Il rapporto tra la letteratura italiana e la marineria non è mai stato particolarmente intenso.
L’eccezione è rappresentata da Emilio Salgari, lo scrittore di terre lontane per eccellenza, che invece con l’argomento ha un rapporto intenso, diremmo insieme simbiotico e professionale; è il solo romanziere italiano di peso che citi con naturalezza l’albero di trinchetto, il càssero, le gomene, le sartie.
«Dall’equatore ai mari polari»
È quasi accertato, ormai, che Salgari non si sia mai allontanato dai confini italiani. Nel 1878 si era trasferito da Verona a Venezia per frequentare il Regio Istituto tecnico e nautico Paolo Sarpi, senza però riuscire a ottenere il tanto agognato brevetto di capitano di lungo corso (Gallo-Bonomi 2011: 30-35). Tutto ciò, però, non lo intralciò nella creazione del mito di sé stesso come grande marinaio.
La creazione di questa finzione letteraria comincia sin da giovane quando in una nota biografica a un editore dichiara di aver solcato “come ufficiale quasi interamente tutti gli oceani, […] facendo ovunque escursioni all’interno delle terre e delle isole, usando tutti i mezzi di locomozione possibili, su usi, costumi, sulla fauna e sulla flora dei vari paesi … leggi tutto