40 anni fa se ne andava la voce più spaventosa della storia musicale italiana. Simpatizzante degli ultimi e dei perdenti, un uomo capace di portare l'orizzonte della sperimentazione vocale più avanti di chiunque altro.
Quello che più infastidisce delle spumeggianti celebrazioni per il quarantennale della scomparsa di Ευστράτιος Δημητρίου è il tentativo di fagocitare, con l’elasticità propria del linguaggio dei media e il pressapochismo tipico del mezzo televisivo, l’opera di un personaggio scomodo e incontrollabile.
Logica conseguenza di questa operazione, evidentemente funzionale a un recupero massmediale di Stratos in chiave nazional-popolare, è stato l’abbandono di qualsiasi riflessione approfondita sulla sua produzione e sulla sua dialettica: le commemorazioni che abbiamo letto e visto sono state tutte più o meno ispirate a un tono encomiastico, elogiativo, piagnucolante e in qualche modo generalista e hanno accuratamente evitato di entrare nel merito delle tematiche affrontate dalla voce di Gioia e Rivoluzione, soprattutto di quelle più specificamente politiche, a favore di una perpetuazione in toto acritica del suo eventuale mito: Stratos autore ribelle e cosmopolita, simpatizzante degli ultimi e dei perdenti, avverso ai meccanismi del “pop” meramente consumista ma in definitiva capace di entrare nell’animo di tutti attraverso una voce unica e irripetibile, eccetera, eccetera … leggi tutto