Essere tradotti nella propria lingua (rivistastudio.com)

di Elvis Malaj

La strana esperienza di vedere il proprio 
libro ritradotto nella lingua madre senza 
neanche più una parolaccia.

Finalmente ho ricevuto la traduzione in albanese di Dal tuo terrazzo si vede casa mia. La aspettavo da un pezzo ed ero un po’ emozionato: la mia opera nella mia lingua madre con le parole di un altro. Qualcun altro si era impossessato della mia opera. «Traduttore traditore», conoscevo il detto, quindi sapevo cosa aspettarmi. Solo che ci tenevo che mi avesse tradito bene. Ho letto il libro tutto d’un fiato.

Non sono un grande conoscitore della letteratura albanese e non ho letto tantissimo nella mia lingua madre, ma ciò a cui ho pensato dopo aver finito la lettura è stato: ho mai incontrato le parole «cazzo», «fica» e «scopare» in un libro albanese? No, perché in Dal tuo terrazzo si vede casa mia (pubblicato da Racconti edizioni) non ce n’era più traccia, scomparse tra eufemismi e sottintesi.

Nel primo racconto, «ti diamo la fica» è diventato «ti diamo la “pesca”». Pure le virgolette. Oppure nel racconto “Scarpe”, dove Dede viene rifiutato e la porta gli sembra sbattere direttamente sul suo cazzo, in albanese invece sbatte sul «suo amichetto». E così per tutto il libro. Il massimo del turpiloquio a cui si arrivava è «merda».

Poi questa parola multiuso, trap – il dizionario me lo dà come: «Il solco lasciato dal vomere sul terreno» –, che ingloba le parole stronzo, coglione e cazzo; più palloj al posto di scopare – che il significato più vicino al contesto potrebbe essere: vincere su qualcuno in un gioco … leggi tutto

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