di Francesco Cundari
Quando mai Conte e Di Maio hanno riconosciuto
di avere cambiato posizione e dato qualche
spiegazione delle scelte precedenti?
Se fosse mai accaduto, non ci saremmo tenuti un anno i decreti sicurezza e avremmo già preso i 36 miliardi del Mes
Non si tratta né di fare i pignoli né di fare gli incontentabili. Si tratta del fatto che la democrazia si fonda sul dibattito pubblico. E quando al trasformismo parlamentare si accompagnano camaleontismo politico e relativismo lessicale in dosi così massicce, trasformando la discussione in una palude in cui tutte le idee, ideologie e idiozie possibili si confondono in un’unica poltiglia, la sola battaglia che ha veramente senso combattere è quella per il significato delle parole.
Non è questione di contraddizioni, che ci sono sempre state e ci saranno sempre, in qualsiasi vicenda politica. Certo può fare amaramente sorridere sentir dire che il governo è nato sulla base di due discriminanti fondamentali, «il convinto ancoraggio ai valori costituzionali» e «la solida vocazione europeista», dall’uomo che appena due anni fa arrivava a Palazzo Chigi come leader dello schieramento populista, sovranista e antieuropeista, indicato dal partito che pur di portare Paolo Savona al ministero dell’Economia arrivò a chiedere in piazza l’impeachment di Mattarella (a proposito di vocazione europeista, ma anche di ancoraggio ai valori costituzionali).
Può fare amaramente sorridere sentire invocare da Giuseppe Conte un’alleanza che esprima «una imprescindibile vocazione europeista», compiendo «una chiara scelta di campo contro le derive nazionaliste e le logiche sovraniste». Lui che fino all’altro ieri, da capo del governo gialloverde, si dichiarava apertamente populista e sovranista. «Il sovranismo è nella nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo», disse in una delle tante varianti del suo gioco di parole preferito, quello intorno all’idea secondo cui essere populisti significa fare gli interessi del popolo (la versione classica e più utilizzata). E siccome il popolo è sovrano, fare gli interessi del popolo significa anche essere sovranisti (lectio difficilior, usata più raramente).
Il punto non sono le contraddizioni, cioè la successione nel tempo di atti e parole di senso opposto, ma la loro contemporaneità, compresenza e intercambiabilità. Per questo è risibile e ipocrita l’obiezione di chi invita a gioire per la cosiddetta «evoluzione» di Conte e del Movimento 5 stelle: perché non c’è alcuna evoluzione, e se è per questo neanche alcuna involuzione, perché non fanno niente di diverso da quello che hanno sempre fatto, a cominciare da quando Luigi Di Maio ringraziò in diretta televisiva Sergio Mattarella, definendolo «angelo custode» del neonato governo gialloverde, circa quarantotto ore dopo averne chiesto la messa in stato d’accusa per le stesse ragioni, vale a dire il suo ruolo nella formazione dell’esecutivo … leggi tutto