I ponti di Melon County (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Parafrasando una vecchia pubblicità, l’uomo del Ponte ha detto boh. Parafrasando invece quella del momento, Salvini spera che qualche figlio del governo prenda i soldi al supermercato di Palazzo Chigi e glieli consegni dicendo: «Te li manda la mamma».

Purtroppo per lui, la mamma, cioè la Meloni, si è guardata bene dall’infilare nella manovra economica anche un solo euro per il Ponte sullo Stretto. Anzi, quando ha invitato i suoi ministri a non cedere alle pulsioni elettorali, è stato chiaro a tutti che parlava ad personam, cioè ad Matteum. Il quale ha una caratteristica che in politica può essere sia un pregio sia un difetto: la rigidità.

Da un anno la Meloni in versione Ursula von der Leyen gli sta facendo capire che non c’è trippa per ponti, ma Salvini niente: ancora ieri ha ribadito che il primo cantiere sullo Stretto aprirà nel 2024 e l’ultimo chiuderà nel 2032 (dopo Cristo o dopo di lui?).

E sempre da un anno la Meloni in versione Angela Merkel lo sta esortando a tornare alla Lega «bavarese» delle origini e ad accontentarsi di rappresentare gli interessi degli imprenditori del Nordest, lasciando a lei tutto il resto, ma Salvini non sente ragioni e continua imperterrito a volerle contendere i voti del Sud.

Da qui la gazzarra sotterranea che ci accompagnerà nei prossimi mesi e forse anni, perché la destra non è umorale come la sinistra e sa mettere gli interessi davanti ai sentimenti: i suoi coniugi litigano, si odiano, magari si separano, ma non divorziano mai.

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