di Mattia Feltri
Egregio ministro della giustizia,
ho visto che ieri, insieme con i colleghi del Consiglio dei ministri, si è dedicato alla sua preferita attività ricreativa: inventarsi nuovi reati e, per quelli già esistenti, aumentarne le pene. Per i dettagli si rinvia in cronaca, mancando qui lo spazio, ma intanto continuo a incantarmi davanti alla vostra smania di galera in un paese coi reati costantemente in calo da un trentennio.
Non è nemmeno giustizialismo, è bava e zanne alla bocca. In particolare mi ha colpito la scarica di aumenti di pena per chi promuove una rivolta carceraria o vi partecipa, persino con “resistenza passiva”. Anche prima era punito. Ma vi piace l’idea di punirlo un po’ di più.
Fra l’altro lei, egregio ministro, da ex magistrato sa meglio di altri che nove volte su dieci le rivolte in carcere scoppiano per le disastrose condizioni di vita: il sovraffollamento per cui in celle per due si dorme in sei, i cessi alla turca a fianco ai letti a castello, il freddo d’inverno e il caldo d’estate, i limiti a incontrare i familiari, le strutture fatiscenti, tutto in violazione delle norme costituzionali sulla dignità della detenzione e la finalità rieducativa della pena.
Tutto in violazione di norme che avete votato in Parlamento, e di cui ve ne infischiate da sempre: del numero esorbitante di carcerati in attesa di giudizio, del lavoro a cui accedono in pochissimi, dei bambini reclusi con le madri. A voi è consentito fare le leggi e poi violarle, tanto non ne pagate le conseguenze, e se le vittime delle vostre violazioni si ribellano, fate altre leggi per bastonarle meglio.
E poi lo chiamate stato di diritto.