Case bruciate, auto carbonizzate, alberi distrutti.
C’è ancora un intenso odore acre nella città di Hawara, a nord della Cisgiordania. Per più di cinque ore, domenica scorsa, la furia dei coloni israeliani si è abbattuta armata di pistole, spranghe di ferro, pietre, taniche di benzina in uno dei più gravi episodi di violenza di massa commessi da loro negli ultimi anni, all’indomani dell’omicidio di Hillel e Yagel Yaniv, residenti dell’insediamento di Har Bracha, uccisi da un uomo palestinese.
«I coloni hanno attaccato la nostra casa, hanno sfondato le finestre, bruciato le auto e i camion di mio nipote. Hanno cercato di entrare nel mio autosalone e di dargli fuoco», ha raccontato a BBC News Abdel Nasser al-Junaidi, residente della cittadina che si trova a circa sei chilometri da Nablus.
«L’esercito non ha fatto nulla per difenderci. Ha sostenuto i coloni e li ha protetti. Gli spari provenivano sia dai coloni che da loro. Eravamo terrorizzati. È stato un attacco orribile e barbaro», ha proseguito al-Junaidi.
L’esplosione di violenza – avvenuta nello stesso giorno in cui Israele si è impegnato a fermare la creazione di nuove unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l’approvazione di qualsiasi nuovo insediamento per sei – è ancora sotto gli occhi di tutti. Abitazioni distrutte, negozi dati alle fiamme insieme a decine e decine di auto.
Lunedì Hawara si presentava come una città fantasma, sotto assedio. Con negozi chiusi e strade vuote. Solo i coloni potevano transitare per le strade della città e la maggior parte lo ha fatto con aria di sfida e con ‘rozza provocazione’: suonando i clacson, mostrando il dito medio e urlando slogan come “morte agli arabi”. Lo racconta Gideon Levy sulle pagine di Hareetz.
Questa rabbia incontenibile ha provocato una vittima. Secondo quanto dichiarato dal ministero della Salute dell’Autorità palestinese, Sameh Aqtash, 37 anni, è morto dopo essere stato colpito allo stomaco durante l’attacco dei coloni a Zaatara, a sud di Hawara. Due persone sono state colpite e ferite, una terza è stata pugnalata e una quarta picchiata con una spranga di ferro. Altre 95 sono state soccorse a causa dell’inalazione di gas lacrimogeno.
Una famiglia intrappolata in casa è stata aiutata da alcuni paramedici dopo che i coloni avevano messo pneumatici in fiamme davanti alla porta per bloccare l’uscita.
Un’escalation d’ira che, forse, avrebbe potuto essere fermata perché prevedibile. Avvenuta in uno dei territori più militarizzati al mondo, tra l’altro.
Domenica pomeriggio Radwan Dameidi, residente ad Hawara, ha lasciato la sua abitazione per fuggire con la famiglia a Nablus, a casa dei parenti della moglie. Immediatamente dopo l’attacco in cui sono stati rimasti uccisi i due uomini israeliani, aveva letto sui social che i coloni si stavano organizzando per vendicarsi.
Anche il giornalista di Haaretz, Hagar Shezaf, aveva saputo che i coloni stavano pianificando qualcosa. Ne aveva sentito parlare domenica pomeriggio mentre era a Parigi. Da Hawara la notizia era balzata fino alla capitale francese. Si era capito che qualcosa di grave sarebbe successo. Lo avevano immaginato tutti tranne l’establishment della difesa israeliana che, forse, ha scelto di ignorarlo, secondo Levy.
Le forze di difesa israeliane, la polizia di frontiera e i servizi segreti non si sarebbero preparati e non hanno fatto nulla per evitare quello che poi è successo, per apatia e compiacimento, e perché hanno deliberatamente chiuso un occhio, scrive Levy. Nessuno ha fermato i 400 coloni – dato fornito dall’esercito – con i volti coperti e armati. Nessuno ci ha provato seriamente.
Il giorno successivo al violentissimo attacco, la polizia di frontiera ha dichiarato che le sue forze avevano impedito l’entrata dei rivoltosi ad Hawara che, invece, avrebbero invaso la città attraverso un’area controllata dall’esercito.
I militari, a loro volta, hanno spiegato che anche i loro soldati hanno cercato di vietare ai coloni l’accesso, spingendoli a scendere dalle colline. In un modo o nell’altro, centinaia di rivoltosi hanno invaso Hawara con l’obiettivo di seminare distruzione. Nessuno li ha fermati e nessuno si è assunto la responsabilità.
Secondo quanto riportato da Levy sono forti i sospetti sulla possibilità che il mancato intervento dell’esercito non sia casuale, delegando ai coloni lo svolgimento di quell’operazione che ha prontamente ricevuto il plauso di Zvika Fogel, membro della Knesset di Otzma Yehudit, partito di estrema destra che fa parte della coalizione del governo Netanyahu.
In un’intervista radiofonica rilasciata all’emittente dell’esercito il giorno successivo all’aggressione, quando gli è stato chiesto se fosse d’accordo sul fatto che non dovrebbe essere permesso ai coloni di compiere un pogrom contro i palestinesi, Fogel ha risposto che l’effetto deterrente ottenuto domenica a seguito dei cosiddetti ‘pogrom’ non era stato raggiunto in Cisgiordania neanche dall’operazione Scudo difensivo, riferendosi all’ampia azione militare svolta dall’esercito israeliano nel 2002, all’apice della Seconda Intifada.
Fogel ha poi specificato di preferire che ad occuparsi dell’effetto dissuasivo fosse l’esercito israeliano, e non i coloni, aggiungendo comunque di “guardare molto favorevolmente” ai risultati della furia di Hawara.
Le dichiarazioni di Fogel sono state commentate duramente dal capo dell’opposizione, Yair Lapid, che ha dichiarato che l’esecutivo in carica “non è un governo completamente di destra, ma è un governo completamente anarchico” e che Fogel dovrebbe essere condannato per “istigazione al terrorismo”, e dall’ex presidente della Knesset, Mickey Levy, parlamentare del partito centrista Yesh Atid, che ha attaccato Fogel dicendo che “fino a quando non rimuoverà quest’uomo orribile dalla carica di presidente del Comitato per la sicurezza nazionale della Knesset, la coalizione sarà disonorata con il marchio di Caino”.
Chiudere un occhio come è stato fatto nei giorni scorsi – dice Levy – rievoca ricordi dimenticati. Quando le forze di difesa israeliane fecero altrettanto nel 1982, nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, consentendo alle milizie falangiste libanesi di commettere terribili massacri. Fortunatamente, domenica, non c’è stato nessun massacro, perché i coloni si sono accontentati di seminare distruzione, ma nessuno poteva sapere anticipatamente come sarebbero andate le cose.
Se i rivoltosi avessero voluto massacrare anche la popolazione, nessuno si sarebbe opposto. Nessuno ha fermato i falangisti a Sabra e Shatila, e nessuno si è opposto ad Hawara. Si rimane in attesa della prossima azione ritorsiva, dopo che nessuno verrà assicurato alla giustizia e punito per il pogrom di domenica. Per Levy, una nuova versione di Sabra e Shatila è solo rimandata e nessuno sta facendo nulla per fermarla.
Quando domenica sera Radwan Dameidi è tornato da Nablus, dove aveva lasciato moglie e figlio, ha trovato decine di coloni armati nel suo cortile. Le finestre della sua abitazione erano sventrate e la pensione di famiglia, i cui lavori erano stati ultimati non più di quattro mesi fa, era stata data alle fiamme.
Vicino alla sua abitazione c’erano quattro soldati. Nessuno aveva mosso un dito.