di Gian Antonio Stella
«Parlando degli zingari, ammetto di avere anch’io, come ebreo, un pregiudizio», scrisse su La Stampa il 10 giugno 2008. Precisò: un pregiudizio «favorevole nei loro confronti»
«Parlando degli zingari, ammetto di avere anch’io, come ebreo, un pregiudizio», scrisse Arrigo Levi su La Stampa il 10 giugno 2008. Precisò: un pregiudizio «favorevole nei loro confronti». Era uno dei momenti di tensione scatenati contro i rom dai cacciatori di voti razzisti.
Infuriati con la decisione dell’allora sindaco di Venezia Massimo Cacciari di costruire alloggi popolari da destinare a un gruppo di Sinti. «Sono nomadi, no?», aveva urlato un senatore leghista, «Perciò devono fermarsi nelle città solo per brevi periodi».
I cognomi di quei Sinti dicevano tutto. Cognomi tipo Pietrobon, Brusadin, Pavan… Più veneti di certi venetisti che negli anni hanno chiamato i figli Kevin, Samantha, Suellen o perfino Mongomeri come anni fa un chioggiotto. Macché.
Per i loro nemici, scrisse il grande giornalista appena scomparso, eran tutti «condannati a essere nomadi, senza possibilità di trovare lavori rispettabili, anche se aspirano solo ad integrarsi pacificamente in una città dove risiedono da decenni, essendo tra l’altro molti di loro, come una buona parte degli zingari oggi in Italia, cittadini italiani!» … leggi tutto