Non ci sono solo i 30 miliardi del reddito tra i lasciti del biennio pentastellato di governo:
il sussidio edilizio green è costato 70 miliardi e poi banchi a rotelle e uno Stato invadente.
I dati pubblicati ieri dall’Inapp sull’inefficacia del reddito di cittadinanza nell’immettere sul mercato del lavoro le persone i grado di lavorare ma non adeguatamente formata testimoniano non solo il fallimento della misura voluta da Giuseppe Conte e da tutto il M5s, ma anche come l’Italia abbia un fardello in più sulle spalle.
Si tratta della pesante ipoteca dei due anni di governo pentastellato che va ben oltre i 100 miliardi di euro in più di spesa pubblica, ma consiste nell’aver inculcato in molti cittadini la convinzione che la politica e lo Stato debbano andare in soccorso di qualsiasi necessità e non siano gli individui a poter provvedere al meglio per sé.
Dunque, i circa 30 miliardi di euro di spesa complessiva per il reddito di cittadinanza dalla sua introduzione nel 2019 alla fine dell’anno scorso sono, per assurdo, il male minore in confronto all’aver tenuto sul divano senza far nulla circa 1,5 milioni di persone che avrebbero potuto e dovuto cercare un lavoro. Una particolarità tutta italiana: un incentivo al ricollocamento che diventa una sorta di vitalizio.
Lo stesso discorso vale per il Superbonus 110 per cento. Come evidenziato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, l’Authority sui conti pubblici, il bonus edilizio, varato nel 2020 da Conte per rilanciare il settore edile, è costato 68,5 miliardi di euro fino allo scorso febbraio, circa i due terzi dei 110 miliardi di agevolazioni fiscali relative a questo settore.
La cessione dei crediti fiscali ha creato problemi di gestione del bilancio dello Stato e così il governo ha scaricato gran parte dei costi pregressi sul deficit dello scorso per evitare di incorrere nella tagliola del Patto di Stabilità che sarà ripristinato dall’anno prossimo. Resta il problema dei 19 miliardi che e banche non riescono più ad assorbire e che il ministero dell’Economia non vorrebbe rimettere in circolo per non minare la sostenibilità dei conti.
Così come c’è anche un problema di effetti macroeconomici. Nel biennio 2021-2022 l’impatto dei bonus edilizi sulla crescita sarebbe stato di un punto di Pil (circa 19 miliardi di euro) nella misura in cui ha agevolato investimenti che non sarebbero stati effettuati in mancanza di sconti.
È possibile che, considerando, le ricadute sui settori attigui a quello edile, l’impatto sul valore aggiunto sia stato ben superiore, quasi pareggiando la spesa. Tuttavia, l’economia non funziona «a spanne» e, in mancanza di dati precisi, si può di sicuro affermare che non solo il Superbonus 110% ha fatto passare il concetto che ci si possa rifare la casa gratis o «gratuitamente» come diceva Giuseppe Conte in campagna elettorale.
Per altro, gli effetti in termini di risparmio energetico sono stati inferiori alle attese: il 70% delle migliorie attiene al 28% della spesa. Dunque, il green è quasi un pretesto.
Fortunatamente è già alle spalle il periodo della pandemia e della gestione del supercommissario Domenico Arcuri, braccio destro dell’ex premier. Di lui si ricorderanno i circa 100 milioni di euro spesi per i banchi a rotelle che in molti casi sono rimasti inutilizzati. Di lui si ricorderanno le acquisizioni di mascherine inidonee a proteggere gli individui dal contagio e rimaste a impolverarsi anch’esse. Lo stato di emergenza e, dunque, la necessità di assicurarsi dispositivi a ogni costo è ottimo motivo di assoluzione. Ma la responsabilità politica resta: lo stato di eccezione come giustificazione per i pieni poteri del governo.
Tra le altre cose che non mancheranno di Conte e dei grillini è anche la loro definizione dello stato etico che indica ciò che è giusto e ciò che non lo è. Con il decreto Dignità si sono resi i contratti a termine più difficili perché l’unico lavoro possibile è quello a tempo indeterminato.
Draghi e poi Meloni hanno cambiato tutto. Lo stesso decreto ha vietato la pubblicità delle scommesse: le società di calcio ci hanno rimesso decine di milioni dagli sponsor, il gioco d’azzardo ha continuato a proliferare. E qualcuno ha pagato con la tessera del reddito.