Il taglio delle poltrone è la scemenza somma di un paese che non sa come crescere (linkiesta.it)

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Cancellare posizioni di prestigio è l’alfa 
e l’omega di ogni discussione pubblica, dal 
referendum alle rubriche di Repubblica. 

E poi verrà il momento dei Premi Strega e di chi fa i sold out negli stadi. Si fa qualsiasi scemenza in nome della lotta contro la casta: nello stesso paese in cui tre parlamentari, che hanno promosso e votato la proposta, hanno ottenuto il bonus destinato ai più bisognosi

La riforma costituzionale su cui saremo chiamati a votare il 20 settembre consiste, oggettivamente e a detta dei suoi stessi promotori, in un «taglio delle poltrone», puro e semplice. Perché a questo si è ormai ridotta la politica, come pure il giornalismo e insomma tutto quel genere di lavori, incarichi, incombenze che consentono di andare in tv senza passare da un reality show (ma la distinzione è sempre più labile, forse già anacronistica).

E se fino a qualche anno fa, ai tempi della riforma Renzi, il «taglio delle poltrone» era solo un pezzo della riforma, sia pure ingigantito dalla propaganda, trattandosi dello zuccherino che nelle intenzioni del governo avrebbe dovuto rendere popolare l’intero pacchetto, oramai è il tutto.

La poltrona, simbolo di una posizione acquisita nella società, posizione di prestigio e soprattutto comoda, è ormai l’alfa e l’omega di ogni discussione. Persino i giornalisti di Repubblica battibeccano da settimane con i lettori su quando Michele Serra o Natalia Aspesi si decideranno a mollare la loro … leggi tutto

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