L'udienza era stata rinviata due volte, a marzo e a giugno, per i problemi di salute di Ratko Mladić,
che da tempo soffre di problemi cardiaci e neurologici e che, nei mesi scorsi, è stato sottoposto a un intervento chirurgico all’intestino. Una situazione che non è bastata ad assicurare un’ulteriore dilazione di tempi: l’ex capo militare dei serbi di Bosnia – condannato nel 2017 in primo grado all’ergastolo per il genocidio di Srebrenica, l’assedio di Sarajevo e altri crimini di guerra durante il conflitto armato in Bosnia del 1992-1995 – ha dunque presenziato al processo d’appello a suo carico, iniziato oggi al Tribunale dell’Aja.
L’ex generale, 78enne, arrestato in Serbia il 26 maggio 2011 al termine di una lunga latitanza, è detenuto nel penitenziario di Scheveningen, alle porte dell’Aja.
Il processo a suo carico per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità è cominciato nel maggio 2012.
Il processo a Mladić si tiene dinanzi al Meccanismo residuale internazionale per i tribunali criminali, l’organismo che ha preso il posto del Tribunale penale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi).
La caduta del ‘macellaio di Bosnia’
In fuga per 16 anni, Ratko Mladić viene fermato, all’alba del 26 maggio 2011, a Lazarevo, piccola cittadina serba, suo ultimo rifugio. Si fa chiamare con un nome diverso, Milorad Komadic, e – oltre alle generalità – ha cambiato tutto, tenendo nascosto il suo passato.
A smascherarlo è un test del dna.
Militare di carriera, ufficiale alla guida delle unità dell’esercito della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina negli anni del conflitto, Mladić milita a lungo nella Lega dei comunisti di Jugoslavia.
Gli inizi della sua carriera militare risalgono al 1965 nell’Armata popolare jugoslava.
Ventisei anni più tardi, quando nel 1991 lo Stato federale voluto da Tito si dissolve, Mladić si trova in Kosovo, a comando del Corpo Pristina, che aveva il compito di controllare la frontiera con l’Albania … leggi tutto