Pensioni, cosa non torna nella proposta dei sindacati (lavoce.info)

di 

Sulle pensioni il governo resta muto, diviso fra 
chi vuole lasciar cadere Quota 100 e chi chiede 
misure perfino più generose. 

Al contrario, i sindacati si sono espressi da tempo con una piattaforma unitaria presentata al ministro Orlando. Analizziamola.

I requisiti contributivi e anagrafici

Il pilastro della piattaforma sindacale è un generale riordino dei requisiti contributi e anagrafici per l’accesso alla pensione. Utilizzando la terminologia pre- Fornero, in sintesi sono proposte la riduzione a 41 anni del requisito contributivo per la pensione d’anzianità e l’anticipo della pensione di vecchiaia “a partire da 62 anni”, unito al superamento delle “penalizzazioni” per i lavoratori in gergo chiamati “misti” che, avendo avviato la contribuzione prima del 1996, hanno diritto a una pensione risultante dalla somma di una componente retributiva e una contributiva.

I 62 anni d’età non sembrano perentori, mentre lodevolmente più fermo appare il proposito di superare le disparità derivanti dalla facoltà che solo i contributivi “puri” (senza contributi prima del 1996) hanno di:

– anticipare il pensionamento da 67 a 64 anni purché sia maturata un’anzianità minima di 20 e il trattamento spettante sia almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale;
– posticiparlo oltre i 67 anni ove non sia maturata l’anzianità minima e/o il trattamento spettante non sia almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale;
– maturare il diritto alla pensione con soli 5 anni di contributi quando sia raggiunto il limite anagrafico di 71.

Per valutare la gravità delle discriminazioni, basti pensare che – nell’ancor lunga fase transitoria – qualcuno dovrà spiegare a Tizio, che ha cominciato a lavorare il 31 dicembre del 1995, perché non può andare in pensione a 64 anni mentre può farlo Caio che ha cominciato il giorno dopo se l’assegno spettante raggiunge la ricordata soglia di 2,8 volte l’assegno sociale

. A Sempronio, che – come Tizio – ha cominciato a lavorare il 31 dicembre 1995 ma – per disoccupazione o lavoro nero – non ha potuto versare contributi per 20 anni, occorrerà altresì spiegare perché a 67 anni deve rassegnarsi a lasciare il lavoro senza una pensione, mentre Mevio, che – come Caio – ha cominciato a lavorare il giorno dopo, può evitare di perderla continuando a lavorare.

Nell’ancor lunga fase transitoria, tali disparità sono destinate a diventare vieppiù stridenti minando la sostenibilità sociale della normativa esistente. Solo un governo irresponsabile potrebbe cacciare la testa sotto la sabbia … leggi tutto

(Vlad Sargu)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *