di Alexandra Forcella Benedetta Lisotti Ester Lunardon
Al di là di sante, madonne e delle figure della Vittoria, della Patria, dell’Italia, esistono pochissime rappresentazioni monumentali femminili.
Una lettura di genere evidenzia che occorre invertire la rotta nella costruzione della memoria, della rappresentazione e dello spazio pubblico delle nostre città
Negli ultimi mesi abbiamo vissuto esperienze che paiono aver mostrato, soprattutto sulla pelle delle fasce di popolazione più deboli, tutte le contraddizioni e le brutture dei nostri sistemi sociali, economici e politici; gli strascichi della pandemia che ha investito la vita di chiunque a livello globale continuano a segnare le nostre quotidianità e spingono a rimettere in discussione quella «normalità» che solo qualche mese fa sembrava non solo auspicabile, ma addirittura immodificabile.
Ad esempio, il dibattito sulla gestione dell’ordine pubblico, scoppiato in seguito al movimento di protesta negli Usa dopo l’uccisione di George Floyd, non ci ha solo riproposto il tema della militarizzazione delle città e degli abusi da parte della polizia, ma ci ha prepotentemente ricordato che gli spazi che viviamo non sono spazi neutri.Intendiamoci, lo spazio sociale si configura tramite modelli culturali, codici, linguaggi e relazioni intrecciati dalla società: lo spazio è anche e soprattutto spazio politico, nel quale entrano in gioco significativi processi di costruzione identitaria.
La città, nello specifico, è tipicamente lo spazio costruito dall’uomo non solo nei suoi tratti materiali, ma anche sociali, economici e politici … leggi tutto