di Carlo Fusi
Anche se pochi lo vogliono vedere, c’è un nesso inequivocabile tra le restrizioni alla discoteche da un lato e il record del debito pubblico (2530,6 miliardi) appena nuovamente toccato, dall’altro.
Semplicemente sono le due facce della medaglia che il Covid 19 ci presenta. Per un verso, i 925 focolai attivi in Italia, le centinaia di contagiati (ieri ancora oltre la soglia di 500) e la necessità di dismettere almeno per un lungo periodo l’idea consolatoria che ad un certo punto il virus scomparirà come spegnendo un interruttore e torneremo alla vita di prima.
Convivere con la pandemia significa prendere atto che non solo le nostre abitudini ma anche le società in cui viviamo devono cambiare. Meglio tenerlo a mente quando il countdown della coazione al rinvio si chiuderà: tra due-tre settimane, a settembre, nel momento in cui comincerà la stagione della realtà dopo quella della sospensione.
E il debito pubblico è appunto l’altra faccia di quella realtà. Una faccia severa, che ci dice che la situazione economica, al di là del ristoro prodotto da qualche positivo indicatore, rimane gravida di inquietudini. Con il rischio di disoccupazione crescente e ripresa industriale zavorrata.
Governo e maggioranza devono mettere a punto i piani per incamerare gli stanziamenti per il Recovery Fund. Serve lucidità e concretezza, merci che non abbondano. Per di più è in atto l’ennesima campagna elettorale dove varie regioni sono in bilico e il referendum sul taglio dei parlamentari produce divaricazioni trasversali.
Può essere che il senso di responsabilità alla fine prevalga e gli italiani, che un po’ di retorica ha dipinto per mesi come popolo pronto a sacrificarsi e ligio alle disposizioni, ritrovino compattezza nel tutelare la sicurezza propria e di chi ci vive intorno … leggi tutto