Meloni non può ignorare i messaggi dell’internazionale sovranista di Salvini (linkiesta.it)

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L’adunata nera

A Firenze un raduno di putinisti, omofobi, cattolici radicali e fondamentalisti, razzisti e anti italiani. La premier sta al governo con questa Lega amica di chi vuole annientare Ursula von der Leyen, la stessa che però lei vorrebbe di nuovo alla presidenza della Commissione Ue

Se avete avuto la voglia, il tempo, l’interesse di seguire il raduno nero voluto da Matteo Salvini, vi siete resi conto del pericolo che gira per l’Europa. È la destra il vero pericolo, quella che il leader leghista vorrebbe al governo di Bruxelles, replicando l’esperienza romana. Gli interventi che si sono susseguiti danno l’idea distruttiva delle istituzioni dell’Unione europea, pur con tutti i gravi limiti ed enormi ritardi che Mario Draghi ha indicato in questi giorni.

Un raduno di putinisti, omofobi, cattolici radicali e fondamentalisti, razzisti e anti italiani. Viene messa in discussione la scelta difficile ma necessaria accanto all’Ucraina. Il dittatore del Cremlino tifa per loro. Giustamente Carlo Calenda chiede a Giorgia Meloni da che parte sta, con «l’Occidente o con i valletti di Putin, se vuole diventare una conservatrice e europeista o un’altra figurina dell’album della destra anti-occidentale».

Il punto è questo e la premier non può nascondersi dietro il pragmatismo di chi dice, fischiettando, vabbè, prima vediamo cosa succede alle elezioni europee, e poi decidiamo, tanto ci sarà sicuramente un rimescolamento nei gruppi parlamentari di Strasburgo e Bruxelles. Un wait and see che rischia di minimizzare il pericolo o di far contare quei signori che ieri a Firenze, da remoto o in presenza, hanno detto delle cose da brividi. Una carrellata di interventi da far accapponare la pelle.

È una destra estrema che vuole far credere che siamo in una situazione di reale sostituzione etnica, che fomenta l’odio, che teorizza l’avvento di una fantomatica civiltà cattolica e latina. Gli amici di Salvini parlano di un perverso regime globalista e liberale che ispira l’Europa “matrigna”: che sarebbe un’accozzaglia di socialisti, comunisti e liberal che hanno portato la democrazia sul letto di morte.

Giorgia Meloni sta al governo con questa Lega amica di chi vuole annientare Ursula von der Leyen e tutti quei Popolari che governano a Bruxelles insieme con i socialisti. Anzi con quell’accozzaglia politica che ci avrebbe portato a uno stato di schiavitù, come ha detto il rappresentante austriaco di Fpo, Harald Vilimsky. È la stessa von der Leyen con la quale la premier italiana collabora per fermare l’immigrazione sulle coste tunisine e dare gambe al Piano Mattei per l’Africa.

La stessa von der Leyen che Meloni vorrebbe di nuovo alla presidenza della Commissione Ue, quella Commissione che ci ha erogato decine e decine di miliardi del Pnrr, che si è inventata il Recovery Fund di 750 miliardi, approvato nel luglio del 2020 dal Consiglio europeo per sostenere i Paesi colpiti dal Covid.

Marine Le Pen, nel suo brevissimo videomessaggio, ha detto che von der Leyen ha fatto di Bruxelles un luogo di mercanti, ha trasformato gli europei in merci, li ha annientati attraverso l’immigrazione. Per il giovane presidente di Rassemblement National Jordan Bardella, la presidente della Commissione Ue è una persona pericolosa.

Anzi la più pericolosa di tutto il Vecchio Continente, come ha sottolineato il neonazista Tino Chrupalla, presidente di Alternativa per la Germania. È stato lui, dal palco della Fortezza da Basso a Firenze, a inneggiare alla Russia colpita da ingiuste sanzioni che hanno finito per danneggiare i nostri Paesi mentre Mosca cresce. Per i tedeschi, che Salvini e Le Pen ospitano nel gruppo Identità e Democrazia, la guerra in Ucraina non è la guerra degli europei. È una guerra che non può essere vinta, che ha portato solo danni, che ha penalizzato l’economia, a cominciare da quella tedesca con la chiusura dei rifornimenti del gas russo.

Chrupalla spera in un ripristino e nella riapertura del gasdotto Nord Streaming, e ha paragonato l’Europa a un condominio con tanti appartamenti in cui ognuno fa quello che desidera e con un grande giardino al centro dove i bambini possono giocare, ma erigendo un grande muro per gli stranieri, gli immigrati, tutti gli islamici.

Ai sovranisti dei Paesi baltici, svedesi, polacchi che temono la Russia come la peste si saranno drizzati capelli in testa. Geert Wilders, fresco vincitore delle elezioni olandesi, si è invece limitato a insistere sull’immigrazione di massa che diluisce la nostra identità, ha promesso che il suo governo dirà basta al riconoscimento dell’asilo politico o per ragioni umanitari. E basta basta dare soldi ai migranti: meglio spenderli per abbassare le tasse. Non ha ripetuto, per rispetto al padrone di casa, che non darà un centesimo neanche agli italiani.

Ecco il padrone di casa, cioè il vicepremier italiano, si è spellato le mani ad applaudire, si è slogato il collo ad annuire, con accanto un po’ imbarazzato e contenuto il presidente dalla Camera Lorenzo Fontana, che è stato il teorico della svolta sovranista e nazionalistica della Lega quando loro due sedevano tra i banchi dell’Europarlamento. Molto imbarazzato, invece, in prima fila il governatore veneto Luca Zaia.

Eppure un minimo di difficoltà l’avrà provato lo stesso capo leghista di fronte a questo caravanserraglio politico di nazionalisti e filo russi, che dovrebbero avergli ricordato i bei tempi delle passeggiate moscovite. Salvini ha perfino preso le distanze di fronte a certi eccessi verbali, quando ha esordito dicendo che il gruppo parlamentare europeo di Identità e Democrazia è composto da amici che hanno sfumature diverse.

Non è mica «una caserma». Anzi, a scanso di equivoci, non è neanche «alleanza politica e partitica, ma un sentimento di amicizia e, come ovvio in una storia d’amore e politica, nel nostro gruppo nessuno abbandona un amico in difficoltà».

Che cosa ha voluto dire, Salvini? Perché allora un europeo dovrebbe votare il partito del proprio Paese che fa parte di questo gruppo che non è neanche un’alleanza politica? Cosa vuol dire che nessuno abbandona un amico? Salvini sta mettendo le mani avanti, sta sostenendo che i futuri eurodeputati della Lega non abbandoneranno al loro destino gli amici solo se si aprirà l’opportunità di entrare nella nuova maggioranza europea. Non potrà certo portarsi dietro alcuni, quasi tutti, degli impresentabili che c’erano ieri a Firenze. L’unica condizione vera l’ha posta a Meloni: mai con i socialisti. Lo ha ripetuto tre volte: «Mai».

Il messaggio è che è pronto a scrollarsi di dosso i tedeschi di Alternativa per la Germania, e altri paranoici anti globalizzazione e razzisti veri. Ma, ha scandito, Le Pen e Rassemblement National dovranno essere della partita, se Meloni, i Conservatorii e i Popolari vorranno i voti di Identità e Democrazia. Gruppo che secondo Salvini diventerà il terzo per numero, scavalcando i Conservatori.

Poi una citazione della Bibbia con la metafora della vittoria di Davide contro Golia, il gigante cattivo che combatteva contro Israele. Chi è oggi Golia? Per il leader leghista sono i burocratici europei e i banchieri. E anche i socialisti che vogliono le auto green facendo gli interessi della Cina, magari foraggiati e corrotti da Pechino. I soliti luoghi comuni come quello del “tempio” che dovrà essere liberato dai mercanti, da «un’onda blu, non nera come scrivono i giornali».

Ecco, già che c’era, ha detto che la stampa italiana prova a dividere la maggioranza di destra utilizzando il raduno delle ultra destre. Mentre lui assicura che con Giorgia Meloni e Antonio Tajani va d’amore e d’accordo, governerà per tutta la legislatura perché non è in discussione il centrodestra italiano. Ma a Bruxelles niente scherzi. «Come stiamo prendendo per mano l’Italia, sarebbe un errore fatale dividerci in Europa, perché tra Macron e Le Pen scelgo mille volte Le Pen. Niente inciuci con i socialisti».

Il film dopo le elezioni europee è assicurato, ma sarà un noir.

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