Carcere
Nel carcere di Novara censurano le copie indirizzate a un detenuto abbonato al nostro giornale. La denuncia del legale: «In gioco il diritto all’informazione»
A.D.A. è un condannato definitivo a 19 anni e 8 mesi di carcere per associazione mafiosa, detenuto nel reparto 41 bis del carcere di Novara. Dopo una laurea in Giurisprudenza, con una tesi sul regime del “carcere duro”, l’uomo punta ora a un altro titolo: si è infatti iscritto a Filosofia e sta sostenendo gli esami da detenuto. Insomma un detenuto che potremmo definire modello e che ha scelto di ampliare la sua cultura volendo leggere, dall’inizio di quest’anno, anche il nostro giornale.
Peccato che la direzione del carcere si è opposta perché esso non era contemplato dal modello 72, concernente i quotidiani nazionali acquistabili nel cosiddetto sopravvitto in base ad una circolare del Dap del 2017. Tuttavia già nel 2020 una decisione della Cassazione aveva stabilito che non si può negare il diritto all’informazione anche per i reclusi al 41 bis senza verificare prima le testate, anche se non rientrano nella lista della circolare del 2017 dove si sono uniformate le regole del regime speciale.
Per questo ed altri motivi, il Magistrato di Sorveglianza di Novara ha accolto il ricorso del detenuto e gli ha concesso di potersi abbonare al Dubbio, «trattandosi di quotidiano di informazione politica giudiziaria a tiratura nazionale», «assimilabile» «ai quotidiani contenuti nell’elenco» e perché «trattasi peraltro di stampato inerente all’esercizio del diritto fondamentale all’informazione». Così veniva deciso a marzo.
Purtroppo però, come ci ha segnalato il suo legale Federico Celano «sono state bloccate su segnalazione dell’Ufficio Censura le pagine 7 e 8 dell’edizione del 12.06.2024, 7 e 8 del 21.05.2024 e 9 e 10 del 16.05.2024». In pratica il detenuto ha ricevuto la copia del Dubbio ma con quelle pagine strappate.
Siamo andati a vedere di quali articoli si trattasse e abbiamo scoperto che uno riguarda le motivazioni della sentenza di primo grado dell’inchiesta Rinascita Scott sul maxi processo alla ‘ndrangheta vibonese, un altro l’indagine che coinvolse nomi noti del panorama politico calabrese, tra cui il sindaco Pd di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, un altro ancora la nuova direttiva europea sui beni confiscati alla mafia, l’ultimo sulla remissione del debito a un boss recluso al 41 bis.
«Nessuno di questi articoli ha a che fare con il mio assistito. Per adesso sappiamo che gli è stato comunicato il blocco di quelle pagine in forza del provvedimento ex articolo 18 ter dell’ordinamento penitenziario che colpisce il mio assistito e tutti i reclusi al 41 bis (1. Per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi: a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa). Ora il provvedimento di blocco è al vaglio del magistrato di sorveglianza che potrà emettere un decreto di trattenimento o potrà decidere di restituire le pagine. Nel primo caso ci opporremo perché qui è in gioco il diritto alla libertà di informazione a tutto tondo, il diritto a dare le informazioni e il diritto a ricevere le informazioni».
L’avvocato si dice «preoccupato più per voi del giornale; il provvedimento di censura è personale, l’ipotesi è che Il Dubbio abbia voluto trasmettere al mio assistito una qualche informazione che viene ritenuta compromettente. Ma questo è impossibile. Un’altra spiegazione potrebbe essere che gli agenti addetti all’ufficio censura, spesso oberati di lavoro, abbiano superficialmente scartato quegli articoli, senza leggerli nel dettaglio, solo perché parlavano di organizzazioni criminali di stampo mafioso e di casi specifici di reclusi al 41 bis».
In attesa di scoprire i reali motivi del blocco, il nostro quotidiano non ha mai smesso di sostenere che il regime di 41 bis, oltre ad essersi trasformato da misura emergenziale a regime standard, non porta avanti soltanto l’obiettivo di spezzare i legami con le organizzazioni di appartenenza, ma mette in atto delle misure afflittive in più, spesso irragionevoli.
Ricorderete tutti che ad un detenuto fu negata la lettura del libro di Luigi Manconi e Federica Graziani, Per il tuo bene ti mozzerò la testa – Contro il giustizialismo morale, e ad un altro quello dell’ex Ministra Cartabia e Adolfo Ceretti, Un’altra storia inizia qui, nel quale si confrontano con il magistero del compianto arcivescovo Carlo Maria Martini.