Siamo stati colpiti duramente dal coronavirus sul piano sanitario, e siamo stati e saremo colpiti sul piano economico dalle sue conseguenze: non possiamo permetterci il lusso di ignorarne gli insegnamenti per cambiare strada rispetto al passato.
Uno dei più importanti è che la salute è, come recita la Costituzione, tanto un nostro fondamentale diritto individuale quanto un “interesse della collettività”. La salute è un bene pubblico nazionale. Anzi, dovrebbe diventarlo a scala europea: bene ha fatto la Commissione UE ad inserire nella sua proposta per il Piano di Rilancio un nuovo intervento (EU4Health) che, seppur con un finanziamento appena iniziale, mira a rafforzare la capacità di risposta comune degli stati membri: vaccini, dispositivi, prevenzione.
L’Italia ha in questi mesi l’occasione storica per tornare a dotarsi di una strategia nazionale di lungo termine e per ripensare alla struttura e al funzionamento di un Sistema Sanitario che negli ultimi venti anni è stato progressivamente definanziato e abbandonato alle gestioni regionali. E’ balzato agli occhi di tutti come la sanità sia divenuta troppo differenziata in Italia: sia perché sono state fatte scelte di fondo molto diverse da regione a regione, che hanno poi determinato una capacità di risposta alla pandemia completamente diversa.
Sia perché i cittadini possono fruire di dotazioni e servizi sanitari in quantità e qualità molto dispari a seconda del luogo in cui vivono. Ma la salute, ecco la grande riscoperta, non è questione locale: in un paese in cui il diritto alla libera circolazione è e deve essere indefettibile, è questione di tutti gli Italiani.
Questo ha due grandi implicazioni. La prima è che Parlamento e Governo devono tornare ad esercitare il proprio ruolo di coordinamento ed indirizzo, e non limitarsi ad erogare risorse della fiscalità generale alle regioni … leggi tutto