di Mario Lavia
Con l’Ucraina, ma
In casa Pd i giochi sono fatti: chiunque vinca aprirà una specie di diarchia per mantenere la spinta di sinistra e quella riformista. Elly potrebbe però cercare il sorpasso sull’avversario “bideniano” puntando su una posizione più neutralista rispetto all’Ucraina
Se tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein già c’è l’accordone, che si va a fare ai gazebo? Ecco l’ultima saponetta su cui rischia di scivolare il Partito democratico proprio in vista del traguardo, dopo mesi e mesi di un congresso ideato nella fortezza Bastiani del Nazareno, divenuta simbolo di trame bizantine e asfittiche polemiche.
Ebbene, proprio mentre qualche nuovo segnale d’interesse si accende attorno al voto di domenica, il fantasma di un patto tra i duellanti rischia di ammosciare gli entusiasmi. Per questo la cosa viene smentita.
In realtà è un segreto di Pulcinella di cui si è scritto su Linkiesta già tanto tempo fa: la prospettiva è quella di un governo unitario del partito chiunque vinca, nell’ipotesi più gettonata c’è Bonaccini segretario con Schlein presidente. I precedenti non mancano.
Accadde a Gianni Cuperlo con Matteo Renzi segretario; addirittura nella vecchia Democrazia cristiana lo schema prevedeva la presidenza al capo della minoranza. Una postazione importante mascherata da funzione di garanzia potrebbe essere la soluzione per dare allo sconfitto un ruolo decisivo.
Ma potrebbero esserci altre soluzioni, l’importante è che da lunedì prossimo Elly, se sconfitta, si trovi in una posizione di primissimo piano a comporre una sorta di diarchia utile per riprendere a parlare ai mondi della sinistra senza annullare il tratto riformista del governatore dell’Emilia-Romagna.
In ogni caso, dunque, anche questo lo abbiamo scritto, Schlein è in una condizione win-win: comunque vada sarà una figura centrale nella galleria dei protagonisti della vita politica italiana, il che per una newcomer iscrittasi al Partito democratico solo qualche settimana fa non è davvero poco.
Senza dire, ma va detto, che lei può anche farcela, sempre che da qui a domenica sia in grado di rinforzare un vento che spiri dalla sua parte. Combinazione, il 24, cioè due giorni prima delle primarie, cade com’è noto l’anniversario dell’invasione russa e l’inizio del calvario del popolo ucraino, e pertanto domani in tutta Italia si svolgeranno manifestazioni pacifiste all’insegna della parola d’ordine del cessate il fuoco e dell’apertura di una trattativa, grossomodo l’impostazione della tanto discussa manifestazione di novembre a Roma (mentre Carlo Calenda e altri erano a Milano su posizioni più nettamente altantiste), una impostazione molto vicina a quella che Elly Schlein ha ripetuto nel faccia a faccia con Bonaccini a SkyTg24: sì alle armi, ma subito una trattativa.
Ecco, in quel «ma» sta la differenza più importante tra i due candidati, e se il “bideniano” Bonaccini evita di rimarcarla è probabilmente perché ritiene, non a torto, che a sinistra sia impopolare, che è esattamente la ragione per cui Elly potrebbe giocare la carta pacifista proprio negli ultimi metri della corsa. È forse l’ultima carta che ha in mano per vincere la partita.
Ma alla fine la sostanza è che il Partito democratico sta per aprire una pagina nuova indipendentemente da chi sarà il leader, nel senso che la nuova stagione dovrebbe chiudere quella, lunghissima, delle guerre civili interne.
Sempre che i dirigenti vecchi e nuovi non si mettano un’altra volta a fare i capricci e a sgomitare per i posti di comando all’ombra dei propri interessi personali.