la cultura rumena di quest’ultima. In Transnistria, 4.100 km quadrati nell’Est del Paese con capitale Tiraspol, autorità filorusse, falce e martello nella bandiera, la nostalgia per la grandeur sovietica è dal 1992 diventata separatismo; e vi restano, dalla guerra di quell’anno, un numero «imprecisato» di soldati russi (si pensa 1.500-2.000, formalmente in missione di pace).
Un focolaio che negli ultimi mesi si è spesso infiammato. Ad aprile 2022, con esplosioni misteriose vicino a Tiraspol; poi da novembre 2022, quando l’inflazione in Moldavia ha raggiunto il 30% e la dipendenza energetica totale dalla Russia si è fatta sentire in tutte le case, nonostante gli aiuti occidentali. E ora a febbraio, con le manifestazioni contro il governo europeista di Chisinau:il 10 febbraio s’è dimesso quello di Natalia Gavrilita, e contro il successore ugualmente filoeuropeo, Dorin Recean, si è protestato in piazza il 19 febbraio.
Ora lo stralcio del decreto e le conseguenti preoccupazioni su un’invasione russa della Transnistria, che il ministero degli Esteri di Chisinau ha chiesto ancora ieri alle truppe russe di smilitarizzare.
«Stia molto attento», ha replicato subito il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, parlando di rapporti tra Mosca e Chisinau «eccezionalmente tesi» e segnati da «un’isteria anti-russa poco costruttiva».
L’ukas 605, stralciato ieri, riconosceva «neutralità» e «sovranità» della Moldavia e soprattutto la sua integrità territoriale: la Russia si impegnava a «operare in modo attivo» per risolvere la questione della Transnistria proprio nel rispetto dell’integrità territoriale moldava. Ora questo impegno non c’è più.
Non solo. Nel decreto del 2012, e non più da oggi, la Russia prevedeva anche di «promuovere la formazione dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud come moderni stati democratici» secondo lo stato di diritto. Abkhazia e Ossezia del Sud, russofone, sono regioni separatiste della Georgia occupate dai russi; per molti analisti, insieme alla Transnistria, sarebbero da ora pezzi della «Grande Russia» che Putin mira a ricomporre. Intanto martedì il leader dell’Abkhazia è stato ricevuto dal dittatore bielorusso, amico numero uno di Putin.
Dirette da Mosca, secondo i vertici filo-Ue della Moldavia, sarebbero tutte le recenti manifestazioni contro il governo che hanno avuto luogo a Chisinau, indette dal partito Sor e dai comunisti (che non hanno dato la fiducia al governo Recean). «Prezzolate» le aveva definite,dimettendosi, Natalia Gavrilita.
E il ministro degli Esteri di Chisinau ha chiesto ieri che la Ue sanzioni l’oligarca Ilan Sor, vicino a Putin e responsabile di una campagna Facebook che invitava i moldavi alla manifestazione del 19 febbraio contro Maia Sandu. Che da inizio gennaio ripete — in coro con Zelensky — che Putin ha in mente un golpe per insediare un governo collaborazionista a Chisinau … leggi tutto