di Réka Kinga Papp – Eurozine (Vienna) Traduzione di Giulia Carraro
Dal 2010 Viktor Orbán ha lavorato per smembrare sistematicamente e meticolosamente lo Stato di diritto e il pluralismo dei media, cercando allo stesso tempo di tenere a bada l’Unione europea.
Da Budapest, la giornalista Réka Kinga Papp, racconta dieci anni di obbedienza forzata e di lotte della stampa in Ungheria.
Una parte dell’opinione pubblica all’estero ha acquisito familiarità con il progetto antidemocratico in corso in Ungheria solo quando la Brexit e l’elezione di Donald Trump hanno sfondato la barriera narrativa: lo spostamento della politica conservatrice verso l’estrema destra non era stato davvero preso sul serio fino a quel momento. Tuttavia, l’incursione della Fidesz, il partito presieduto da Viktor Orbán, era cominciata già nel 2010, quando ha conquistato per la prima volta la maggioranza, sulle rovine della crisi finanziaria del 2008 e sulle ceneri dell’ex Partito socialista al Governo, crollato già dagli anni precedenti.
Orbán aveva dichiarato apertamente di prepararsi a vent’anni di presenza al potere, e il suo governo ha deciso di mantenere questa promessa. Modificando la Costituzione per sostituirla con una legge fondamentale, Orbán si è sbarazzato delle istituzioni che avrebbero dovuto servire da controllo ed equilibrio. Una riforma elettorale ha assicurato al partito una posizione dominante, nonostante si fossero piazzati al massimo al 40 per cento dei voti.
Una nuova legge sui mezzi d’informazione ha istituito un’autorità direttamente nominata e controllata dal governo, aprendo la strada al dominio schiacciante di Fidesz nel settore, mentre il Consiglio nazionale dei media e delle comunicazioni ha sempre agito nel modo che ci si aspettava da loro.
Questo “trucchetto” legale è stato accolto con preoccupazione nell’Unione europea: la Fidesz ha risposto in maniera puerile, fornendo alla commissione europea una traduzione che ometteva proprio le alcune parti problematiche. Ha anche scatenato le prime vere proteste di massa dal 1990.
Le radio e le tv pubbliche sono state le prime vittime, messe in ginocchio da una nuova leadership che ha spazzato via il personale in carica fino al quel momento, nonostante la feroce resistenza dei giornalisti, alcuni dei quali hanno continuato a protestare per mesi. Orbán ha ora un’intervista regolare su Kossuth Rádió il venerdì mattina … leggi tutto