Il malinconico e timido Bruno Schulz (1892-1942),
uno dei più straordinari scrittori del Novecento, è quell’ometto dall’aria sconsolata che, nel suo disegno intitolato Undula (1921), segue un’elegante e altezzosa signora che porta a spasso il suo cagnolino nei pressi della grande Sinagoga della città polacco di Drohobycz. Schulz è stato l’autore delle raccolte di racconti, da lui stesso illustrate, Sklepy cynamonowe (Le botteghe color cannella, 1934) e Sanatorium pod Klepsydrą (Il sanatorio all’insegna della clessidra, 1937), presenti nell’edizione italiana delle opere complete (Le botteghe color cannella, Einaudi 2001), nonché del mitico romanzo Il Messia, andato purtroppo perduto durante la guerra assieme al suo autore, barbaramente ammazzato per strada da un ufficiale nazista.
La signora altera, di nome Undula, compare in una delle venti incisioni che compongono il suo primo racconto in forma di disegni con didascalie: Xięga Bałwochwalcza (Il Libro idolatrico, 1920). Le immagini risentono, nella deformazione dei personaggi, dell’influenza del pittore e scrittore austriaco Alfred Kubin (1877-1959).
Per molto tempo Bruno Schulz rimase incerto se fare il pittore o lo scrittore. All’amico scrittore e pittore Stanisław Ignacy Witkiewicz (1885-1939) in un’intervista confessò la sua precoce passione per il disegno: “I primordi del mio disegnare si perdono in una foschia mitologica. Non sapevo ancora parlare, e già ricoprivo tutti i fogli e i margini delle gazzette di scarabocchi, i quali destavano l’attenzione dell’ambiente circostante. All’inizio erano soltanto carrozze con cavalli. L’andare in carrozza mi appariva carico di significati e di recondita simbologia. Attorno al sesto, settimo anno di vita ricorreva nuovamente nei miei disegni il motivo della carrozza, con il mantice sollevato, i fanali fiammeggianti, che parte da una foresta notturna.
Quell’immagine fa parte del ferreo capitale della mia fantasia, è come la matassa dalla quale si sprigionano in profondità molte fila. Sino ad oggi non ho esaurito il suo contenuto metafisico. La vista di un cavallo di vetturino non ha perso, sino ad oggi, di fascino e sconvolgente potenza”.
Schulz si ispirava ai libri erotici collezionati dal suo amico Maximilian (Mordechai) Goldstein (1880–1942), propretario di una copia del Libro idolatrico e per il quale Schulz aveva disegnato un ex-libris (1920) ad alto contenuto erotico, orlato di donne discinte che schiacciano, assieme a un beffardo scheletro, un omino nudo assai simile al ritratto dello stesso Schulz.
Motivi diversi (mitologici, letterari e biblici) compongono queste scene che rappresentano il dominio della donna sull’uomo. Un corteo di ominidi, tra i quali compare sempre anche Schulz, striscia adorante ai piedi di figure femminili belle, sicure di sé, sessualmente disinibite. Questo libro è la prima storia autobiografica di Schulz: la rappresentazione in chiaroscuro di un’arzigogolata visione del mondo che avrà bisogno delle parole, manipolate in una “prosa poetica”, per essere compiutamente espressa … leggi tutto