Partito in affitto
Se persino il termovalorizzatore di Roma diventa un «tema complesso» su cui non si riesce a ottenere risposta, figuriamoci cosa ci toccherà ascoltare quando al pettine arriveranno problemi che complessi lo sono davvero
In politica chi vince ha il diritto e il dovere di governare: vale per chi vince le elezioni e deve governare il paese e vale anche per chi vince un congresso e deve governare un partito, prendendo le decisioni per cui è stato eletto, checché ne dicano gli oppositori, o anche prendendone di diverse, checché ne dicano i sostenitori della prima ora. In politica, infatti, chi vince ha anche il diritto di cambiare idea, e della sua coerenza gli unici giudici saranno sempre gli elettori, alle tornate successive.
Elly Schlein ha vinto le primarie e dunque ha tutto il diritto di imporre una svolta alla linea del Partito democratico su qualunque argomento, si tratti di diritti civili e di maternità surrogata, cui si era detta favorevole nella campagna congressuale, salvo poi chiudersi in un silenzio enigmatico; si tratti di politica internazionale e della guerra in Ucraina, su cui era stata vaghissima fino al giorno della sua elezione a segretaria, ma ha preso una posizione chiara (e di piena continuità) subito dopo; si tratti delle politiche ambientali e in particolare del termovalorizzatore di Roma, su cui finora, dalle sue risposte, nessuno è riuscito a capire come la pensi.
E questo, obiettivamente, è un problema, non solo per noi disgraziatissimi cittadini romani, sommersi dall’immondizia.
La questione del termovalorizzatore è infatti solo una parte della più ampia questione del rapporto con il populismo in generale e con il Movimento cinque Stelle in particolare. E qui la reticenza di Schlein non è più sostenibile.
La nuova segretaria può decidere di cambiare la posizione del Pd e può decidere di confermarla, l’unica cosa che non può fare è pensare di poter risolvere i problemi come ha fatto finora – prima di diventare segretaria – e cioè svicolando, evitando di rispondere o rispondendo con supercazzole tipo quella pronunciata a suo tempo da Fabio Fazio proprio sul termovalorizzatore di Roma. Argomento su cui peraltro il Movimento cinque stelle ha deciso di incalzare, organizzando persino una manifestazione con Virginia Raggi.
A domanda sul punto, il responsabile «coesione territoriale, sud e aree interne» della nuova segreteria del Pd, Marco Sarracino, ha detto testualmente a Repubblica: «Le barricate su temi complessi non sono proprio il codice del nuovo Pd. Affronteremo il tema con apertura e responsabilità».
Sembra di sentire certi discorsi sulla guerra in Ucraina, dove ogni volta la «complessità» della situazione è evocata al solo scopo di offuscare la cristallina chiarezza della distinzione tra chi usa le armi per invadere un altro Paese e chi le usa per difenderlo.
Ma se persino la realizzazione di un termovalorizzatore diventa un «tema complesso», su cui non c’è modo di ottenere una risposta chiara, se non che è «questione da affrontare senza posizioni ideologiche e rispettando gli amministratori locali che vivono le criticità sul territorio», c’è poco da stare allegri (e a volere il termovalorizzatore è proprio il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che sarebbe pure del Pd).
Se persino su questo siamo destinati a sentirci ripetere che «le cose sono più complesse», figuriamoci cosa ci toccherà ascoltare quando al pettine arriveranno problemi che complessi lo sono davvero. Problemi come l’immigrazione, per dirne uno, su cui il Pd fa benissimo ad attaccare il governo, denunciando il ritorno ai famigerati decreti Salvini.
Denuncia che appare tuttavia un po’ meno convincente, quando viene pronunciata abbracciati a quello stesso Giuseppe Conte che nel 2019 li ha varati, come capo del governo più a destra della storia repubblicana (persino più a destra dell’attuale, nelle parole e negli atti, e la rimozione di questa elementare verità di fatto non è l’ultima delle ragioni dell’attuale confusione ideologica).
(Giannelli – corriere.it)