di Primo Levi
Estratti significativi dai testi di autori che meritano di essere conosciuti
Sugli esperimenti medici condotti a Dachau, ad Auschwitz, a Ravensbrück ed altrove, molto è stato scritto, ed alcuni dei responsabili, che non tutti erano medici ma spesso si improvvisavano tali, sono anche stati puniti (non Josef Mengele, il maggiore ed il peggiore di tutti).
La gamma di questi esperimenti si estendeva da controlli di nuovi medicamenti su prigionieri inconsapevoli, fino a torture insensate e scientificamente inutili, come quelle svolte a Dachau, per ordine di Himmler e per conto della Luftwaffe.
Qui, gli individui prescelti, talvolta previamente sovralimentati per ricondurli alla normalità fisiologica, venivano sottoposti a lunghi soggiorni in acqua gelida, o introdotti in camere di decompressione in cui si simulava la rarefazione dell’aria a 20.000 metri (quota che gli aerei dell’epoca erano ben lontani dal raggiungere!) per stabilire a quale altitudine il sangue umano incomincia a bollire: un dato, questo, che si può ottenere in qualsiasi laboratorio, con minima spesa e senza vittime, o addirittura dedurre da comuni tabelle.
Mi pare significativo ricordare questi abomini in un’epoca in cui, con ragione, viene messo in discussione entro quali limiti sia lecito condurre esperimenti scientifici dolorosi sugli animali da laboratorio.
Questa crudeltà tipica e senza scopo apparente, ma altamente simbolica, si estendeva, appunto perché simbolica, alle spoglie umane dopo la morte: a quelle spoglie che ogni civiltà, a partire dalla più lontana preistoria, ha rispettato, onorato e talvolta temuto.
Il trattamento a cui venivano sottoposte nei Lager voleva esprimere che non si trattava di resti umani, ma di materia bruta, indifferente, buona nel migliore dei casi per qualche impiego industriale.
Desta orrore e raccapriccio, dopo decenni, la vetrina del museo di Auschwitz dove sono esposte alla rinfusa, a tonnellate, le capigliature recise alle donne destinate al gas o al Lager: il tempo le ha scolorite e macerate, ma continuano a mormorare al visitatore la loro muta accusa.
I tedeschi non avevano fatto in tempo a farle proseguire per la loro destinazione: questa merce insolita veniva acquistata da alcune industrie tessili tedesche che la usavano per la confezione di tralicci e di altri tessuti industriali.
É poco probabile che gli utilizzatori non sapessero di quale materiale si trattava. E altrettanto poco probabile che i venditori, e cioè le autorità SS del Lager, ne traessero un utile effettivo: sulla motivazione del profitto prevaleva quella dell’oltraggio. Le ceneri umane provenienti dai crematori, tonnellate al giorno, erano facilmente riconoscibili come tali, poiché contenevano spesso denti o vertebre.
Ciò non ostante, furono usate per vari scopi: per colmare terreni paludosi, come isolante termico nelle intercapedini di costruzioni in legno, come fertilizzante fosfatico; segnatamente, furono impiegate invece della ghiaia per rivestire i sentieri del villaggio delle SS, situato accanto al campo.
Non m’illudo di aver dato fondo alla questione, né di aver dimostrato che la crudeltà inutile sia stata retaggio esclusivo del Terzo Reich e conseguenza necessaria delle sue premesse ideologiche; quanto sappiamo, per esempio, della Cambogia di Pol Pot suggerisce altre spiegazioni, ma la Cambogia è lontana dall’Europa e ne sappiamo poco. […] Certo, è stato questo uno dei lineamenti fondamentali dell’hitlerismo, non solo all’interno dei Lager; e mi pare che il suo miglior commento si trovi compendiato in queste due battute ricavate dalla lunga intervista di Gitta Sereny a Franz Stangl, ex comandante di Treblinka (In quelle tenebre, Adelphi 1975): «Visto che li avreste uccisi tutti… che senso avevano le umiliazioni, le crudeltà?» chiede la scrittrice a Stangl, detenuto a vita nel carcere di Düsseldorf; e questi risponde: «Per condizionare quelli che dovevano eseguire le operazioni.
Per render loro possibile fare ciò che facevano». In altre parole: prima di morire, la vittima dev’essere degradata, affinché l’uccisore senta meno il peso della sua colpa.
Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi 2014